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Politica

Il dl Aiuti passa alla Camera, con l’astensione del M5S: scontro rinviato al Senato?

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Mario Draghi in Parlamento

Il dl Aiuti è stato approvato dalla Camera con 266 voti a favore e 47 contrari. Astenuto il movimento 5 Stelle. Adesso il testo passa al Senato, dove deve essere approvato entro la settimana, pena la decadenza. E intanto Forza Italia chiede una «verifica della magioranza»

Il dl Aiuti passa alla Camera, ma la bomba crisi di governo non è stata disinnescata, anzi. Il Movimento 5 Stelle, che del Governo è parte, non ha votato il decreto ed i suoi esponenti sono usciti dall’Aula. Il testo tuttavia, è passato con 266 voti favorevoli e 47 contrari. Deve passare ora all’esame del Senato ed essere approvato entro la settimana per evitare la decadenza. E lo scontro in seno alle forze di maggioranza potrebbe farsi addirittura più aspro.

Ovviamente non poteva non avere ripercussioni la decisione dei pentastellati, che non hanno votato il dl aiuti due giorni dopo aver votato la fiducia al governo: «Chiediamo al presidente Mario Draghi di sottrarsi a questa logica politicamente ricattatoria e di prendere atto della situazione che si è creata. Così come siamo stati responsabili nel far nascere il governo Draghi, altrettanto lo saremo nell’ultimo scorcio di legislatura. Ecco perché chiediamo che ci sia una verifica della maggioranza al fine di comprendere quali forze politiche intendano sostenere il governo, non a fasi alterne e per tornaconti elettorali, ma per fare le riforme e tutelare gli interessi degli italiani» ha annunciato con una nota Forza Italia. «Bene la richiesta di chiarimento sull’attività del governo, a cui aggiungiamo la necessità di stoppare le leggi su droga libera e cittadinanza facile. Non è questo che si aspettano gli italiani da questa maggioranza» fa eco la Lega.

Insomma una scelta che incontra il parere contrario tanto dei partiti di maggioranza, che di quelli all’opposizione e che crea una situazione ingarbugliata, che rischia di esplodere definitivamente sui banchi di Palazzo Madama.

Politica

La lista pacifista che Michele Santoro vorrebbe vedere alle Europee del 2024

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lista pacifista santoro

Michele Santoro lanciato una lista in vista delle Elezioni Europee 20224 e diversi volti noti hanno manifestato il proprio sostegno, ma sono pochi quelli pronti ad attivarsi in prima persona.

Spesso la definizione di qualcosa, anche di se stessi, arriva nel momento in cui si incontra qualcos’altro, qualcosa di diverso. Se non si sa cos’è, o chi è, si sa però cosa non è, o chi non è. In questo modo Michele Santoro ha presentato qualche giorno fa, di fronte alle telecamere di Otto e mezzo su La7, la lista per la quale si sta operando per fare in modo che sia presente sulla schede elettorale alle prossime Elezioni Europee: «non è un partito di sinistra, non è una lista Santoro».

Ma allora, cos’è? «Una lista che affermi la centralità della pace». Un concetto sicuramente condivisibile, ma un po’ vago, come dichiarato anche da uno di coloro che ha espresso il proprio favore alla proposta, Massimo Cacciari e che ha parlato anche all’assemblea di oggi: «Dire usciamone e basta, riguardo alla guerra in corso, come fa Santoro, è irrealistico».

Il 30 settembre a Roma, presso il Teatro Ghione, l’assemblea costituiva del movimento che ha scelto come nome “Pace, Terra e Dignità”. Gli altri due nomi che hanno ottenuto maggiori preferenze sono stati “Pax” e “Mondo Nuovo”. Sostenitori e simpatizzanti hanno ancora qualche giorno di tempo per votare. Per certi versi infatti, «l’appello lanciato da Raniero La Valle e Michele Santoro» ricorda il Movimento 5 Stelle 1.0. C’è un app da cui simpatizzanti e sostenitori possono dire la loro e votare le mozioni proposte (si chiama Servizio Pubblico; qualcuno ha lamentato difficoltà ad accedervi, ndr).

Santoro sui propri profili social ha comunicato che il teatro era stracolmo e che sono state circa venti mila le persone che hanno seguito da remoto la diretta.

La mozione conclusiva recita:
«L’Assemblea per la Pace, la Terra e la Dignità che si è riunita a Roma il 30 settembre 2023, rispondendo all’appello di Michele Santoro e Raniero La Valle, li impegna, col metodo della condivisione, ad arricchire e approfondire la bozza di documento programmatico tenendo conto dei contributi emersi dal dibattito.
Emerge l’esigenza di formare un gruppo di lavoro coinvolgendo tutte le componenti che hanno partecipato e invitando anche chi non lo ha ancora fatto ad aderire al progetto di un nuovo soggetto politico popolare che abbia la pace come obiettivo urgente e orizzonte futuro. Decide di avviare tutte le necessarie iniziative per partecipare realizzando la maggiore unità possibile alle prossime elezioni europee allo scopo di incardinare nel dibattito elettorale e poi nella stessa Unione Europea l’assillo della pace da istituire, a cominciare dalla fine del conflitto in Ucraina senza vincitori né vinti, della guerra da ripudiare, della Terra da salvare per restituire dignità a tutte le creature.
L’Assemblea intende ridar vita al sogno di “un’altra Europa”, dall’Atlantico agli Urali, amica di ogni persona, presenza critica e solidale nel rapporto con tutti gli Stati del mondo. Decide che il nome e il manifesto programmatico saranno adottati in una prossima Assemblea articolata in due sessioni, a Milano, città d’eccellenza dell’Italia indivisibile e a Messina, al di là del mirabile e intangibile Stretto”.

Alcuni voti noti che si sono detti interessati al progetto, ma che escludono la propria candidatura, sono la cantante Fiorella Mannoia, la conduttrice Marisa Laurito e l’ex segretario di Rifondazione Comunista Fausto Bertinotti. Sarebbe invece pronto alla discesa in campo il matematico Pierluigi Odifreddi.

La lista su cui Santoro è al lavoro avrebbe già cominciato a dialogare anche con altre forze, al fine di preparare al meglio la corsa alle urne. E per quanto riguarda la partecipazione popolare? E’ lo stesso giornalista a rispondere: «io le firme le raccolgo una per una, altrimenti vuol dire che non c’è nel Paese una spinta che vuole una presenza come la nostra. Per noi è quasi come un diritto di tribuna che vogliamo affermare per un’opinione pubblica che non ha rappresentanza».

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Cronaca

Autobus caduto dal cavalcavia a Mestre, Salvini: «non è un problema di guardrail»

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tragedia mestre incidente bus precipitato da cavalcavia

L’ipotesi più accreditata è che il conducente abbia avvertito un malore alla guida, ma al momento non c’è nulla di confermato, né nulla di escluso. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini però è sicuro che non è un problema di infrastrutture e che il guardrail non abbia nulla a che fare con l’autobus caduto dal cavalcavia a Mestre.

Le cause della tragedia verificatasi ieri sera nei pressi della stazione di Mestre, dove un autobus elettrico è caduto da un cavalcavia, non sono ancora note, ma il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini non ha dubbi: «Non è un problema di guardrail». Un commento che arriva anche in risposta dai dubbi sollevati dall’amministratore delegato di La Linea, l’azienda di trasporti proprietaria del mezzo: «Le immagini dei filmati che abbiamo visionato mostrano il pullman che si appoggia alla protezione che è quasi una ringhiera». Stessa tesi di Domenico Musicco, presidente della onlus Associazione Vittime Incidenti Stradali sul Lavoro e Malasanità: «Il guardrail sfondato dal mezzo, che già a prima vista appare di tipo ‘vecchio’ e comunque totalmente inidoneo a garantire la sicurezza». 

E nonostante il Prefetto di Venezia Michele Di Bari renda noto che «ogni possibilità è al vaglio degli inquirenti», il ministro interessato ha già escluso una possibilità. Il video a cui fa riferimento Musicco è quello registrato dalla smart control room del comune di Venezia. Mostra il cavalcavia Vempa, sopra la bretella della A4. Un bus è fermo, con la freccia a sinistra inserita. Questo viene affiancato da un altro pullman, sulla destra e per un attimo sparisce dall’inquadratura, coperto dal primo mezzo. Poi il filmato mostra il momento in cui l’autobus è caduto dal cavalcavia a Mestre: quello alla sua sinistra è fermo, con le luci di stop accese. Non ci sarebbe stato alcun urto tra i due mezzi.

Il video che mostra il momento in cui è precipitato l'autobus dal cavalcavia di Mestre.

Il pulmino, un mezzo elettrico noleggiato da un camping per offrire servizio navetta, ha preso fuoco all’impatto con il suolo, dopo una casata di una quindicina di metri. Le batterie al litio potrebbero aver agevolato l’innesco del rogo. A bordo c’erano 35 persone, in gran parte stranieri, turisti tedeschi ed ucraini. In 21 sono morti, tra cui un neonato, un 12enne ed una minorenne.

Sul posto si sono immediatamente precipitati i soccorsi ai quali si sono aggiunti due migranti che si trovavano lì e che sono diventati i simboli dello sforzo disinteressato. Si sono messi a disposizione dei Vigili del fuoco e dei Carabinieri ed hanno aiutato a portare fuori dalla carcassa in fiamme molte persone. Un altro video che ha fatto molto scalpore è quello che mostra un uomo estrarre una bambina da un finestrino e metterla in salvo. Si tratterebbe del padre, ma non è stata confermata.

i migranti che hanno partecipato ai soccorsi delle vittime dell'incidente di Mestre dove è precipitato un autobus da un cavalcavia

Nel frattempo si cominciano a vagliare le possibili cause. Tra le più accreditate, quelle del malore al conducente, morto sul colpo. Si trattava di un professionista esperto e stimato, che aveva da poco preso servizio. La Procura ha acquisito le scatole nere del mezzo ed è stata disposta l’autopsia del corpo del conducente, oltre agli esami tossicologici ed il test alcolemico.

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Mondo

Inchiesta “Mensa dei Poveri”: condannata a 4 anni e 2 mesi l’eurodeputata Lara Comi

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condannata lara comi

L’azzurra è stata ritenuta responsabile di corruzione, false fatturazioni e truffa ai danni del Parlamento UE: «continuerò a difendermi, parlerò a tempo debito».

Nel maxi processo a carico di oltre 60 imputati per l’inchiesta “Mensa dei Poveri” l’eurodeputata di Forza Italia Lara Comi è stata condannata a Milano a 4 anni e 2 mesi. Nel 2019, l’azzurra finì ai domiciliari, poi revocati, con le accuse di corruzione, falsa testimonianza e truffa ai danni dell’Europarlamento.

Comi, presente in Aula, è rimasta invischiate dalle indagini per un contratto di collaborazione nel periodo 2016-2017 e per false fatture. Più recentemente l’ex eurodeputato Antonio Panzeri l’ha tirata in ballo nell’inchiesta sul cosiddetto Qatargate affermando di aver trovato una borsa contente 60-70 mila euro a Bruxelles, appartenente a lei. Panzeri ha riferito che l’azzurra l’avrebbe contattato proprio in seguito al suo arresto, chiedendogli di ritirare una borsa dal suo appartamento in Belgio. «Ho visto dei vestiti e dei libri vuoti all’interno, con contanti tra i 60 e i 70mila euro, non li ho contati. Quindi ho preso tutto e ho deciso di buttare via i soldi nella spazzatura» ha dichiarato ai pm di Bruxelles.

«Non commento, parlerò a tempo debito e continuerò a difendermi» ha detto oggi intercettata dai cronisti all’uscita. Oltre ad essere stata condannata, Lara Comi è stata anche interdetta dai pubblici uffici e le è proibito trattare con la pubblica amministrazione per cinque anni, oltre ad aver subito la confisca di 28.700 euro.

Della sessantina di imputati, ne sono stati condannati 11, mentre più di 50 sono stati assolti perché «il fatto non sussiste», tra cui l’ex vice coordinatore lombardo di Forza Italia ed ex consigliere comunale milanese Pietro Tatarella e l’ex consigliere regionale lombardo Fabio Altitonante, attualmente sindaco di Montorio al Vomano in Abruzzo. Assolto anche l’ex patron dei supermercati Tigros, Paolo Orrigoni, come la stessa società. Condannato invece a un anno e un mese l’ex deputato di Forza Italia Diego Sottani.

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