Politica
La consulente di Sangiuliano che al Ministero non conoscono: chi è Maria Rosaria Boccia
Occhi puntati sul Ministero della Cultura dopo l’articolo de Il Foglio su Maria Rosaria Boccia, che si presenta come una consulente del ministro Gennaro Sangiuliano, sebbene al Ministero non ne sappiano niente. PD e IV presentano un’interrogazione.
Chi è Maria Rosaria Boccia? E’ davvero una consulente del Ministero della Cultura? Perché al Ministero hanno smentito? E perché da un paio di mesi ha libero accesso all’ufficio del ministro e lo segue negli appuntamenti istituzionali? Il Foglio sgancia una piccola telenovela di fine estate con al centro il ministro preferito dai cronisti, Gennaro Sangiuliano.
Il caso è dato dal ruolo di Maria Rosaria Bocca, quarantunenne che sui social si presenta come influencer e presidente dell’associazione “Fashion Week Milano Moda”. Dalla Fashion Week di Milano si affrettano a precisare: non ne sanno nulla. Non si tratta di quella Milano Fashion Week, bensì di un omonimo.
Ma nei giorni scorsi Maria Rosaria Boccia ha informato i suoi follower (in costante crescita in questi giorni, ndr) di aver assunto anche un nuovo incarico: Consigliere del Ministero della Cultura per i Grandi Eventi. C’è anche una foto col titolare del dicastero a provarlo. E non è l’unico scatto del profilo dal quale spunta il faccione sorridente del ministro.
L’affare però si ingrossa quando dal Ministero arriva una precisazione: non ne sanno nulla. Il Foglio indaga: «da due mesi una donna si aggira per il ministero della Cultura. Arriva con un trolley bianco, ha accesso allo studio di Sangiuliano. È Maria Rosaria Boccia, di Pompei, volto che i funzionari del ministero cominciano a salutare con regolarità» scrive Carmelo Caruso. Secondo il giornale ed il giornalista, il parere della donna sarebbe tenuto in grande considerazione da Sangiuliano e da un paio di mesi lo accompagnerebbe anche negli eventi, come fosse parte del suo staff. Era presente, ad esempio, a Taormina, dove il miracoloso ministro ha trasformato i fischi in ovazioni.
Il giornale si spinge addirittura a raccontare un presunto retroscena, una sorta di sotterfugio commesso dal ministro. Sangiuliano avrebbe fatto firmare un foglio a Maria Rosaria Boccia, convinta che si trattasse della ratifica alla sua nomina. Ma di questa firma non ci sarebbe traccia. Dunque, Boccia è una mitomane? L’incarico non è ancora stato ratificato? Qualcuno ha fatto confusione tra le carte? Difficile rispondere al momento: dal Ministero non sono più giunte comunicazioni. Né Sangiuliano si è preoccupato di fornire ulteriori dettagli.
E allora, le opposizioni fiutano il possibile caso e vanno all’attacco. Sia il Partito Democratico che Italia Viva hanno presentato un’interrogazione con la quale chiedono di far luce sulla presunta nomina e sul ruolo tenuto dalla donna in occasione degli appuntamenti istituzionali parlando di possibile «gestione opaca degli incarichi».
Attualità
Bersani assolto dall’accusa di diffamazione a Vannacci
Il Tribunale di Ravenna ha assolto Pierluigi Bersani dall’accusa di diffamazione avanzata dal generale Roberto Vannacci. Il politico, rispondendo ai contenuti del libro “Il Mondo al Contrario” utilizzo l’epiteto «coglione», parlando del militare. Secondo i giudici si trattava di una allegoria.
Bersani non ha diffamato il generale Vannacci. Secondo il tribunale di Ravenna, che si è pronunciato sulla querela avanzata dal militare leghista, «il fatto non sussiste». La Procura, in seguito alla denuncia, aveva chiesto per Bersani una multa da 450 euro per diffamazione aggravata dal mezzo, «provata la penale responsabilità sulla base delle documentazioni audio-video». Bersani in un’intervista, riferendosi all’ipotetico bar Italia immaginato da Vannacci nel suo libro, chiese: «Ma se in quel bar lì è possibile dare dell’anormale a un omosessuale, è possibile anche dare del coglione a un generale?».
Secondo il giudice, le parole utilizzate dal politico «non possono essere qualificate come metaforiche», ma è successo che «l querelante abbia confuso la figura della metafora con quella della allegoria». Nel caso di Bersani confondere metafora con allegoria è ancor più facile.
Politica
Conte silura Grillo: «fa controinformazione»
Il primo presidente del Consiglio espresso dal Movimento 5 Stelle ha licenziato il fondatore Beppe Grillo, rescindendo il contratto di collaborazione per la comunicazione.
Dopo mesi di frizioni e scontri a distanza, Giuseppe Conte ha accompagnato alla porta il fondatore del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo, che di fatto è stato licenziato. Il contratto di collaborazione da 300 mila euro annuali, ultimo legame tra l'”elevato” e la sua creatura, è stato chiuso. A spiegarlo è stato lo stesso Conte in un libro di Bruno Vespa che parla di Hitler e Mussolini (“Hitler e Mussolini. L’idillio fatale che sconvolse il mondo (e il ruolo centrale dell’Italia nella nuova Europa”).
Le parole di Conte sono tranchant: «Beppe Grillo è responsabile di una controcomunicazione che fa venire meno le ragioni di una collaborazione contrattuale». Tradotto, perché pagare qualcuno che parla male di noi? «Grillo ha rivendicato il compenso come garante anche nelle ultime lettere che mi ha scritto. Io non ho mai accettato che fosse pagato per questa funzione, che ha un intrinseco valore morale e non è compatibile con alcuna retribuzione».
Ma non si tratta solo di soldi: «Qualcosa si è incrinato in maniera irreversibile. Umanamente sono molto colpito da come si comporta. Vedere oggi che contrasta in maniera così plateale un processo di partecipazione democratica che ci riporta agli ideali originali di Casaleggio mi ha rattristato moltissimo. Perché, al contrario di quel che scrivono i giornali, lo scontro non è personalistico (Grillo contro Conte), ma vede Grillo battersi contro la sua stessa comunità». Insomma, la questione è personale: «già in passato ha avuto atteggiamenti velenosi nei miei confronti, ai quali non ho dato peso perché su tutto prevalevano gli interessi della comunità».
Politica
Volano stracci in FdI: furibonda lite in pubblico tra Antonella Giuli e Federico Mollicone
Prima delle dimissioni di Spano, in Transatlantico è scoppiata una furibonda lite tra la sorella del ministro Giuli, Antonella, ed il deputato FdI Francesco Mollicone.
Il vero tallone d’Achille del governo è la Cultura, intesa come Ministero. Dopo che le anticipazioni di Sigfrido Ranucci hanno sollevato un nuovo caso politico («È un nuovo caso Boccia che potrebbe essere al maschile»), sono arrivate le dimissioni lampo del capo di Gabinetto del ministro Alessandro Giuli, Francesco Spano, travolto dagli attacchi personali provenienti soprattutto da destra. Poco prima della ratifica, in Transatlantico si è consumato un vero e proprio psicodramma tutto interno a FdI: tra la sorella del ministro, Antonella Giuli, ed il presidente della Commissione Cultura di Fratelli d’Italia Federico Mollicone è scoppiata una furibonda lite, nella quale sono volate anche parole pesanti. La Giuli è una giornalista assunta nell’ufficio stampa della Camera. I bene informati la vogliono molto vicina alla sorella della premier, Arianna Meloni.
Il motivo? Lei accusa lui di essersi fermato a parlare con un giornalista. Lui nega. Lei insiste e chiosa con un «ne riparleremo». Lui si avvicina con fare minaccioso: «Mi stai minacciando?». Qualcuno la porta via. Poi le dimissioni di Spano spostano l’attenzione, ma questa mattina Repubblica ha svelato il retroscena.
La tensione in FdI si taglia con il coltello. E’ sempre il quotidiano a raccontare che sulle chat di gruppo trova sempre più spazio un gossip su una presunta relazione tra Spano ed un altro esponente di partito. I vertici sarebbero più che infastiditi dalla situazione e ci sarebbe qualcuno già pronto a spingere per le dimissioni anche di Giuli. Ma non tutti sono d’accordo: «se va a casa lui, andiamo a casa tutti» sussurra un ministro al Corriere della Sera.
La situazione è intricata e il servizio di Report di domenica prossima potrebbe renderla esplosiva.
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