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Cronaca

Aggredito da un orso nel parco nazionale d’Abruzzo, l’audio alla moglie: «forse la scampo, ti amo»

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ragazzo ucciso da un orso in trentino

Dopo lo scalpore suscitato dalla morte di Andrea Papi, ucciso in Trentino da un orso mente faceva running, un audio che circola sul web in queste ore, ma relativo ad un episodio verificatosi in Abruzzo nel dicembre scorso, rinfocola il dibattito sull’argomento. Antonio Rabbia, ingegnere di 33 anni originario della provincia di Frosinone, lo scorso 21 dicembre è stato aggredito da un orso mentre passeggiava in compagnia del suo cagnolino sul sentiero che conduce a Forca d’Acero, a San Donato Valcomino, nel Parco Nazionale d’Abruzzo.

«Antenè(lla), aiuto! MI ha morso un orso. Forse me la scampo… Se no, ti amo! Dà un bacio a Mario. Amo tanto a tutti… Sto a scappà». L’audio inviato alla moglie negli istanti successivi all’aggressione, è diventato virale sul web ed è stato ripresa da diversi media nazionali.

Quel giorno, Rabbia stava passeggiando per il sentiero in compagnia del suo cagnolino, quando ha visto un orso puntare verso di lui. Travolto dall’animale, che lo ha ferito al ventre, è caduto lungo la scarpata. Anche i due animali sono caduti insieme a lui, ma quello più pesante è finito più a valle. Rabbia invece, si sarebbe aggrappato ad un ramo e una volta issatosi nuovamente sul sentiero, si sarebbe dato alla fuga, mentre il suo eroico amico a quattrozampe, incurante della differenza di taglia, teneva a distamnza l’orso ringhiando ed abbaiando.

L’uomo aggredito da un orso in Abruzzo, in questo modo è riuscito ad allontanarsi, inviando alla moglie l’audio diventato virale, e a raggiungere l’auto con la quale è scappato. Il suo cane è stato ritrovato un paio di giorno dopo, sano e salvo.

In un primo momento però, i guardaparco non hanno ritenuto attendibile il suo racconto, sostenendo che la dinamica non fosse compatibile all’aggressione di un orso e che l’unico esemplare adulto in quella zona non avesse mai manifestato aggressività verso l’uomo. Rabbia dal canto suo ha invece chiesto un risarcimento per l’omessa segnalazione di pericolo.

Cronaca

Tenta di “rubare” una bambina ad una madre a Vercelli: «è mia me la devi ridare»

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donna cercare di rubare passeggino con bambina di 5 mesi

Inquietante episodio avvenuto in una chiesa di Vercelli e raccontato dall’edizione torinese del Corriere della Sera: una donna ha cercato di rubare una bambina di 5 mesi dalla culla di una madre, sostenendo che fosse sua.

Una madre si trovava in chiesa, a Vercelli, in compagnia della figlioletta di 5 mesi, quando una donna si è avvicinata a loro ed ha tentato di rubare il passeggino in cui riposava la bambina. «E’ mia, me la devi ridare», avrebbe urlato la sconosciuta.

Impaurita, ma dai riflessi pronti, la madre della piccola è riuscita ad afferrare il passeggino prima che la donna potesse portarlo via. Poi, spaventata, si è allontanata dalla chiesa ed ha chiamato aiuto. Solo l’arrivo delle volanti di Polizia l’hanno tranquillizzata.

Ancora molto scossa, ha raccontato quello che le era successo agli agenti che si sono subito messi sulle tracce della donna che ha cercato di portare via la piccola. La signora è stata individuata nelle vie del centro ed è stata accompagnata in Questura per accertamenti.

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Cronaca

5 poliziotti accusati di torture durante i controlli a Verona

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polizia-113

Un ispettore e 4 agenti di polizia sono accusati di aver picchiato e torturato le persone che fermavano per i controlli, o che finivano sotto la loro custodia, e di aver falsificato i verbali per farla franca. Oltre agli accusati, altri 10 poliziotti sono indagati relativamente alle torture avvenute nel veronese durante i controlli di routine su strada.

5 poliziotti, un ispettore e 4 agenti, sono accusati di aver picchiato e commesso vere e proprie torture alle persone fermate per i controlli su strada, o che finivano sotto la loro custodia, tra il luglio del 2022 e il marzo del 2023 nel veronese. Per farla franca avrebbero successivamente falsificato i verbali. Le accuse nei loro confronti sono di tortura, lesioni aggravate, peculato, rifiuto ed omissione di atti d’ufficio, falso ideologico in atto pubblico.

Oltre a questi, altri dieci poliziotti sarebbero indagati a vario titolo per le torture commesse durante i controlli, nel veronese. E’ stata la stessa Questura a far partire le prima indagini, dopo aver raccolto le prime testimonianze. Poi, su mandato, è stata la polizia di Roma ad investigare sulle violenze e sugli abusi di potere dei colleghi veronesi.

Oltre ai presunti responsabili, sarebbero stati coinvolti dalle indagini anche coloro che hanno in qualche modo favorito, o non impedito, i soprusi.

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Chi scrive per l’Unità? L’ex terrorista nero Valerio Fioravanti

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articolo fioravanti per l'unità

Condannato a otto ergastoli per 95 omicidi, tra cui le 85 vittime della strage di Bologna, il terrorista nero ex Nar, Nuclei Armati Rivoluzionari, Valerio “Giusva il Tenente” Fioravanti ha firmato un articolo ospitato sulle pagine de l’Unità, che da poco è tornato nelle edicole.

L’Unità è tornata in edicola, ma sembra discostarsi dalla linea editoriale che l’ha contraddistinto. «Gramsci dovrebbe scoperchiare la tomba e venirvi a cercare uno per uno», ha scritto un utente a proposito della possibile reazione del fondatore del giornale per il nuovo corso della testata da lui fondata nel 1924. Il motivo delle polemiche sta in un articolo pubblicato. Non è tanto il contenuto a dividere, quanto la firma apparsa in calce all’articolo pubblicato da l’Unità: Valerio Fioravanti, “Giusva il Tenente” ex terrorista nero dei Nar, condannato, tra le altre cose, per la strage di Bologna.

95 gli omicidi a lui attribuiti. A differenza dalle altre accuse, ha sempre negato di aver piazzato la bomba che nel 1980 provocò 85 morti e più di 200 feriti. 8 gli ergastoli che ha ricevuto, sebbene per effetto della legge Gozzini adesso, che ha sessantacinque anni, si trovi in libertà. Ora non commette più attentati politici. Adesso scrive e il suo ultimo pezzo è stato pubblicato su l’Unità. Precedentemente, quando il direttore Sansonetti dirigeva Il Riformista prima di passare il testimone a Matteo Renzi, ha pubblicato contributi anche per questa testata.

Ed oggi arriva anche la replica di Sansonetti, in difesa della sua scelta editoriale. Il direttore ha spiegato che la pagina in cui è stato pubblicato l’articolo di Valerio Fioravanti è stata appaltata all’associazione “Nessuno Tocchi Caino”, con la quale ha già avuto modo di collaborare, e che in futuro qualora capitasse ancora l’occasione, non esiterebbe a pubblicare ancora articoli con la firma dell’ex terrorista nero. I motivi? Libertà di pensiero e parola, difesa della dignità umana e valorizzazione del percorso di riabilitazione. «Perché? Per un milione di ragioni. Vi dico le più semplici. Perché Fioravanti è Caino. Perché Fioravanti è una persona. Perché Fioravanti è un essere umano. Perché Fioravanti ha una biografia. Perché Fioravanti è sapiente. Perché non trovo non dico una ragione, ma nemmeno un centesimo di millesimo di ragione per immaginare di dovere esercitare una censura nei confronti di Fioravanti. E infine perché ho sempre apprezzato quel brano della Bibbia che ci racconta di quando Dio si schierò a protezione di Caino».

Una spiegazione che non ha mitigato le molte polemiche, che non provengono soltanto da lettori, o ed ex lettori, della storica testata della sinistra. Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna, non usa mezzi termini: «siamo schifati». Federico Sinicato, avvocato dei familiari delle vittime della strage di piazza Fontana a Milano e piazza della Loggia a Brescia, commenta: «Tutti i detenuti e i condannati hanno diritto ad avere una progettualità di vita, , ma questo non significa che tutti possano fare tutto. Ci sono anche la dignità e i diritti delle vittime che vanno difese».

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