Attualità
Letta e Meloni rifiutano il confronto a 4: preferiscono dibattere in due e polarizzare lo scontro
Enrico Mentana ha provato a placare la polemica in merito ai dibattiti televisivi, e ad aumentare lo share di La7, invitando i “leader dei quattro poli” ad un confronto televisivo con lui come moderatore. Declinano cortesemente l’offerta Meloni e Letta, che preferiscono un confronto a due in tv. Entrambi hanno da guadagnarci a presentarsi l’uno come alternativa dell’altra, e viceversa. Protestano Salvini, che comunque non avrebbe dovuto far parte degli invitati, e Conte.
Su una cosa Enrico Letta e Giorgia Meloni la pensano allo stesso modo: è meglio andare da soli nel salotto di Bruno Vespa, polarizzare lo scontro elettorale e trasformare il confronto in tv in una sfida a due, nella quale ognuno può presentarsi come alternativa della controparte. La polemica di questi giorni riguarda i dibattiti televisivi.
Il prossimo 22 settembre, la leader di Fratelli d’Italia e il segretario del Partito Democratico, si sfideranno in una tribunale elettorale, su Rai 1, ospiti di Bruno Vespa. I sondaggi li danno in testa rispetto agli altri schieramenti e separati solo da pochi punti. Entrambi hanno da guadagnarci a presentarsi come valida alternativa: quella del “o me o lui” (o lei, a seconda di chi pronuncia la frase) è una strategia che può far bene ad entrambi, per intercettare voti da parte degli indecisi.
Rimangono fuori dalla competizione tra i “grandi” Carlo Calenda, Matteo Salvini, Giuseppe Conte, Silvio Berlusconi e Luigi Di Maio. Otterranno interviste separate, sempre a Porta a Porta, ma non parteciperanno al dibattito proposto da Enrico Mentana. Il signore delle maratone aveva invitato «i leader dei quattro poli per un confronto finale». Meloni, Letta, Conte e Calenda dunque. Non Matteo Salvini, che comunque protesta: «Credo che gli italiani abbiano il diritto di valutare tutte le idee dei partiti, e quindi auspico un dibattito con le principali forze politiche e i loro leader».
Invito invece gentilmente declinato da Letta e Meloni che preferiscono sfidarsi da soli al confronto in tv. «Non siamo interessati ad un dibattito a quattro» il laconico commento dell’entourage del segretario dem. A motivare la scelta di FdI invece, ci pensa Ignazio La Russa: «Un confronto a due è molto chiaro, riguarda i primi partiti. Quando invece superi la soglia di due, il numero tende all’infinito. Ci dovresti mettere anche Paragone, Fratoianni, etc». Una scelta mal digerita anche da Giuseppe Conte che gioca la carta della “macchinazione” da parte della casta per escludere i 5 Stelle. Dopo aver accettato l’invito del direttore Enrico Mentana, («complimenti, lui sì che fa rispettare la par condicio anche se non lavora per la tv pubblica»), commenta: «siamo una forza politica scomoda, lo siamo sempre stati, anche quando io non c’ero… Con me il M5S continuerà a essere una forza politica scomoda. Ci sono contesti in cui diventa scomodo che partecipi anche il M5S e il suo leader. Non siamo accomodanti col sistema, non lo scopriamo oggi».
Attualità
Da gennaio scatta l’aumento delle pensioni minime: 1,8 euro in più
Quando la manovra è stata chiusa ed inviata alla Camera, diverse critiche aveva attirato l’aumento delle pensioni minime annunciato dal governo. In molti infatti avevano sorriso, considerando irrisorio un aumento di soli 3 euro. Ora che l’aumento delle pensioni minime è entrato in Gazzetta però, i sorrisi si sono appiattiti, dal momento che la cifra è perfino inferiore: 1,8 euro.
Da gennaio ogni mese il governo offrirà un caffè ai pensionati che riscuotono la minima. Non molto forse, ma è pure sempre il gesto che conta. L’incremento dell’emolumento per chi si è ritirato dal lavoro arriverà a 616,57 euro dai 614,77 euro attuali. Dunque l’aumento delle pensioni minime garantirà ai beneficiari 1,8 euro in più al mese. Lo certifica la Gazzetta ufficiale numero 278 dello scorso venerdì, laddove pubblica il decreto del ministero dell’Economia di concerto con il ministero del Lavoro firmato il 15 novembre dai ministri Giancarlo Giorgetti e Marina Calderone.
Il motivo di questa corsa al ribasso sta nella riformulazione dell’inflazione da recuperare nel 2025 sulle pensioni di Istat. 0,8% e non 1% come precedentemente ipotizzato. A questo 0,8% il governo ha applicato un’addizionale del 2,2%, per poter raggiungere il 3% totale. In questo modo è stato sventato il calo delle pensioni a 598 euro.
Per quanto riguarda le altre pensioni, la situazione non appare più rosea. Il governo ha deciso di tornare al criterio di indicizzazione del governo Prodi applicato anche dal governo Draghi, che funziona a scaglioni. Tutti gli assegni fino a quattro volte il minimo (circa 2.400 euro) avranno il 100% di rivalutazione, quindi tutta l’inflazione dello 0,8%. La parte di assegno tra 2.400 e circa 3 mila euro sarà rivalutata al 90%, pari allo 0,72% di inflazione. La porzione di pensione sopra 3 mila euro recupererà il 75% dell’inflazione, pari allo 0,6%.
Attualità
Bersani assolto dall’accusa di diffamazione a Vannacci
Il Tribunale di Ravenna ha assolto Pierluigi Bersani dall’accusa di diffamazione avanzata dal generale Roberto Vannacci. Il politico, rispondendo ai contenuti del libro “Il Mondo al Contrario” utilizzo l’epiteto «coglione», parlando del militare. Secondo i giudici si trattava di una allegoria.
Bersani non ha diffamato il generale Vannacci. Secondo il tribunale di Ravenna, che si è pronunciato sulla querela avanzata dal militare leghista, «il fatto non sussiste». La Procura, in seguito alla denuncia, aveva chiesto per Bersani una multa da 450 euro per diffamazione aggravata dal mezzo, «provata la penale responsabilità sulla base delle documentazioni audio-video». Bersani in un’intervista, riferendosi all’ipotetico bar Italia immaginato da Vannacci nel suo libro, chiese: «Ma se in quel bar lì è possibile dare dell’anormale a un omosessuale, è possibile anche dare del coglione a un generale?».
Secondo il giudice, le parole utilizzate dal politico «non possono essere qualificate come metaforiche», ma è successo che «l querelante abbia confuso la figura della metafora con quella della allegoria». Nel caso di Bersani confondere metafora con allegoria è ancor più facile.
Attualità
Marina Berlusconi nominata Cavaliere del lavoro: «lo dedico a mio padre»
Oggi a Palazzo del Quirinale si è tenuta la cerimonia di consegne delle onorificenze dell’Ordine al Merito del Lavoro ai 25 Cavalieri del Lavoro nominati dal Capo dello Stato Sergio Mattarella il 2 giugno, tra cui Marina Berlusconi.
La famiglia Berlusconi può vantare un altro cavaliere del lavoro: Marina, figlia primogenita di Silvio, ha ricevuto la prestigiosa onorificenza oggi, a Palazzo del Quirinale. Tecnicamente però, si tratta della prima della famiglia, dal momento che il padre si autosospese dalla Federazione dei cavalieri del lavoro nel 2014, in seguito alla condanna per frode fiscale. Lei però dedica il premio proprio al genitore: «Dedico questo riconoscimento a mio padre, che nel 1977 ricevette lo stesso titolo. Sono passati più di quarant’anni, ma ricordo come fosse ieri quella giornata a Roma in cui mia madre, io e mio fratello Pier Silvio lo accompagnammo alla cerimonia per questa onorificenza: ero una bambina, e quel momento resterà per sempre nel mio cuore».
«È un onore grandissimo, per il quale desidero davvero esprimere tutta la mia gratitudine al Presidente Mattarella e al Consiglio dell’Ordine al Merito del Lavoro» ha affermato la presidente del Gruppo Mondadori, Mediaset e Fininvest e neo Cavaliere Marina Berlusconi.
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