Attualità
I rapporti tra la Russia e la destra: la telefonata di Berlusconi all’ambasciatore e i contatti di Salvini
Due articoli, uno di Repubblica e uno di La Stampa, gettano nuove ombre sui rapporti tra la Russia e il centrodestra italiano. Secondo le indiscrezioni stampa, Berlusconi avrebbe avuto un colloquio telefonico con l’ambasciatore Razov nelle ore convulse che hanno preceduto la caduta dell’esecutivo. Salvini invece, avrebbe avuto contatti molto forti ed aveva addirittura in programma un viaggio a Mosca per fine maggio, in cui avrebbe incontrato personalità di spicco. Il tutto all’insaputa del Governo.
Quanto sono fitti, e determinanti, i rapporti tra la Russia e il centrodestra italiano? L’ambasciata russa ha in qualche modo influito sulle scelte di Lega e Forza Italia in merito alla decisione se rinnovare o meno la fiducia al governo Draghi? Per il momento si tratta solo di ipotesi ed indiscrezioni di stampa, in fretta smentite dai diritti interessati, ma fanno riflettere ed offrono nuove chiavi di lettura.
Al punto che Enrico Letta, che (giova ricordarlo) è impegnato in campagna elettorale, scrive: «vogliamo sapere se è stato Putin a far cadere il Governo Draghi, sarebbe gravissimo. Le rivelazioni uscite oggi su La Stampa sui legami tra Salvini e la Russia sono inquietanti. Salvini non smentisce nulla, noi chiediamo la verità, in Parlamento».
Il riferimento è allo scoop, anzi agli scoop, pubblicati da La Stampa (sebbene La Verità ne rivendichi la paternità), in base ai quali il segretario del carroccio, tramite il suo consigliere Antonio Capuano (ex forzista, ora privato cittadino, ma con un ruolo da consulente), avrebbe avuto contatti con l’ambasciata russa. Addirittura, apre che avesse in programma un viaggio a Mosca.
Oggi il quotidiano ha pubblicato ulteriori indiscrezioni, dalle quali si evince che le fonti sono documenti dell’intelligence russa, anche in seguito alle precisazioni del capo dei servizi segreti nostrani, Franco Gabrielli, che ha definito prive di fondamento» le ipotesi che la notizia potesse essere trapelata dai funzionari nazionali.
Capuano, per conto del Capitano, avrebbe avuto diversi contatti il funzionario dell’ambasciata russa Oleg Kostiukov, la sera del 27 maggio. Il funzionario nell’occasione avrebbe non solo reso noti i dettagli del viaggio di Salvini a Mosca, ma avrebbe anche chiesto se i ministri leghisti avessero intenzione di dimettersi. A fine maggio, quando la crisi di governo era ben lungi da venire. Nel suo viaggio a Mosca, (inizialmente previsto per inizio del mese, poi spostato al 31 ed infine mai fatto) Salvini avrebbe incontrato personalità russe di spicco, tra cui Lavrov e Medvedev. Capuano però il 27 maggio avrebbe anche tentato il tutto per tutto ed avrebbe sondato il terreno per vedere se ci fossero i margini anche per un incontro con il presidente Putin in persona. Secondo il consulente, il tutto era indirizzato a intavolare trattative di pace. In base a quanto raccontato oggi dal giornale poi, un mese prima avrebbe avuto contatti anche con Pechino, per informarla delle mosse del segretario leghista e per vedere se fosse possibile anche una tappa cinese nel suo tour ad est.
Per quanto concerne la telefonata tra Berlusconi e l’ambasciatore russo Razov invece, in baso a quanto riportato da Repubblica, i due avrebbero parlato per un’ora. Al termine del colloquio Berlusconi avrebbe spiegato ai suoi, radunati per discutere della crisi di governo che si stava consumando in quelle ore, che l’ambasciatore avrebbe «spiegato le loro ragioni» e detto «cosa ha fatto Zelensky. Mi ha raccontato che è stata l’Ucraina a provocare ventimila vittime nelle zone contese. E che l’invasione era necessaria perché il rischio era che l’Ucraina attaccasse la Russia». Ovviamente, il leader di Forza Italia ha smentito di aver avuto questo contatto telefonico. Con una nota Forza Italia afferma che: «un leader della caratura internazionale di Silvio Berlusconi, quando desidera avere contatti con leader stranieri lo fa al massimo livello, cosa che con la Russia non avviene da molto tempo».
Tuttavia non è certo un mistero che tra Putin e Berlusconi scorra, se non un’amicizia, una vecchia e lunga stima reciproca. In passato Berlusconi è stato il più mite tra i leader europei nei confronti delle politiche russe ed anche allo scoppio del conflitto, le parole di critica nei confronti dell’invasione sono sempre state tiepide e misurate.
Si tratterà dunque soltanto di indiscrezioni di stampa, assolutamente prive di fondamento e utili giusto a vendere qualche copia in più. Ma rimane legittimo pensare che tra il centrodestra e la Russia i rapporti siano ancora fitti e regolari.
Attualità
Marina Berlusconi nominata Cavaliere del lavoro: «lo dedico a mio padre»
Oggi a Palazzo del Quirinale si è tenuta la cerimonia di consegne delle onorificenze dell’Ordine al Merito del Lavoro ai 25 Cavalieri del Lavoro nominati dal Capo dello Stato Sergio Mattarella il 2 giugno, tra cui Marina Berlusconi.
La famiglia Berlusconi può vantare un altro cavaliere del lavoro: Marina, figlia primogenita di Silvio, ha ricevuto la prestigiosa onorificenza oggi, a Palazzo del Quirinale. Tecnicamente però, si tratta della prima della famiglia, dal momento che il padre si autosospese dalla Federazione dei cavalieri del lavoro nel 2014, in seguito alla condanna per frode fiscale. Lei però dedica il premio proprio al genitore: «Dedico questo riconoscimento a mio padre, che nel 1977 ricevette lo stesso titolo. Sono passati più di quarant’anni, ma ricordo come fosse ieri quella giornata a Roma in cui mia madre, io e mio fratello Pier Silvio lo accompagnammo alla cerimonia per questa onorificenza: ero una bambina, e quel momento resterà per sempre nel mio cuore».
«È un onore grandissimo, per il quale desidero davvero esprimere tutta la mia gratitudine al Presidente Mattarella e al Consiglio dell’Ordine al Merito del Lavoro» ha affermato la presidente del Gruppo Mondadori, Mediaset e Fininvest e neo Cavaliere Marina Berlusconi.
Attualità
Ranucci anticipa nuove inchieste sul Ministero della Cultura: il governo suda freddo
Sigfrido Ranucci domenica torna in onda con una nuova stagione di Report, ma le sue inchieste già fanno tremare il governo ed in particolare il Ministero della Cultura. Le anticipazioni del conduttore fanno pensare ad almeno due inchieste esplosive.
Prima ospite di Lilli Gruber a “Otto e Mezzo” sul La7, poi da Giorgio Lauro e Geppi Cucciari ad Un Giorno da Pecora su Rai Radio1, Sigfirdo Ranucci ha rilasciato alcune anticipazioni sulle inchieste della nuova stagione di Report, in onda da domenica sera, che già mettono apprensione a Palazzo Chigi e che dovrebbero avere come focus ancora una volta il Ministero della Cultura. Il conduttore non ha rivelato quali sono i suoi scoop, che dovrebbero essere almeno due, ma ha fornito una serie di indizi.
Hanno a che vedere con il Ministero, ma non con l’ex ministro che proprio a causa di una serie di inchieste giornalistiche ha dovuto lasciare il dicastero: «Sangiuliano non c’entra, anzi a Gennaro mando un saluto. È uno dei pochi che sa cosa è la dignità e si è dimesso anche ingiustamente. È una persona che in Rai può dare ancora molto». Ma allora cosa riguarda? «È un nuovo caso Boccia che potrebbe essere al maschile, non riguarda Boccia, ma come modalità di operazione è un caso simile. Ci sono documenti e chat che farebbero ipotizzare responsabilità legate ad alte cariche di Fratelli d’Italia». Quando i conduttori gli chiedono se questa inchiesta possa portare alle dimissioni dell’appena nominato ministro Giuli, il giornalista risponde sornione: «Gli consiglio di guardare Inter-Juve».
Insomma, Ranucci non si sbilancia, ma c’è già abbastanza materiale per mandare in fibrillazione il governo. Il responsabile comunicazione del governo, Giovanbattista Fazzolari, è impegnato a cercare indizi nelle chat di gruppo. Si tratta forse di informazioni provenienti da Francesco Gilioli, ex capo di gabinetto di Sangiuliano, sostituito da Francesco Spano? O sono legate prorpio al suo successore, nominato da Giuli nonostante le controversie con Pro-Vita e i media di destra? Al momento non è chiaro, ma a quanto pare i vertici Rai hanno già ricevuto richieste di chiarimenti e la pretesa di visionare il servizio prima della messa in onda. Resta da vedere se emergeranno ulteriori sviluppi prima della trasmissione di domenica.
Attualità
L’ombra dei licenziamenti su Stellantis, Tavares: «non scarto nulla»
Durante un’intervista al Salone dell’Auto di Parigi, l’amministratore delegato del colosso automobilistico italo-francese non ha escluso la possibilità di licenziamenti negli stabilimenti Stellantis.
«Non scarto nulla». Un non detto ai microfoni di Radio Rtl che rischia di valere più di mille parole. L’ammissione, o meglio la mancata smentita, da parte di Carlos Tavares, il portoghese amministratore delegato del gruppo italo-francese Stellantis, getta in angoscia centinaia di lavoratori, che temono sempre più per il proprio posto di lavoro. «La salute finanziaria di Stellanti non passa unicamente dalla soppressione di posti di lavoro, ma anche da tante altre cose: immaginazione, intelligenza, innovazione. Che è quello che stiamo facendo» ha aggiunto Tavares, che ha affermato che i licenziamenti in Stellantis non sono «al centro della nostra riflessione strategica».
Parole che arrivano dopo l’audizione in Parlamento di fronte alle commissioni Attività produttive della Camera e Industria del Senato della settimana scorsa. In quell’occasione venne chiesto all’ad di illustrare i piani per il futuro del gruppo in Italia e di motivare per quale motivo i livelli di produzione fossero minori rispetto a quelli di altri Paesi nei quali il gruppo è attivo. Stellantis controlla 14 marchi automobilistici ed ha siti produttivi in 29 Paesi.
Le ipotesi di chiusure e licenziamenti hanno cominciato a ventilare con maggiore intensità nei giorni scorsi, in seguito ad un’altra intervista rilasciata dal portoghese, questa volta a Les Echos: «Se i cinesi prendono il 10% delle quote di mercato in Europa al termine della loro offensiva, questo vuol dire che peseranno per 1,5 milioni di auto. Questo rappresenta sette fabbriche di assemblaggio. I costruttori europei dovranno allora sia chiudere, sia trasferirle ai cinesi». E aveva aggiunto: «Chiudere le frontiere ai prodotti cinesi è una trappola: aggireranno le barriere investendo in stabilimenti in Europa. Stabilimenti che verranno in parte finanziati da sovvenzioni statali, nei Paesi a basso costo».
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