Cultura
Giornalista definisce Meloni “pescivendola”, ira di Crosetto: «superato il confine»

Un tweet della giornalista Jeanne Perego in cui Giorgia Meloni viene definita “pescivendola” innesca le polemiche e provoca critiche sul web. Il ministro della Difesa Crosetto: «insulto greve e volgare».
Il botta e risposta tra esponenti del governo e parte della stampa italiana continua, con una polemica nella polemica. La prima è stata provocata dalla risposta puntuta della presidente Meloni in conferenza stampa ad un giornalista che insisteva per fare la sua domanda, nonostante la presidente del Consiglio volesse andar via per partecipare ad altri impegni. La seconda dalla reazione della corrispondente italiana in Germania Jeanne Perego che commentando le parole di Giorgia Meloni ha scritto su Twitter: «il ritorno della pescivendola. Che imbarazzo».
Il commento è arrivato in seguito alla reazione di Meloni in conferenza stampa. Spazientita dalle domande dei giornalisti, non ha nascosto il proprio disappunto per essere incalzata dai cronisti, mentre era attesa ad altri appuntamenti. Nella vasta mole di reazioni a questo passaggio, si inserisce il tweet della gornalista Perego, che ha innescato una nuova serie di polemiche. Sia tra coloro che difendono Giorgia Meloni, sia tra coloro che reputano offensivo utilizzare il termine “pescivendola” in senso dispregiativo.
Tra i primi a commentare l’episodio, il ministro della Difesa Guido Crosetto che sullo stesso social ha scritto: «Si possono e si devono criticare le Istituzioni perché la libertà di critica di chiunque è il sale della democrazia. Ma perché insultarle in modo greve e volgare? Perché alcuni, in Italia, devono sempre superare il confine delle normali regole di rispetto tra persone civili?».
Non tarda ad arrivare la controreplica di Jeanne Perego: «Caro Crosetto, qui mi pare che chi ha superato il confine delle normali regole di rispetto tra le persone civili sia stata proprio chi rappresenta le istituzioni. Lei avrebbe reagito così su quel palco?».
Un nuovo episodio che vede ancora contrapposti esponenti della stampa e del governo dopo le polemiche per i commenti di Rula Jebreal e la denuncia a Saviano.
Cultura
Strade troppo strette ed un comune nel savonese corre ai ripari: «Non seguite Google Maps»

Alle porte di Quiliano in provincia di Savona un cartello invita gli autisti di camper e mezzi pesanti a non seguire le indicazioni del navigatore. Nelle stradine del comune ligure diversi mezzi sono rimasti bloccati , mandando il traffico in tilt o provocando danni e l’amministrazione ha deciso di correre ai ripari.
Il navigatore consiglia il percorso più breve, ma non è detto che sia la strada più agevole. Può capitare infatti, seguendo le indicazioni, di trovarsi in strade impervie o impraticabili. Capita molto spesso nel comune ligure di Quiliano, in provincia di Savona, dove l’amministrazione comunale, per ovviare al problema dei continui ingorghi, ha fatto installare un cartello stradale che sconsiglia di affidarsi alle indicazioni di Google Maps.
Il cartello, all’ingresso del comune, è scritto sia in italiano che in inglese. Spesso, specialmente se l’autostrada è bloccata, mezzi pesanti di passaggio provocano paralisi al traffico cittadino, rimanendo incastrati nelle stradine liguri. L’ultimo episodio appena qualche giorno fa: un tir è rimasto bloccato per 12 ore e per rimuoverlo è stato necessario un intervento molto complicato che ha visto la partecipazione di Vigili del fuoco, Provincia, Carabinieri, Polizia, Protezione Civile e perfino di un gommista della zona che ha portato la sua gru.
Pertanto, il comune di Quiliano ha fatto installare il cartello contro le indicazioni di Google Maps. Ma c’è chi critica questa scelta. E’ il caso di Paolo Uggè, presidente della Fai-Conftrasporti, citato da il Corriere della Sera, secondo il quale nel territorio comunale mancano innanzitutto i cartelli di segnalazione ai tir.
Attualità
Il mondo si spacca su Israele e Palestina, in Italia polemiche sulle frasi di Zaki

Il conflitto israelo-palestinese è tornato d’attualità e si sono già formate le fazioni: pro Palestina, o pro Israele. Granitiche, monolitiche, non ammettono distinguo e sfumature. Intanto, montano le polemiche contro le frasi di Patrick Zaki che ha chiamato Israele «serial killer» e si è definito «pro Palestina».
Quando il premier Netanyahu ha cominciato a parlare alla nazione in televisione ieri sera, l’opinione pubblica mondiale, di nuovo preparata sul conflitto israelo-palestinese, si era già polarizzata: con Hamas o con Israele. Come se Hamas e Palestina fossero sinonimi. Come se in Israele non convivano diverse anime. In tale ottica, condannare l’attacco terroristico di sabato, significa schierarsi con Israele e negare il riconoscimento della Palestina. Viceversa, affermare che sotto le bombe piovute sulla Striscia di Gaza sono morti anche civili innocenti, significa appoggiare i terroristi. Pertanto, ogni manifestazione o presa di posizione viene presto etichettata secondo questi sentimenti. E non mancano le polemiche. In Italia ad esempio, stanno facendo discutere in queste ore le dichiarazioni di Patrick Zaki, il quale si è definito pro Palestina, che hanno suscitato tantissime polemiche.
La questione è complessa e non si presta a facili soluzioni, come dimostrano gli ultimi 75 anni di storia. Certo l’escalation di questi ultimi giorni è stata rapida ed improvvisa, ma le tensioni nell’area, religiose, etniche e politiche, perdurano dal secondo dopoguerra.
Ieri sera Netanyahu ha usato parole di condanna durissime. Definendo i miliziani di Hamas «selvaggi», ha promesso una risposta perentoria. «Quello che faremo nei prossimi giorni avrà ripercussioni su di loro per le prossime generazioni» ha affermato Netanyahu. E dopo aver fatto un appello all’unità a opposizioni e al governo di emergenza nazionale («il popolo è unito deve esserlo anche la leadership») il premier israeliano ha parlato di «guerra per l’esistenza» ed ha promesso che Hamas verrà sconfitto, come è stato sconfitto l’Isis.
La dura reazione di Israele non trova un consenso unanime. Già la scelta di porre Gaza sotto assedio, tagliando le forniture di acqua, cibo e luce, a molti è apparso disumano. Come non manca chi crede che le persone che vivono nella Striscia, due milioni e trecentomila persone in 365 chilometri quadrati, una delle aree più densamente popolate del pianeta, si trovino di fatto confinate in un embargo che non lascia scampo. Anche perché l’economia dell’area si regge quasi esclusivamente sulle importazioni dai valichi di frontiera. Se la via israeliana ora è sbarrata, non va meglio a sud, al confine con l’Egitto, che ha imposto pesanti limitazioni ai passaggi di frontiera. L‘assedio totale da parte di Israele non dovrebbe lasciare scampo nemmeno alla popolazione inerme dunque. Qualcuno paral addirittura di “Crimini contro l’umanità”.
Tra coloro che hanno espresse parole di condanna alla reazione israeliana, Patrick Zaki, che ha scritto «Quando un serial killer cerca di convincere la comunità internazionale che rispetta le convenzioni internazionali, per legalizzare l’uccisione di civili». La dichiarazione ha attirato tantissime critiche, soprattutto dall’area di centrodestra. Ad esempio sul suo blog, Nicola Porro parla di «realtà distorta» in un articolo che cita le proteste della «estrema sinistra italiana». Inutile citare tutte le polemiche che si sono susseguite. Una per tutte: «può tornare in Egitto e restarci». Non manca chi lo definisce terrorista. Oggi l’attivista ha scritto un lungo post sempre sul tema, nel quale fa diverse puntualizzazioni, ma nell’incipit chiarisce: «Contro la violenza contro qualsiasi civile – Pro Palestina e non Hamas». Le polemiche non si sono placate.
Cultura
Politico e carabiniere di Mazara del Vallo ai domiciliari: «Volevano vendere segreti su Messina Denaro a Fabrizio Corona»

Un carabiniere ed un politico di Mazara del Vallo sono stati arrestati e posti agli arresti domiciliari con l’accusa di aver cercato di vendere documenti secretati relativi all’arresto del boss Matteo Messina Denaro a Fabrizio Corona.
Hanno contattato Fabrizio Corona e gli hanno proposto uno “scoop” relativo alla cattura di Matteo Messina Denaro. I documenti che avevano tra le mani erano scottanti: erano infatti secretati. Per questo motivo sono finiti agli arresti domiciliari un politico ed un carabiniere di Mazara del Vallo.
Si tratta di Giorgio Randazzo, consigliere comunale eletto tra le fila della Lega e poi approdato in FdI, accusato di ricettazione, e Luigi Pirollo, il maresciallo accusato di accesso abusivo al sistema informatico e violazione del segreto d’ufficio. Perquisita anche la casa del “fotografo” dei vip.
In base a quanto ricostruito, Pirollo avrebbe “scaricato” illegalmente una copia dei file relativi alla cattura del boss di Cosa Nostra, che proprio nei giorni scorsi si è visto confermare la condanna all’ergastolo. Dopodiché avrebbe girato i documenti a Randazzo, che a sua volta avrebbe contattato Corona.
Qui entra in gioco Moreno Pisto, direttore di MowMag, il cui nome è stato suggerito dallo stesso Corona. I quattro si incontrano. Il carabiniere ed il politico di Mazara del Vallo finiti ai domiciliari mostrano i documenti a Pisto, che con uno stratagemma riesce a copiarli. Si salutano. Pisto riesamina i file e si rende conto che si tratta di documenti sensibili. Chiede consiglio ad un collega, il quale gli dice di informare la polizia e le indagini prendono avvio.
Nel frattempo, il telefono di Fabrizio corona era già sotto controllo da maggio, da quando l’agente era riuscito a mettere le mani su alcuni audio che si erano scambiati in clinica “Andrea Bonafede” e alcune donne che come lui si sottoponevano alla chemioterapia. Audio poi finiti a Non è l’Arena. Durante una conversazione, del 2 maggio, Corona accenna ad uno «scoop pazzesco» tra le mani di un consigliere comunale ed un carabiniere.
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