Politica
Il 25 aprile del governo tra le “scelte divisive” di La Russa e la pezza di Meloni (apprezzata da Mattarella)

Mattarella plaude alla lettera che Giorgia Meloni ha inviato al Corriere per il 25 aprile, con la quale ha preso le distanze da «qualsiasi nostalgia del fascismo», anche per smorzare le polemiche che hanno investito, tanto per cambiare, il presidente del Senato Ignazio La Russa. Sugli “altri campi” da citare il rifiuto del presidente dell’Anpi di Viterbo di stringere la mano a Vittorio Sgarbi, fischiato dalla platea.
«I partiti di destra hanno dichiarato la loro incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo». Non è proprio l’abiura suggerita da Gianfranco Fini, che gongola per la ripresa del suo discorso a Fiuggi, ma tanto basta per mettere a tacere le polemiche che, sebbene si ripresentino a cadenza annuale, quest’anno sono state rinfocolate da alcune prese di posizione e dichiarazioni da parti di esponenti del governo o della maggioranza. Per mettersi al riparo da attacchi provenienti dalle opposizioni, in occasione del 25 aprile Giorgia Meloni ha inviato una lunga lettera al Corriere della Sera, nelle quali prende le distanze da sentimenti nostalgici. La missiva avrebbe incontrato l’apprezzamento del Presidente della Repubblica: «bella lettera» avrebbe detto Mattarella a Meloni prima di partire per Cuneo, dove ha partecipato alle celebrazioni della Festa di Liberazione.
Ogni anno, in concomitanza con il 25 aprile, si riaccendono le critiche di chi considera la Festa di Liberazione divisiva e vorrebbe strumentalizzarla, o annacquarla con tematiche differenti dalla celebrazione del valore della Resistenza. Come il 25 aprile, che celebra la lotta contro un invasore estero e una dittatura, possa essere considerato diviso non è ancora dato saperlo. Tuttavia, non manca mai chi vuole mettere i bastoni tra le ruote alla festa nazionale di Liberazione. Un esempio, è fornito dal collezionista di busti del Duce e seconda carica dello Stato, Ignazio La Russa, che le distanze dal fascismo non le ha prese mai e che non a caso ha deciso di recarsi in Polonia per rendere omaggio a Jan Palach, vittima delle persecuzioni del regime comunista.
Pertanto, per mettere a tacere le polemiche e spegnere accuse di sentimenti nostalgici, che da sempre investono la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni ha scritto la lunga lettera sul 25 aprile, nella quale però, il termine antifascista non compare mai. A definirsi tale senza mezzi termini, l’aveva invitata Gianfranco Fini, ex padre nobile, poi decaduto, della destra italiana. Invito non raccolto, sebbene sia presente una citazione che ha fatto piacere all’ex leader di An: «Faccio notare che Alleanza Nazionale nacque proprio tre decenni fa e che le parole “valori conculcati dal fascismo” [termini presenti nella lettera di Giorgia Meloni, ndr] sono contenute nel documento finale del congresso di Fiuggi» ha affermato allo stesso quotidiano.

Le polemiche relative alle celebrazioni del 25 aprile hanno investito anche altri esponenti di governo. A Viterbo, è stato invitato il sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, che però è rimasto vittima di una contestazione. Prima il presidente dell’Anpi locale si è rifiutato di stringergli la mano. Le immagini che ritraggono un basito e spiazzato Sgarbi tendere la mano nel vuoto, sono diventate virali. Poi, quando ha preso la parola, è stato subissato dai fischi. «Certo è davvero tragicomico come finti antifascisti, in nome di un’idea equivoca di libertà abbiano tentato d’impedirmi di parlare. Tutto ciò è inaccettabile», «È legittimo che le persone abbiano liberamente espresso il proprio sdegno» il botta e risposta tra il sottosegretario e l’Anpi.
Politica
Il Colombia-gate entra nel vivo: perquisizioni a D’Alema, Profumo e altri 6

L’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema, il ceo di Leonardo ed ex presidente di MPS Alessandro Profumo e altre sei persone, tra cui Gianluca Giordo, già responsabile della Divisione Navi militari di Fincantieri, indagati nell’inchiesta sul Colombia-gate, hanno subito perquisizioni in casa e negli uffici.
Le perquisizioni a D’Alema, Profumo, Giordo e gli altri coinvolti dall’inchiesta cosiddetta Colombia-gate, sono state disposte dalla sezione reati economici della Procura di Napoli ed eseguite dalla Digos partenopea. Le accuse sono di corruzione internazionale aggravata.
I fatti contestati risalgono al gennaio del 2022. Secondo le ipotesi investigative, due broker pugliesi avrebbero imbastito una trattativa per la vendita alla Colombia di navi, sommergibili ed aerei militari prodotti da Fincantieri e Leonardo, per un valore di 4 miliardi di euro. L’ex presidente del Consiglio, che nel marzo scorso bollò come «fandonie» le accuse nei suo confronti, è ritenuto essere colui che ha messo in contatto i broker e le industrie.
A pesare particolarmente per le indagini, una registrazione telefonica nella quale D’Alema afferma al paramilitare colombiano Edgardo Fierro Flores: «Noi stiamo lavorando perché? Perché siamo stupidi? No, perché siamo convinti che alla fine riceveremo tutti noi 80 milioni di euro. Quindi si può fare un investimento, però non appena noi avremo questi contratti divideremo tutto, sarà diviso tutto. Questo non è un problema».
Attualità
Saluto fascista alla parata del 2 giugno? No, ma in tanti abboccano alla fake

Tra i volti noti che si sono indignati per il saluto fascista e l’omaggio alla X Mas durante la parata del 2 giugno, sotto gli occhi del presidente della Repubblica Mattarella, anche Roberto Saviano e Michela Murgia, ma si tratta di una fake news: smentita dalla Marina: non era un saluto romano, ma un «attenti a sinist».
Durante la parata delle forze armate in occasione della Festa della Repubblica, lo scorso 2 giugno, diversi militari sono stati immortalati con il braccio destro teso e subito sul web si è lanciato l’allarma: è un saluto fascista, un insulto alle istituzioni democratiche, una minaccia di golpe rivolta a Mattarella. Ha pure cominciato a circolare la notizia secondo la quale il gesto era accompagnato da un omaggio alla X Mas, il reparto della fanteria marina che, sotto il comando del principe Junio Valerio Borghese, passò dalla parte della Repubblica di Salò dopo l’Armistizio. Tra coloro che si sono indignati e detti «preoccupati» gli scrittori Roberto Saviano e Michela Murgia. Ma in realtà, hanno preso un granchio e a smentirli è stata la stessa Marina Militare.
Quello che alcuni soldati hanno fatto non era un saluto fascista, ma l’«attenti a sinist», un saluto alla tribuna delle autorità che fanno tutti i reparti che sfilano. Il grido «Decima» che alcuni hanno interpretato come un omaggio alla X Mas, si riferiva alla «Decima della Marina militare del Regno che ha operato fino al 1943 e che è il precursore degli incursori di Marina».
Nono sono mancate le repliche. Il ministro della Difesa Guido Crosetto, commentando l’episodio ha detto: «Chi infanga i Comsubin con assurdi paragoni con la Rsi disprezza il valore e il lavoro delle Forze speciali».
Politica
Salvini: «Il ponte sullo stretto di Messina collegherà Palermo e Berlino»

Ad un’intervista al quotidiano francese Le Figarò, il ministro dei Trasporti Matteo Salvini non ha parlato solo del ponte sullo stretto di Messina e del collegamento Palermo-Berlino, ma anche di Tav Torino-Lione: «Rifiuto di immaginare che la Francia possa avere cambiato parere».
Chissà che ponte ha in mente Salvini. Per il ministro dei Trasporti l’opera tra Sicilia e Calabria non è più un progetto: è un’ossessione. Oramai è sempre più al centro dei suoi pensieri e sembra che alla realizzazione del collegamento fra Reggio Calabria e Messina abbia deciso di ancorare il suo messaggio, e forse il suo futuro, politico. Anche con la stampa estera, l’argomento resta quello, Ne ha parlato con lo spagnolo El Pais e ne ha parlato col francese Le Figarò. Al quotidiano d’oltralpe, Salvini regala la vera chicca sul ponte sullo stretto di Messina: «permetterà di collegare Palermo e Berlino». Salvini intendeva dire che l’opera darà, a suo dire, grande impulso ai collegamenti dell’Unione Europea, ma la sua frase è diventata in fretta oggetto di ironia sul web.
Ma sui temi infrastrutture e rapporti tra Italia e Francia, non particolarmente distesi nell’ultimo periodo, Salvini ha un altro punto che gli preme affrontare: la Tav Torino Lione. «la Francia deve fare la sua parte». E in merito all’eventualità che Parigi possa decidere di non accogliere l’appello entro il 2032, come raccomandato dal Consiglio di orientamento delle infrastrutture (organo unicamente consultivo di Parigi) nel febbraio scorso, Salvini risponde: «Rifiuto di immaginare che la Francia possa avere cambiato parere o unicamente deciso di rallentare i lavori per finanziare treni regionali in casa sua. Sarebbe una tale mancanza di rispetto riguardo all’Italia, ma anche riguardo alla Commissione europea, che ha approvato centinaia di milioni di euro per questo corridoio mediterraneo».
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