Politica

Aria di scissione nel M5S? L’invettiva degli ex parlamentari contro Conte

Pubblicato

il

Dopo le frizioni tra il fondatore e l’attuale leader e la dura critica riservata a quest’ultimo da Davide Casaleggio, figlio di Gianroberto, 11 ex parlamentari pentastellati hanno scritto una lettera di fuoco all’indirizzo di Conte, accusato di «ingratitudine» e di essere il principale responsabile della perdita di consensi: «È questo il destino del M5S? Cosa si vuole ”costituire”? Trasformarsi in un clone del PD?».

I venti di scissione nel Movimento 5 Stelle spirano intensamente e da più parti. 11 ex parlamentari pentastellati hanno scritto una lettera carica di livore nei confronti dell’attuale presidente Giuseppe Conte, ritenuto il principale artefice della debacle elettorale e del tentativo, a detta degli ex onorevoli,  di snaturare definitivamente la creatura di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio.  Tra le firme spiccano quelle di  Nicola Morra, Elio Lannutti e Alessio Villarosa. Le altre appartengono a Rosa Silvana Abate, Ehm Yana Chiara, Jessica Costanzo, Emanuele Dessì, Michele Sodano, Simona Suriano, Raffaele Trano e Andrea Vallascas.

Le “imputazioni” a Conte sono diverse. Innanzitutto, si legge nell’incipit, «l’ingratitudine», che è segno «di egoismo, orgoglio e stupidità». Gli ex deputati difendono Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio «ai quali molti “smemorati di Collegno”, senza arte né parte, dovrebbero dimostrare rispetto e gratitudine». Questo scontro ai vertici, «è esattamente ciò che l’establishment desiderava», per far fallire il progetto di «rivoluzione culturale» (scelta dei termini rivedibile, ndr). Sul futuro e sul progetto di assemblea costituente c’è molto scettiscismo: «È questo il destino del M5S? Cosa si vuole ”costituire”? Trasformarsi in un clone del PD?». Le scelte politiche non vengono accettate («sostenere Draghi errore fatale per il Movimento»), i risultati alle urne sono inappellabili («Come può un leader che ha guidato il Movimento dal 32,7% al 9,99% non assumersi minimamente la colpa di questo tracollo?»), le regole sono state cambiate in corso d’opera e senza motivo («Oggi chi si scusa con gli iscritti, si dimentica di alcuni, gli espulsi, che hanno pagato un conto durissimo per aver mantenuto fede ai principi ed esclusi perché scomodamente eretici»). Certo, Grillo avrà pur commesso i suoi errori, «ma ha dato l’anima per far nascere l’unica vera innovazione capace di far tornare entusiasmo nei confronti della politica».

Certo, la faida tra puristi delle prima ora che invocano un ritorno alle origini e coloro che invece assecondano la svolta partitica del fu Movimento nato dai meet-up e dal voto online, non è natat ieri. Il Movimento 5 Stelle non è più quello del V-Day di Bologna, è evidente. Dal “vaffa” alla casta si è passato alla fiducia al governo Draghi, dalla democrazia diretta si è passati alla costituente, da Grillo e Casaleggio si è passato a Giuseppe Conte. Una trasformazione non proprio indolore e non priva di frizioni e scontri, anche ai massimi livelli.

Beppe Grillo non è mai sembrato particolarmente innamorato dell’avvocato del popolo e salvo qualche scatto a favore dei fotografi non ha mai speso particolari energie al fianco del presidente. Anzi, non sono mancate le stoccate. E le repliche puntute. Nei giorni scorsi anche Davide Casaleggio non ha risparmiato critiche all’attuale guida del M5S («non ho mai considerato Conte la persona giusta a guidarlo»).

Il casus belli è, ancora una volta, la regola del doppio mandato. Una delle direttrici fondative del Movimento è messa in discussione dagli attuali vertici, che vorrebbero superarla e darsi un assetto più tradizionale. Lo stesso motivo che già portò l’ex vicepremier e ministro Luigi Di Maio a tentare una disastrosa corsa elettorale in corsia centrale: non centrò l’elezione e venne condannato dal Movimento alla damnatio memoriae, se non al perpetuo dileggio.

Più letti