Mondo
Golpe in Burkina Faso, imprigionato il Presidente Kaborè
Tentato golpe in scena da ieri in Burkina Faso, dove alcuni spari sono stati esplosi in diversi campi militari ed anche nel quartier del palazzo presidenziale. Dopo le prime smentite, oggi arrivano le conferme e le rivendicazioni dei soldati ammutinati, che chiedono condizioni migliori per l’esercito.
Roch Marc Christian Kaborè, presidente del Burkina Faso, è stato arrestato da soldati rivoltosi durante un golpe e si trova in questo momento imprigionato in un campo militare. Sono queste le notizie che giungono dal Burkina Faso, dove da poche ore è in corso un tentativo di colpo di stato.
Insieme a Kaborè, nelle mani dei golpisti si trovano anche alcuni ministri ed il Presidente del Parlamento. Secondo quanto riferito, i soldati ribelli hanno concesso 72 ore per firmare le dimissioni. Saccheggiato il quartiere generale del partito politico del Presidente e coprifuoco imposto dal governo. Nelle zone ancora controllate dalle forze fedeli a Kaborè, la folla è stata dispersa con il lancio di lacrimogeni e sono stati arrestati dieci soldati e cinque civili. Il ministro della Difesa non ha confermato l’arresto di Kaborè, ma non l’ha nemmeno smentito, limitandosi ad un laconico: «stiamo monitorando la situazione.
I soldati rivoltosi invece hanno diramato all’Associated Press le loro rivendicazioni. Chiedono una riforma dell’esercito e condizioni migliori per i soldati e le loro famiglie, partendo da sostituzione dei vertici militari e reclutamento di nuovi uomini.. Nel paese da diversi mesi si è assistito ad una escalation di violenze perpetrate da militanti islamici e sono diverse le infiltrazioni di Al-Qaeda e Isis in Burkina Faso.
Ieri le frange golpiste dell’esercito hanno ammutinato ed hanno iniziato a risuonare gli spari in diversi campi militari, mentre prendevano il controllo della caserma di Lamizana Sangoule nella capitale.
Mondo
Sindaco messicano decapitato una settimana dopo la sua elezione
Alejandro Arcos Catalan è stato eletto sindaco di Chilpancingo, in Messico, la settimana scorsa. Ieri la polizia ha ritrovato la sua testa mozzata sopra un pickup.
Una truce storia proveniente dal Messico riaccende i riflettori sullo strapotere dei cartelli della droga nel Paese del Centro America, dove Alejandro Arcos Catalan, sindaco della città di Chilpancingo, è stato ucciso e decapitato. Le immagini del brutale omicidio sono state diffuse sui social e sono agghiaccianti. Mostrano la testa mozzata della vittima appoggiata sopra un pickup.
Alejandro Arcos Catalan ha centrato l’elezione la settimana scorsa nella città dello Stato messicano meridionale di Guerrero, una delle aree più colpite dalla violenza dei cartelli della droga data la sua posizione lungo la costa del Pacifico.
Mondo
Ancora un’esplosione nel centro di Colonia: un ferito
A Colonia si è verificata una nuova esplosione, a poche centinaia di metri dalla discoteca dove lunedì scorso è scoppiata una bomba.
Dopo che lo scorso lunedì 16 settembre un ordigno è deflagrato all’entrata di un ristorante discoteca, provocando un ferito, questa mattina, mercoledì 18 settembre, una nuova nuova esplosione è riecheggiata nel centro di Colonia. Anche questa volta si tratterebbe di una bomba ed anche in questo caso una persona è rimasta ferita, un passante di 40 anni. Le sue condizioni fortunatamente non sarebbero serie ed è stato ascoltato dagli inquirenti in qualità di testimone.
L’esplosione di questa mattina a Colonia è avvenuta nella Ehrenstrasse. Il vanity Club, la discoteca dove è stato piazzato un ordigno lunedì scorso, dista solo poche centinaia di metri. Che tra i due casi possa esserci un collegamento appare più di un sospetto, anche se al momento non è chiara la matrice dei due attentati.
Mondo
Venezuela, Maduro al contrattacco: mandato d’arresto per Gonzalez
La faida tra l’erede di Chavez ed il suo sfidante si fa più sempre più aspra. Maduro accusa di cospirazione e terrorismo Gonzalez, che aveva a sua volta denunciato brogli elettorali e che si trova in semi-clandestinità dal 30 luglio.
Poco più di un mese dopo le elezioni presidenziali, il Venezuela scivola sempre più nel caos dopo che nella notte è stato spiccato, e ratificato a tempo di record, un mandato d’arresto per lo sfidante di Nicolas Maduro, Edmundo Gonzalez Urrutia. Le accuse sono di «usurpazione di ufficio, diffusione di false informazioni, incitamento a disobbedire alla legge, incitamento all’insurrezione e associazione a delinquere».
All’indomani del voto Gonzalez ha denunciato brogli elettorali, ha contestato la proclamazione di Maduro con il 52% dei voti da parte del Consiglio elettorale nazionale ed ha mostrato dati sugli scrutini che lo davano in netto vantaggio. Poco più di un mese dopo, è arrivata la risposta decisa del governo, anche se la richiesta d’arresto reca la firma della Procura ed è stata approvata dal Tribunale di Prima Istanza con Funzioni di Controllo.
E’ lo stesso presidente a mettere il cappello sull’iniziativa: «Crede di essere al di sopra della legge questo signor codardo, ha la pretesa di dire che non riconosce la legge, che non riconosce nulla. Questo è inammissibile, non accade in nessun’altra parte de mondo», ha detto nel corso del suo programma settimanale “Con Maduro+” sulla tv di Stato.
L’ex ambasciatore Gonzalez, che dopo il mandato d’arresto si trova in condizione di semi-clandestinità, non appare in pubblico dal 30 luglio. Dal giorno delle elezioni in tutto il Paese si sono verificati scontri e disordini e si stimano che siano oltre 2.400 le persone arrestate o detenute. L’Onu ha speso parole pesanti, parlando di «clima di terrore» in Venezuela, mentre i Paesi dell’Unione Europea e molti stati latino americani non riconosceranno il risultato elettorale, fino a che il governo venezuelano non mostrerà prove inconfutabili. Gli Stati Uniti invece hanno già riconosciuto Gonzalez come vero vincitore.
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