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Attualità

Non si spengono le polemiche sulla pugile algerina Imane Khelif, Meloni: «gara non alla pari»

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Il match di Angela Carini contro Imane Khelif è durato una manciata di secondi: l’azzurra si è ritirata dopo un pugno ricevuto dall’algerina. Si è inginocchiata a bordo del ring ed è scoppiata in lacrime. «Mi ha fatto troppo male» avrebbe detto al suo staff. I media internazionali hanno smentito che la pugile fosse transgender ed i giornali algerini hanno dovuto anche diffondere le sue foto da piccola. Ma Meloni non arretra: «Non era gara alla pari, tesi estreme sono contro diritti delle donne».

Aveva promesso che si sarebbe battuta «fino alla fine», ma al primo affondo di Imane Khelif, l’azzurra Angela Carini si è ritirata dal match. Un forte colpo al naso l’ha convinta a non proseguire. «Mi ha fatto troppo male» il labiale captato dalle telecamere mentre si rivolge al suo allenatore. Appena i giudici hanno convalidato il ritiro, l’azzurra si è inginocchiata al centro del ring ed è scoppiata in lacrime. La sua avversaria esulta. «Punto all’oro» dirà poco dopo. Ma in Italia la sua vittoria è stata mal digerita e non solo perché ottenuta contro un’azzurra.

Da quando i sorteggi hanno accoppiato le due, il match di boxe femminile è diventato tema di dibattito. In rete ha cominciato a circolare la notizia secondo la quale Imane Khelif sarebbe un atleta transgender, già escluso dai mondiali per questo motivo. In realtà la pugile non è mai stato un uomo. Repubblica ha avuto accesso a diverse fonti che lo provano: documenti sportivi, i passaporti e le certificazioni algerine. Paese che, oltretutto, non ammette il cambio di sesso. Per smentire tale voce, molto imbarazzante nel Peese, i media locali hanno diffuso le foto dell’atleta da bambina. La mascolinità che l’ha portata alla ribalta in quelle foto no c’è. «Siamo sconvolti» ha detto il Comitato olimpico algerino in una dichiarazione ufficiale, «per gli attacchi immorali che Imane sta subendo: tutte menzogne, del tutto ingiuste, in un momento cruciale».

Il problema è nato quando si è appreso della sua esclusione dai mondiali dello scorso anno a Nuova Delhi, dove aveva raggiunto la finale. I test medici effettuati dall’Iba, la Federazione di boxe che non fa parte del Cio con il quale è da sempre in contrasto, «non soddisfacevano i criteri di ammissibilità richiesti per partecipare in una competizione femminile». Sono stati trovati livelli testosterone troppo alti. Imane Khelif però non è né un uomo né una dopata, ma soffre di iperandorginismo, che la porta ad avere una muscolatura più sviluppata.

Ma in tempi di patriottismo e difesa dalle teorie gender, questi dettagli sono irrilevanti per la presidente del Consiglio Meloni, che continua a polemizzare: «Io penso che atleti che hanno caratteristiche genetiche maschili non debbano essere ammessi alle gare femminili. Sono anni che cerco di spiegare che alcune tesi portate all’estremo rischiano di impattare soprattutto sui diritti delle donne. E non perché si voglia discriminare qualcuno, ma per tutelare il diritto delle atlete a poter competere ad armi pari». La Russa invece, che ieri aveva affermato «È politicamente scorretto che tifo per la donna?», ha corretto un po’ il tiro ed ha risposta in maniera più neutra: «Il pianto inconsolabile di Angela ci colpisce ma il suo ritiro le fa onore. L’aspetto in Senato per abbracciarla». Ma il messaggio più sibillino è di Letizia Moratti: «da donna a donna: grande solidarietà».

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Bersani assolto dall’accusa di diffamazione a Vannacci

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Il Tribunale di Ravenna ha assolto Pierluigi Bersani dall’accusa di diffamazione avanzata dal generale Roberto Vannacci. Il politico, rispondendo ai contenuti del libro “Il Mondo al Contrario” utilizzo l’epiteto «coglione», parlando del militare. Secondo i giudici si trattava di una allegoria.

Bersani non ha diffamato il generale Vannacci. Secondo il tribunale di Ravenna, che si è pronunciato sulla querela avanzata dal militare leghista, «il fatto non sussiste». La Procura, in seguito alla denuncia, aveva chiesto per Bersani una multa da 450 euro per diffamazione aggravata dal mezzo, «provata la penale responsabilità sulla base delle documentazioni audio-video». Bersani in un’intervista, riferendosi all’ipotetico bar Italia immaginato da Vannacci nel suo libro, chiese: «Ma se in quel bar lì è possibile dare dell’anormale a un omosessuale, è possibile anche dare del coglione a un generale?».

Secondo il giudice, le parole utilizzate dal politico «non possono essere qualificate come metaforiche», ma è successo che «l querelante abbia confuso la figura della metafora con quella della allegoria». Nel caso di Bersani confondere metafora con allegoria è ancor più facile.

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Marina Berlusconi nominata Cavaliere del lavoro: «lo dedico a mio padre»

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marina berlusconi cavaliere del lavoro

Oggi a Palazzo del Quirinale si è tenuta la cerimonia di consegne delle onorificenze dell’Ordine al Merito del Lavoro ai 25 Cavalieri del Lavoro nominati dal Capo dello Stato Sergio Mattarella il 2 giugno, tra cui Marina Berlusconi. 

La famiglia Berlusconi può vantare un altro cavaliere del lavoro: Marina, figlia primogenita di Silvio, ha ricevuto la prestigiosa onorificenza oggi, a Palazzo del Quirinale. Tecnicamente però, si tratta della prima della famiglia, dal momento che il padre si autosospese dalla Federazione dei cavalieri del lavoro nel 2014, in seguito alla condanna per frode fiscale. Lei però dedica il premio proprio al genitore: «Dedico questo riconoscimento a mio padre, che nel 1977 ricevette lo stesso titolo. Sono passati più di quarant’anni, ma ricordo come fosse ieri quella giornata a Roma in cui mia madre, io e mio fratello Pier Silvio lo accompagnammo alla cerimonia per questa onorificenza: ero una bambina, e quel momento resterà per sempre nel mio cuore».

«È un onore grandissimo, per il quale desidero davvero esprimere tutta la mia gratitudine al Presidente Mattarella e al Consiglio dell’Ordine al Merito del Lavoro» ha affermato la presidente del  Gruppo Mondadori, Mediaset e Fininvest e neo Cavaliere Marina Berlusconi.

 

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Ranucci anticipa nuove inchieste sul Ministero della Cultura: il governo suda freddo

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perquisizione della Dia nella redazione di Report e a casa dell'inviato Mondani

Sigfrido Ranucci domenica torna in onda con una nuova stagione di Report, ma le sue inchieste già fanno tremare il governo ed in particolare il Ministero della Cultura. Le anticipazioni del conduttore fanno pensare ad almeno due inchieste esplosive.

Prima ospite di Lilli Gruber a “Otto e Mezzo” sul La7, poi da Giorgio Lauro e Geppi Cucciari ad Un Giorno da Pecora su Rai Radio1, Sigfirdo Ranucci ha rilasciato alcune anticipazioni sulle inchieste della nuova stagione di Report, in onda da domenica sera, che già mettono apprensione a Palazzo Chigi e che dovrebbero avere come focus ancora una volta il Ministero della Cultura. Il conduttore non ha rivelato quali sono i suoi scoop, che dovrebbero essere almeno due, ma ha fornito una serie di indizi.

Hanno a che vedere con il Ministero, ma non con l’ex ministro che proprio a causa di una serie di inchieste giornalistiche ha dovuto lasciare il dicastero: «Sangiuliano non c’entra, anzi a Gennaro mando un saluto. È uno dei pochi che sa cosa è la dignità e si è dimesso anche ingiustamente. È una persona che in Rai può dare ancora molto». Ma allora cosa riguarda? «È un nuovo caso Boccia che potrebbe essere al maschile, non riguarda Boccia, ma come modalità di operazione è un caso simile. Ci sono documenti e chat che farebbero ipotizzare responsabilità legate ad alte cariche di Fratelli d’Italia». Quando i conduttori gli chiedono se questa inchiesta possa portare alle dimissioni dell’appena nominato ministro Giuli, il giornalista risponde sornione: «Gli consiglio di guardare Inter-Juve».

Insomma, Ranucci non si sbilancia, ma c’è già abbastanza materiale per mandare in fibrillazione il governo. Il responsabile comunicazione del governo, Giovanbattista Fazzolari, è impegnato a cercare indizi nelle chat di gruppo. Si tratta forse di informazioni provenienti da Francesco Gilioli, ex capo di gabinetto di Sangiuliano, sostituito da Francesco Spano? O sono legate prorpio al suo successore, nominato da Giuli nonostante le controversie con Pro-Vita e i media di destra? Al momento non è chiaro, ma a quanto pare i vertici Rai hanno già ricevuto richieste di chiarimenti e la pretesa di visionare il servizio prima della messa in onda. Resta da vedere se emergeranno ulteriori sviluppi prima della trasmissione di domenica.

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