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L’ex governatore Galan, condannato per le tangenti del Mose, rivuole il vitalizio: «è un mio diritto»

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Al centro della richiesta di Giancarlo Galan c’è un assegno mensile da 1.300 euro e arretrati per 200 mila euro.

Il Mose, il sistema di dighe sottomarine progettato per difendere la Laguna dalla furia del mare, oramai è stato messo in funzione e in diverse occasioni ha dimostrato i benefici che ha apportato a Venezia. La sua costruzione però è stata lunga e faticosa e soprattutto segnata da diversi strascichi giudiziari. Uno dei protagonisti fu l’ex governatore di Regione Veneto, Giancarlo Galan, che venne condannato a 2 anni e 10 mesi di reclusione con l’accusa di corruzione. Ora l’ex governatore, che patteggiò la condanna, chiede il ripristino del vitalizio per l’attività politica svolta, decaduto in seguito alla sentenza.

Galan avanza questa richiesta nel solco di un precedente: un altro imputato nel processo Mose, l’ex assessore Renato Chisso, ha ottenuto la restituzione della pensione mensile e degli arretrati. Galan si è rivolto allo stesso legale. Proprio lui, Maurizio Paniz, fa i conti: «I calcoli sono a spanne perché ancora il conteggio deve essere fatto: Galan dovrebbe aver diritto a 2.500 euro al mese di pensione». Dalla cifra lorda bisogna scorporare imposte e un quinto del totale, come quota parte della confisca da oltre due milioni di euro decisa in patteggiamento. Il risultato sarebbero all’incirca 1.300 euro ai quali si dovrebbero aggiungere però gli arretrati, ovvero le indennità che la Regione ha versato in dieci anni al Fondo unico di giustizia, Fug, ovvero circa 300 mila euro: al netto delle imposte e sottratto il quinto per la confisca, ma aggiunte le rivalutazioni e gli interessi, la cifra si livellerebbe sui 200 mila euro. «La pensione è un diritto – ha chiarito Paniz – che spetta a tutte le persone che hanno versato i contributi, indipendentemente dai reati che compiono».

Già interrogato sull’argomento, qualche mese fa l’ex governatore rispose:  «Certo che chiederò quei soldi, sono un mio diritto».

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