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Il governo costretto alla “ritirata” in Albania: ridotto il contingente nei Cpr

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Il Viminale ha disposto la riduzione del contingente di forze dell’ordine nei centri di permanenza e rimpatrio allestiti in Albania. Si teme che la Corte dei Conti possa contestare un danno erariale e intanto si attende la decisione della corte Europea, che potrebbe definitivamente sotterrare l’operazione.

E’ stata definita «rimodulazione», ma ha tutti i contorni di uno smobilitazione generale. Nonostante le dichiarazioni agguerrite («i giudici non ci fermeranno») ed ingerenze non richieste da parte di futuri consiglieri esteri, il governo difficilmente potrà proseguire la campagna d’Albania: il Viminale ha disposto la riduzione delle forze dell’ordine nei Centri di permanenza e rimpatrio di Shengjin e Gjader.

Una cinquantina gli agenti che dovrebbero fare ritorno in Italia. Dalle inziali 259 unità pensate, nei due centri rimarrà solo il personale strettamente necessario per coprire i turni di vigilanza da sei ore, 170 agenti, anche quando i Cpr sono vuoti, come in questo momento.

E dopo che due navi con a bordo 16 migranti prima ed 8 dopo sono state fatte tornare indietro, ci si chiede se altre ne partiranno mai verso l’atra sponda dell’Adriatico e se la Corte dei Conti avanzerà un’accusa di danno erariale. Mentre continua il braccio di ferro con la magistratura italiana, in seguito alle pronunciazioni dei Tribunali di Roma e Bologna, al Ministero e a Palazzo Chigi rimangono in attesa della sentenza della Corte di Giustizia Europea sulla designazione di “Paesi Sicuri”. Un sentenza che non è assolutamente scontato possa dare ragione al governo e che potrebbe soppiantare definitivamente il progetto di trasferire in Albania i migranti soccorsi in mare.

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