Cronaca
Nuova strage di migranti al largo di Lampedusa e hotspot al collasso

Nella notte si è consumata una nuova strage di migranti nelle acque che circondano Lampedusa. Un barcone che trasportava circa 280 migranti si è rovesciato, provocando sette vittime, tutte bengalesi. Le strutture d’accoglienza dell’isola sono sature e il sindaco chiede aiuto: «facciamo il possibile, ma Italia e Europa si sono scordate dei lampedusani».
Mentre il Parlamento è alle prese con l’elezione del successore di Sergio Mattarella, prosegue il disbrigo degli affari correnti, tra cui l’aggiornamento della conta delle vittime al largo di Lampedusa, dove nella notte si è consumata una nuova strage di migranti: sette vittime, decedute prima di attraversare la porta d’Europa.
Nella notte un barcone carico di migranti si è rovesciato al largo dell’isola. Sette persone, di origine bengalese sono morte a causa dell’ipotermia. Molte altre sono riuscite a toccare terra, ma sono state ricoverate in condizioni serie. Il barcone era stato avvistato a 24 miglia dalla costa e pare che sia partito dalla Libia due o tre giorni fa. Bangladesh, Egitto, Sudan, Mali i paesi di origine dei migranti che hanno tentato la traversata.
In tutto questo l’hotspot dell’isola è al collasso ed ha superato già di molto la quota di saturazione: 645 persone ospitate, a fronte di 250 posti disponibili. Per il momento un centinaio di persone verrà ospitato sulla nave quarantena ancorata a Cala Pisana e altrettanti dovrebbero essere trasferiti a Porto Empedocle, dopodiché si valuterà che fare gli altri e come distribuirli presso altri centri.
Il sindaco Totò Martello lancia l’appello e chiede aiuto: «continuiamo a fare la nostra parte tra mille difficoltà, nonostante il governo italiano e l’Europa sembrano avere dimenticato Lampedusa ed i lampedusani. Ma non possiamo andare avanti da soli ancora per molto». Intanto la Procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta contro ignoti.
Cronaca
Sciopero di medici ed infermieri, contrario Bassetti: «non siamo tramvieri»

La frase dell’infettivologo su Radio24 ha suscitato polemiche e critiche. Nel frattempo, medici ed infermieri hanno incrociato le braccia dietro lo slogan «Salviamo il Servizio Sanitario Nazionale».
Si sono tolti il camice ed hanno incrociato le braccia i medici e gli infermieri che oggi hanno scioperato in protesta contro le politiche sanitarie del governo. Lo slogan della manifestazione indetta da Anaao Assomed e Cimo era «Salviamo il Servizio Sanitario Nazionale». Erano garantite le prestazioni d’urgenza come il 118, il pronto soccorso e gli interventi per il parto, ma moltissime visite ed operazioni chirurgiche non fondamentali sono saltate. E proprio contro questo punta il dito l’infettivologo Matteo Bassetti, secondo il quale medici ed infermieri non dovrebbero aver lo stesso diritto di sciopero delle altre categorie di lavoratori: «Credo che i medici non dovrebbero mai scioperare, non siamo metalmeccanici, tranvieri, nel nostro lavoro c’è di mezzo la vita delle persone. Che immagine diamo scioperando oggi?».
Secondo il dottore divenuto celebre durante i mesi della pandemia poi, la questione, oltre ad essere generale, è anche particolare: «Il governo in carica ha il cerino in mano. La situazione dei sanitari, medici e infermieri, non è buona, ma non è un problema di oggi ma degli ultimi 20 anni. Dove si è soltanto tolto alla sanità, dalla sinistra al centro alla destra. Trovo sbagliato oggi scioperare, visto che questo governo è arrivato da poco».
Le parole di Bassetti hanno suscitato diverse critiche sui social, sia da parte di tanti medici ed infermieri che hanno incrociato le braccia, sia da parte di tanti cittadini solidali con i professionisti in sciopero.
Lo sciopero è stato indetto per protestare contro la Legge di Bilancio che ha stanziato appena 3 miliardi al comparto. Le sigle sindacali chiedono il rinnovo dei contratti nazionali, nuove assunzioni, detassazione di parte della retribuzione, cancellazione dei tagli alle pensioni e l’individuazione di un’area contrattuale autonoma per gli infermieri.
Cronaca
Assolto per incapacità di intendere e volere l’ex giornalista Rai che ha ucciso la moglie

Il Tribunale ha imposto che trascorra 15 anni in una struttura per detenuti con problemi psichici. L’ex autore e giornalista Rai che uccise la moglie è stato dichiarato incapace di intendere e di volere ed è stato assolto. Dopo il delitto affermò di essere stato spinto dai «massoni» e di averlo fatto per liberare la donna da un «demone nella sua testa».
Quando uccise la moglie Lorella Tomei, colpendola prima con un oggetto contundente e poi strangolandola a morte, non era in grado di intendere e volere Gianluca Ciardelli, l’ex giornalista ed autore Rai assolto dall’accusa omicidio. L’uomo è affetto da un grave disturbo bipolare ed avrebbe avuto una crisi psicotica, alimentata dal fatto che aveva smesso di assumere i farmaci che gli erano stati prescritti, nel momento del delitto.
Ciardelli però non torna in libertà, ma trascorrerà 15 anni in una Rems, Residenza per detenuti con problemi psichici. L’omicidio della moglie risale al 2021 ed è avvenuto nel loro appartamento. Prima ha afferrato un pesante oggetto di ceramica ed ha colpito con quello la donna. Poi l’ha finita strangolandola. Poco dopo ha chiamato il figlio, in stato di alterazione, affermando: «Mamma non si sveglia, le è successo qualcosa». I soccorritori, inviati dal figlio preoccupato, lo hanno trovato intento a leggere un libro accanto al cadavere della donna. Farneticanti le motivazioni offerte a chi si è trovato davanti la scena: «I massoni mi hanno spinto a farlo, ero posseduto, c’era un demone nella sua testa».
Secondo il figlio, la tragedia poteva essere evitata se il servizio sanitario avesse seguito correttamente il padre, che un paio di anni prima aveva mostrato alcuni segnali di squilibrio: Nel 2019 era stato fermato mentre si lanciava in motorino tra la folla di piazza San Pietro urlando frasi sconnesse.
Cronaca
Arrestata la figlia dell’amante di Matteo Messina Denaro: spunta un video del boss sotto casa sua nel 2022

Martina Gentile, figlia di Laura Bonafede, la donna legata sentimentalmente al boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro e favoreggiatrice durante la sua lunga latitanza, è stata arrestata. Tra gli atti dell’inchiesta che ha portato la sua cattura, un video che mostra l’auto di Messina Denaro sotto casa sua nel 2022.
L’auto di Matteo Messina Denaro è stata immortalata dalle telecamere il 17 dicembre 2022 alle 10:59 sotto casa di Laura Bonafede, amante del boss, e della figlia Martina Gentile, entrambe pedinate ed intercettate dagli inquirenti. Eppure, quell’auto non insospettì nessuno. Lo si apprende oggi dopo la notizia dell’arresto della figlia dell’amante di Matteo Messina Denaro.
Martina Gentile ha avuto un ruolo chiave nella consegna di messaggi e pizzini al boss morto lo scorso settembre, ma era più di una semplice “postina”. Messina Denaro la considerava come una figlia e l’ha ricordata con grande affetto anche dopo la cattura. Parrebbe che la donna avesse imparato un codice cifrato col quale comunicare con il super latitante e con cui smistare la sua corrispondenza.
Agli atti dell’inchiesta che ha portato al suo arresto, oltre ai video dell’auto del boss, ci sono anche alcune immagini scattate dalla polizia pochi giorni prima della sua cattura. «Il livello di fiducia riposto da Messina Denaro nella giovane donna, depositaria di notizie riservate sulla latitanza, l’altissima considerazione sulle sue qualità, l’orgoglio per le convinzioni mafiose che la donna aveva anche pubblicamente manifestato, sono tutti indici che consentono di ritenere certa la conoscenza da parte della Gentile di ulteriori luoghi, persone, dinamiche attinenti alla sfera più intima e complice della latitanza di Messina Denaro» scrivono i magistrati.
La donna è stata arrestata per favoreggiamento ed è stata sottoposta agli arresti domiciliari, essendo madre di tre bambini.
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