Politica
Le accuse dell’ex collaboratorea a Vittorio Sgarbi
Si chiama Dario Di Caterino la “talpa” che ha rivelato le attività parallele di Vittorio Sgarbi, lanciano il sottosegretario nella bufera. Oggi in un’intervista a Il Fatto Quotidiano afferma: «sono a disposizione dei pm».
Dario Di Caterino, ex collaboratore di Vittorio Sgarbi, è l’uomo che ha inviato a Sangiuliano e Meloni il dossier contente accuse di prestazioni a pagamento del sottosegretario da quando è in carica nel governo. In un’intervista a Il Fatto Quotidiano ha rivelato il suo nome, ha fornito altri dettagli della sua versione si è detto pronto a parlare coi pm, qualora questi volessero interrogarlo. «Non posso fare la morale a nessuno, ho fatto errori, ma non ne potevo più di vedere gli uffici del ministero ridotti a un covo d’affaristi pronti a piegare l’istituzione pubblica a interessi privati». Secca la smentita di Sgarbi, secondo il quale quelle del suo ex collaboratore sono «menzogne di un pregiudicato da me cacciato».
Di Caterino al giornale ha affermato di essere stato il social media manager di Vittorio Sgarbi e di aver scritto una lettera a Giorgia Meloni e Gennaro Sangiuliano. «Tanto anonima non era. C’è il dettaglio delle informazioni e c’è questa intervista a viso aperto». Dopo le sue rivelazioni, secondo le quali Sgarbi avrebbe guadagnato tra consulenze e presentazioni circa 300 mila euro da quando è sottosegretario del Governo Meloni, il critico d’arte è indagato a Roma per evasione fiscale, mentre l’Antitrust ha avviato un’istruttoria per conflitto d’interessi.
Accuse già respinte dal diretto interessato, che ha nuovamente e seccamente smentito tale ricostruzione, scagliandosi sia contro il testimone, che contro il giornale che ha pubblicato le sue dichiarazioni: «Utilizzando le menzognere “rivelazioni” di un pregiudicato, Dario Di Caterino, da me cacciato dopo avere scoperto che aveva finto un coma per nascondere di essere stato agli arresti domiciliari, “Il Fatto Quotidiano” continua una violenta campagna diffamatoria contro di me e i miei collaboratori. Vengono riportate ricostruzioni totalmente infondate, costruite su presupposti falsi, con il solo fine di delegittimare la mia persona».
Secondo Sgarbi, Di Caterino avrebbe inviato «diffamazioni» a radio, giornali e tv, dopo la «violazione degli account di posta elettronica in uso alla mia segreteria». Di Caterino sul tema risponde: ««Ho scaricato le mail, ma le password me le avevano date loro».
Sgarbi nega che Di Caterino sia stato suo social media manager: «Nessuno gli ha mai dato questo ruolo. Ha collaborato con me durante due campagne elettorali con il solo compito di realizzare dei video e di promuovere, attraverso un camper, del materiale elettorale». Secondo il testimone invece la collaborazione tra i due sarebbe nata nel febbraio del 2022 e si sarebbe prottratta fino al 25 settembre 2023. Di Caterino sostiene di aver a più ripreso chiesto un contratto, ma di non averlo mai ottenuto.
Anche sulla fine del rapporto le tesi sono divergenti. Secondo Sgarbi: «E’ stato allontanato quando si è scoperto che, per nascondere di essere stato agli arresti domiciliari, ha finto, con la complicità della madre, di essere stato ricoverato in coma a Perugia». Per Di Caterino invece, che non nega il fatto, la separazione fu causata da una prefazione: «Ne concordai una che scrisse in auto in 18 minuti, bellissima. La Colle andò su tutte le furie». Mostra un messaggio del 19 luglio: «Duemila euro schifosi per una presentazione di un sottosegretario. Ma che ti dice la testa». Fa seguito il congedo: «Per me sei fuori».
Nel corso dell’intervista l’ex collaboratore rende noti i presunti tarrifari di Vittorio Sgarbi: 3.500 euro per una conferenza, 5 mila per uno spettacolo teatrale, 4 mila per una prefazione a un libro. Pagamenti che secondo di Caterino avvenivano in buste di contanti consegnate a mano: «Erano le direttive della Colle e di Nino Ippolito, il suo capo segreteria».
Poi c’è la questione dei sopralluoghi per valutazioni, quelli che Sgarbi nega perché incompatibili con l’incarico di governo. «Sono concordati da dentro il ministero, dal capo segreteria Ippolito che risponde a chi chiede valutazioni specificando che l’attività riguarda l’aspetto professionale di Vittorio Sgarbi a pagamento, diviso in due fasi, la presa visione in loco e l’expertise vera e propria che si pagherà dopo, stabilendo un compenso a parte». Il sottosegretario ha commentato: «Da quando sono in carica non ho realizzato alcuna perizia per opere d’arte, né gratuita né a pagamento. Ricevo numerose richieste, ma non ho mai effettuato alcuna perizia. Un conto è ricevere una mail alla quale, per cortesia, si risponde; un conto realizzare una perizia».
Le accuse dell’ex collaboratore di vittorio Sgarbi si concludono con l’argomento multe: «l’associazione da me presieduta, Controcomunicazione, ricevette da Sgarbi una donazione di 30 mila euro. Il 15 giugno 2023 quei soldi furono utilizzati per acquistare un’auto da concedere in comodato gratuito al sottosegretario. Il contratto prevedeva che pagasse oneri di manutenzione e multe. Da giugno iniziano ad arrivarne 7/8 al giorno che gli ho chiesto in tutti i modi di pagare, oggi sono 100 mila euro di cartelle, eccole»,.
Tutte tesi rigettate seccamente da Vittorio Sgarbi, che nel comunicato che ha diffuso afferma che si tutelerà nelle sedi opportune per calunnia e diffamazione, contro le accuse dell’ex collaboratore, il giornalista Thomas Mackinson, il direttore e l’editore de Il Fatto Quotidiano.
Politica
Conte silura Grillo: «fa controinformazione»
Il primo presidente del Consiglio espresso dal Movimento 5 Stelle ha licenziato il fondatore Beppe Grillo, rescindendo il contratto di collaborazione per la comunicazione.
Dopo mesi di frizioni e scontri a distanza, Giuseppe Conte ha accompagnato alla porta il fondatore del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo, che di fatto è stato licenziato. Il contratto di collaborazione da 300 mila euro annuali, ultimo legame tra l'”elevato” e la sua creatura, è stato chiuso. A spiegarlo è stato lo stesso Conte in un libro di Bruno Vespa che parla di Hitler e Mussolini (“Hitler e Mussolini. L’idillio fatale che sconvolse il mondo (e il ruolo centrale dell’Italia nella nuova Europa”).
Le parole di Conte sono tranchant: «Beppe Grillo è responsabile di una controcomunicazione che fa venire meno le ragioni di una collaborazione contrattuale». Tradotto, perché pagare qualcuno che parla male di noi? «Grillo ha rivendicato il compenso come garante anche nelle ultime lettere che mi ha scritto. Io non ho mai accettato che fosse pagato per questa funzione, che ha un intrinseco valore morale e non è compatibile con alcuna retribuzione».
Ma non si tratta solo di soldi: «Qualcosa si è incrinato in maniera irreversibile. Umanamente sono molto colpito da come si comporta. Vedere oggi che contrasta in maniera così plateale un processo di partecipazione democratica che ci riporta agli ideali originali di Casaleggio mi ha rattristato moltissimo. Perché, al contrario di quel che scrivono i giornali, lo scontro non è personalistico (Grillo contro Conte), ma vede Grillo battersi contro la sua stessa comunità». Insomma, la questione è personale: «già in passato ha avuto atteggiamenti velenosi nei miei confronti, ai quali non ho dato peso perché su tutto prevalevano gli interessi della comunità».
Politica
Volano stracci in FdI: furibonda lite in pubblico tra Antonella Giuli e Federico Mollicone
Prima delle dimissioni di Spano, in Transatlantico è scoppiata una furibonda lite tra la sorella del ministro Giuli, Antonella, ed il deputato FdI Francesco Mollicone.
Il vero tallone d’Achille del governo è la Cultura, intesa come Ministero. Dopo che le anticipazioni di Sigfrido Ranucci hanno sollevato un nuovo caso politico («È un nuovo caso Boccia che potrebbe essere al maschile»), sono arrivate le dimissioni lampo del capo di Gabinetto del ministro Alessandro Giuli, Francesco Spano, travolto dagli attacchi personali provenienti soprattutto da destra. Poco prima della ratifica, in Transatlantico si è consumato un vero e proprio psicodramma tutto interno a FdI: tra la sorella del ministro, Antonella Giuli, ed il presidente della Commissione Cultura di Fratelli d’Italia Federico Mollicone è scoppiata una furibonda lite, nella quale sono volate anche parole pesanti. La Giuli è una giornalista assunta nell’ufficio stampa della Camera. I bene informati la vogliono molto vicina alla sorella della premier, Arianna Meloni.
Il motivo? Lei accusa lui di essersi fermato a parlare con un giornalista. Lui nega. Lei insiste e chiosa con un «ne riparleremo». Lui si avvicina con fare minaccioso: «Mi stai minacciando?». Qualcuno la porta via. Poi le dimissioni di Spano spostano l’attenzione, ma questa mattina Repubblica ha svelato il retroscena.
La tensione in FdI si taglia con il coltello. E’ sempre il quotidiano a raccontare che sulle chat di gruppo trova sempre più spazio un gossip su una presunta relazione tra Spano ed un altro esponente di partito. I vertici sarebbero più che infastiditi dalla situazione e ci sarebbe qualcuno già pronto a spingere per le dimissioni anche di Giuli. Ma non tutti sono d’accordo: «se va a casa lui, andiamo a casa tutti» sussurra un ministro al Corriere della Sera.
La situazione è intricata e il servizio di Report di domenica prossima potrebbe renderla esplosiva.
Politica
Dimissioni lampo al Mic: Francesco Spano lascia dopo 10 giorni
Il neo nominato, ma già ex, capo di gabinetto del ministro della Cultura Alessandro Giuli, Francesco Spano, lascia dopo 10 giorni dalla nomina. «Attacchi personali che non mi consentono di andare avanti». Il ministro esprime solidarietà: «clima barbarico». L’ex collaboratore di Giuli finito nel tritacarne per una nomina ritenuta controversa al marito, sposato civilmente qualche mese fa, e per alcuni fondi ad un’associazione Lgbtqi. Gli attacchi più feroci da FdI: «pederasta». Palazzo Chigi avrebbe esercitato pressioni per le dimissioni di Francesco Spano.
Francesco Spano non è più capo di gabinetto al Ministero della Cultura: dopo appena dieci giorni ha rassegnato le dimissioni. Il suo nome ha cominciato a comparire con una certa frequenza sui siti e sulle pagine dei giornali dopo le sibilline anticipazioni di Sigfrido Ranucci sulle prossime inchieste di Report. Ma già da una decina di giorni era diventato abbastanza popolare sulle chat di alcuni esponenti di Fratelli d’Italia, con toni non particolarmente lusinghieri, proprio subito dopo la sua nomina a consigliere del ministro Giuli. Spano è omosessuale. Bisogna specificarlo non per fare gossip, ma per fornire una chiave di lettura a tutta questa storia.
Il successore di Sangiuliano, Alessandro Giuli, lo ha scelto per prendere il posto di Francesco Gilioli. Ed i rumors sulle prossime inchieste di Report, innescate dalle anticipazioni di Ranucci, avevano investito proprio Gilioli e Spano. Qualcuno scommette che nei servizi della trasmissione ci saranno presunti dossier forniti dal primo. Qualcun altro pensa invece che abbiano a che fare con le nomine decise dal secondo, quando questi era segretario generale del MAXXI.
Nel 2022, confermato dal neo-presidente Giuli, Spano avrebbe scelto fra i collaboratori retribuiti del Museo nazionale delle arti del XXI secolo l’avvocato Marco Carnabuci, che da qualche mese è suo marito. I due sono sposati civilmente. L’anno successivo Carnabuci ha ottenuto un nuovo incarico: consulente specialistico per la predisposizione del MOG (modello organizzazione di gestione) a 14mila euro trimestrali. Difficile che Giuli, dato lo stretto rapporto con Spano, non fosse a conoscenza del legame tra i due.
Oltre a questo, ci sarebbe il caso dei finanziamenti concessi da capo dell’Unar, Ufficio governativo discriminazioni razziali, a un’associazione Lgbt, nella quale si è appreso poi che fossero disponibili prestazioni sessuali a pagamento. Spano è stato assolto da tutte le accuse.
Tuttavia, le dimissioni di Francesco Spano non sarebbero dovute alle inchieste giornalistiche, bensì, più semplicemente, dalle reazioni dei “suoi” e dal pressing esercitato da Palazzo Chigi. La sua nomina ha infatti provocato forti tensioni all’interno di Fratelli d’Italia. E’ stato il Fatto Quotidiano a rivelare il contenuto delle chat del gruppo “Fratelli d’Italia Roma”, che riunisce 200 esponenti di partito, tra cui consiglieri comunali ed onorevoli. Il coordinatore del IX Municipio Fabrizio Busnengo scrive: «Buongiorno, voglio segnalare il grosso malumore nel nostro partito per la nomina del pederasta Spano da parte del ministro Giuli». Poco dopo: «Spano ha posizioni ignobili sui temi Lgbtq». Quasi istantanea la risposta del coordinatore romano di Fratelli d’Italia, Marco Perissa, vicino a giorgia ed Arianna Meloni: «Ve lo dico chiaro e tondo non sono disponibile ad accettare che questa chat venga utilizzata per dare sfogo agli umori di chicchessia arrivando a tacciare di pedofilia il primo bersaglio che si decide di avere». Busengo viene rimosso dalla chat e si dimette da coordinatore. Le tensioni non si sopiscono, anzi, a destra i malumori continuano e diversi editorialisti della stampa amica si schierano a loro volta contro la nomina: Francesco Borgonovo, Nicola Porro, Mario Giordano. Il timore è che possa generare malumori tra l’elettorato più radicale.
Francesco Spano non accetta questo clima e rassegna le dimissioni dopo appena 10 giorni dalla nomina: «Il contesto venutosi a creare, non privo di sgradevoli attacchi personali, non mi consente più di mantenere quella serenità di pensiero che è necessaria per svolgere questo ruolo così importante» scrive nella lettera al ministro. «Nell’esclusivo interesse dell’Amministrazione, pertanto, ritengo doveroso da parte mia fare un passo indietro. Ciò non mi impedisce, evidentemente, di esprimerle la mia profonda gratitudine per la stima ed il sostegno che mi ha mostrato senza esitazione».
Giuli non può che prenderne atto: «Con grande rammarico, dopo averle più volte respinte, ricevo e accolgo le dimissioni del Capo di Gabinetto, Francesco Spano. A lui va la mia convinta solidarietà per il barbarico clima di mostrificazione cui è sottoposto in queste ore. Non da ultimo, ribadisco a Francesco Spano la mia completa stima e la mia gratitudine per la specchiata professionalità tecnica e per la qualità umana dimostrate in diversi contesti, ivi compreso il ministero della Cultura».
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