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Stop del RdC: a Napoli corteo sotto all’Inps, a Palermo un sessantenne minaccia di incendiare l’ufficio del sindaco

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Lo stop al Reddito di Cittadinanza entrerà in vigore a partire da domani, ma già si sono verificate proteste, anche eclatanti. La domanda che in molti si fanno è se si tratti di episodi isolati verificatisi in concomitanza con la fine dell’erogazione dei contributi, o se invece siamo agli albori di una tensione sociale destinata a esplodere fra le fasce più fragili della popolazione.

E’ entrato nell’ufficio del sindaco di Terrasini, in provincia di Palermo, ha cosparso benzina tutto intorno ed ha minacciato di appiccare le fiamme se non avesse ricevuto sostegno. Protagonista della vicenda un uomo di 60 anni, che ha dato in escandescenze alla vigilia dello stop al Reddito di Cittadinanza. Un segretario comunale ed il presidente del consiglio comunale hanno dialogato con l’uomo finché non è tornato alla calma, lo hanno convito a desistere e la situazione di pericolo è rientrata. Come da prassi in questi casi, l’anziano è stato accompagnato in ospedale per accertamenti. Intanto a Napoli le proteste contro lo stop al Reddito di Cittadinanza si sviluppavano con toni senz’altro più lievi, ma con un coro composto da molte più voci. Una rappresentanza di percettori del Reddito di Cittadinanza, insieme ai militanti di Potere al Popolo, ha sfilato in un corteo di protesta sotto la sede generale dell’Inps partenopea.

Episodi, oppure l’inizio di una protesta destinata a diffondersi? Questa è la domanda che in molti si fanno. E se, per restare sul pezzo, il sindaco di Terrasini afferma: «I percettori che si sono visti togliere il reddito di cittadinanza vengono sollecitati a rivolgersi ai Comuni, ma è chiaro che i Comuni da soli, se non c’è uno strumento legislativo, se non c’è il governo, se non c’è un intervento della Regione, non possono essere in grado di aiutare tutte queste famiglie che hanno goduto del beneficio», Roberto Bafundi, direttore dell’Inps di Napoli assicura: «nessuno sarà lasciato solo: circa la metà di queste persone [21 mila percettori del RdC a Napoli, ndr] sono in una situazione di disagio sociale e potranno rivolgersi ai servizi sociali, e se inseriti in un progetto multidimensionale di recupero potranno avere ancora il sussidio. Gli altri dovranno andare ai centri per l’impiego e firmare il Patto di servizio personalizzato per essere avviati al lavoro».

Per agevolare gli ex percettori dello strumento a sostegno delle fasce più fragili della popolazione, potrebbero scattare fin da subito l’assegno di supporto da 350 euro mensili, per un massimo di un anno. «Un sostegno è personale, non legato al nucleo familiare — sottolinea Bafundi — quindi può ottenerlo chi partecipa a corsi di formazione accreditati, anche più persone nella stessa famiglia».

Differenti le vedute anche tra maggioranza, opposizione e sindacati. Ieri da Cervia [Comune che ospita la frazione di Milano Marittima, dove insiste uno stabilimento balneare piuttosto in voga e molto caro al ministro dei Trasporti, ndr] alla Festa della Lega Romagna Matteo Salvini ha affermato: «Chi non può lavorare continuerà a essere aiutato. Chi ha trent’anni, non ha disabili a casa, non ha problemi, non ha minori a carico può lavorare e rifiuta di andare a lavorare è giusto che non venga più mantenuto a spese dei cittadini italiani».

Elly Schlein aveva speso parole di biasimo sia per la scelta, che per le modalità con cui questa è stata comunicata agli interessati: «Sono 169 mila le famiglie che sono state avvisate che non riceveranno più un sostegno contro la povertà con un SMS, persone che hanno difficoltà a mettere insieme il pranzo con la cena. Brutale». Dello stesso avviso Giuseppe Conte: «E’ una guerra ideologica sulla pelle dei poveri, una vendetta sul Movimento, si va verso un autunno caldo e sale la rabbia. Meloni rinvii». Si accoda alle critiche per lo stop al Reddito di Cittadinanza il segretario generale della Cgil Maurizio Landini: «Non sta né in cielo né in terra in un Paese in cui si è poveri lavorando e in cui metà Paese fa fatica ad arrivare alla fine del mese».

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Marina Berlusconi nominata Cavaliere del lavoro: «lo dedico a mio padre»

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Oggi a Palazzo del Quirinale si è tenuta la cerimonia di consegne delle onorificenze dell’Ordine al Merito del Lavoro ai 25 Cavalieri del Lavoro nominati dal Capo dello Stato Sergio Mattarella il 2 giugno, tra cui Marina Berlusconi. 

La famiglia Berlusconi può vantare un altro cavaliere del lavoro: Marina, figlia primogenita di Silvio, ha ricevuto la prestigiosa onorificenza oggi, a Palazzo del Quirinale. Tecnicamente però, si tratta della prima della famiglia, dal momento che il padre si autosospese dalla Federazione dei cavalieri del lavoro nel 2014, in seguito alla condanna per frode fiscale. Lei però dedica il premio proprio al genitore: «Dedico questo riconoscimento a mio padre, che nel 1977 ricevette lo stesso titolo. Sono passati più di quarant’anni, ma ricordo come fosse ieri quella giornata a Roma in cui mia madre, io e mio fratello Pier Silvio lo accompagnammo alla cerimonia per questa onorificenza: ero una bambina, e quel momento resterà per sempre nel mio cuore».

«È un onore grandissimo, per il quale desidero davvero esprimere tutta la mia gratitudine al Presidente Mattarella e al Consiglio dell’Ordine al Merito del Lavoro» ha affermato la presidente del  Gruppo Mondadori, Mediaset e Fininvest e neo Cavaliere Marina Berlusconi.

 

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Ranucci anticipa nuove inchieste sul Ministero della Cultura: il governo suda freddo

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perquisizione della Dia nella redazione di Report e a casa dell'inviato Mondani

Sigfrido Ranucci domenica torna in onda con una nuova stagione di Report, ma le sue inchieste già fanno tremare il governo ed in particolare il Ministero della Cultura. Le anticipazioni del conduttore fanno pensare ad almeno due inchieste esplosive.

Prima ospite di Lilli Gruber a “Otto e Mezzo” sul La7, poi da Giorgio Lauro e Geppi Cucciari ad Un Giorno da Pecora su Rai Radio1, Sigfirdo Ranucci ha rilasciato alcune anticipazioni sulle inchieste della nuova stagione di Report, in onda da domenica sera, che già mettono apprensione a Palazzo Chigi e che dovrebbero avere come focus ancora una volta il Ministero della Cultura. Il conduttore non ha rivelato quali sono i suoi scoop, che dovrebbero essere almeno due, ma ha fornito una serie di indizi.

Hanno a che vedere con il Ministero, ma non con l’ex ministro che proprio a causa di una serie di inchieste giornalistiche ha dovuto lasciare il dicastero: «Sangiuliano non c’entra, anzi a Gennaro mando un saluto. È uno dei pochi che sa cosa è la dignità e si è dimesso anche ingiustamente. È una persona che in Rai può dare ancora molto». Ma allora cosa riguarda? «È un nuovo caso Boccia che potrebbe essere al maschile, non riguarda Boccia, ma come modalità di operazione è un caso simile. Ci sono documenti e chat che farebbero ipotizzare responsabilità legate ad alte cariche di Fratelli d’Italia». Quando i conduttori gli chiedono se questa inchiesta possa portare alle dimissioni dell’appena nominato ministro Giuli, il giornalista risponde sornione: «Gli consiglio di guardare Inter-Juve».

Insomma, Ranucci non si sbilancia, ma c’è già abbastanza materiale per mandare in fibrillazione il governo. Il responsabile comunicazione del governo, Giovanbattista Fazzolari, è impegnato a cercare indizi nelle chat di gruppo. Si tratta forse di informazioni provenienti da Francesco Gilioli, ex capo di gabinetto di Sangiuliano, sostituito da Francesco Spano? O sono legate prorpio al suo successore, nominato da Giuli nonostante le controversie con Pro-Vita e i media di destra? Al momento non è chiaro, ma a quanto pare i vertici Rai hanno già ricevuto richieste di chiarimenti e la pretesa di visionare il servizio prima della messa in onda. Resta da vedere se emergeranno ulteriori sviluppi prima della trasmissione di domenica.

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L’ombra dei licenziamenti su Stellantis, Tavares: «non scarto nulla»

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Durante un’intervista al Salone dell’Auto di Parigi, l’amministratore delegato del colosso automobilistico italo-francese non ha escluso la possibilità di licenziamenti negli stabilimenti Stellantis.

«Non scarto nulla». Un non detto ai microfoni di Radio Rtl  che rischia di valere più di mille parole. L’ammissione, o meglio la mancata smentita, da parte di Carlos Tavares, il portoghese amministratore delegato del gruppo italo-francese Stellantis, getta in angoscia centinaia di lavoratori, che temono sempre più per il proprio posto di lavoro. «La salute finanziaria di Stellanti non passa unicamente dalla soppressione di posti di lavoro, ma anche da tante altre cose: immaginazione, intelligenza, innovazione. Che è quello che stiamo facendo» ha aggiunto Tavares, che ha affermato che i licenziamenti in Stellantis non sono «al centro della nostra riflessione strategica».

Parole che arrivano dopo l’audizione in Parlamento di fronte alle commissioni Attività produttive della Camera e Industria del Senato della settimana scorsa. In quell’occasione venne chiesto all’ad di illustrare i piani per il futuro del gruppo in Italia e di motivare per quale motivo i livelli di produzione fossero minori rispetto a quelli di altri Paesi nei quali il gruppo è attivo. Stellantis controlla 14 marchi automobilistici ed ha siti produttivi in 29 Paesi.

Le ipotesi di chiusure e licenziamenti hanno cominciato a ventilare con maggiore intensità nei giorni scorsi, in seguito ad un’altra intervista rilasciata dal portoghese, questa volta a Les Echos: «Se i cinesi prendono il 10% delle quote di mercato in Europa al termine della loro offensiva, questo vuol dire che peseranno per 1,5 milioni di auto. Questo rappresenta sette fabbriche di assemblaggio. I costruttori europei dovranno allora sia chiudere, sia trasferirle ai cinesi». E aveva aggiunto: «Chiudere le frontiere ai prodotti cinesi è una trappola: aggireranno le barriere investendo in stabilimenti in Europa. Stabilimenti che verranno in parte finanziati da sovvenzioni statali, nei Paesi a basso costo».

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