Politica
Le Elezioni vanno al centrodestra: trionfo Fdi, tracollo di Lega e Pd, M5S terzo polo
Giorgia Meloni è l’indiscussa vincitrice delle Elezioni Politiche 2022 ed ottiene un risultato straordinario: più del 26% dei consensi. Nel 2018 prese il 4,35%. Salvini e Berlusconi quasi appaiati sopra l’8%. Il M5S ha perso più di metà dei voti rispetto alle scorse elezioni, ma ha mantenuto il15%. Male il centrosinistra con il Pd ancora sotto al 20%, che oltretutto disperde i voti di +Europa e Impegno Civico. Azione di Calenda raggiunge il 7%. Sotto la soglia di sbarramento le altre liste. Non siederanno più in Parlamento, tra gli altri, Di Maio, Bonino, Lupi, Toti e Cesa.
I sondaggi delle settimane scorse avevano delineato tendenze che il risultato delle elezioni ha confermato: centrodestra in vantaggio, Meloni sopra a Salvini, centrosinistra che paga lo scotto della mancata intesa con Azione. Ma non si può dire che sono mancate le sorprese. Salvini scende sotto al 9%, tallonato da un redivivo Berlusconi, nonostante Forza Italia abbia lasciato sul campo 6 punti percentuali. Il centrosinistra, nonostante gli appelli al voto utile e il tentativo di polarizzare le elezioni in una a corsa a due, sapeva di non poter competere per la maggioranza dei voti, ma non si aspettava un tracollo così clamoroso. Il Pd rimane sotto al 20% e disperde i voti +Europa e Impegno Civico, che non superano la soglia di sbarramento. Tutto sommato sta bene il risultato al Movimento 5 Stelle, che regge nonostante abbia più che dimezzato i voti rispetto alle scorse elezioni. Azione infine, riesce a ritagliarsi una sua nicchia e si può porre come interlocutore sia a destra che a sinistra.
Mentre gli scrutini si avviano verso la conclusione, i giochi sembrano fatti. Il centrodestra si attesta intorno al 44% dei consensi. La locomotiva è Fratelli d’Italia che registra un exploit: 26,16%, da sola eguaglia i voti dell’intera coalizione di centrosinistra. Nel 2018 il partito di Meloni, Crosetto e La Russa si era fermato al 4,35%. Dietro, il vuoto. La Lega sprofonda sotto al 9%. Il 17,35% del 2018 è un ricordo sbiadito. Subito alle spalle del partito che, almeno in questo momento, è guidato da Salvini, Forza Italia che si attesta intorno all’8%. Anche se continua a perdere voti per il partito di Berlusconi, tutto sommato, non si tratta di un brutto risultato. Non passa la soglia di sbarramento Noi Moderati, la formazione centrista di Lupi Toti e Cesa.
A sinistra è una debacle. La coalizione si attesta poco oltre il 26%, ma parte di questi voti verrà disperso Il Partito Democratico guadagna qualche voto in più rispetto al 2019, ma non arriva al 20% e si ferma intorno al 19. Bene l’Alleanza Verdi e Sinistra che supera il 3%. Male invece +Europa, poco sopra al 2,5% e Impegno Civico, che non raggiunge l’1%.
La corsa per la terza piazza del podio la vince il Movimento 5 Stelle, che non ha compiuto la rimonta che sognava, ma ha rosicchiato qualcosa a sinistra e si conferma il vero terzo polo di questa tornata elettorale. Si ferma intorno al 15%, che non è un brutto risultato, ma di sicuro lontano dal 32,68% delle Politiche del 2018. Azione infine si attesta al 7%.
Sotto, da ItalExit ad Unione Popolare, passando per Italia Sovrana e Popolare e via via tutti gli altri, nessuna formazione raggiunge la soglia di sbarramento.
E’ ancora presto per trarre conclusioni e sapere cosa accadrà ora all’interno dei partiti, ma i maligni dicono che Bonaccini sta già preparando le valigie e si appresta a lasciare l’Emilia Romagna per raggiungere il Nazareno. Anche in casa Lega la situazione non è idilliaca e serpeggiano voci secondo le quali i grandi elettori del nord sono pronti ad infilzare Matteo Salvini.
In mattinata sono attese le dichiarazioni dei protagonisti. Salvini subito dopo le prime proiezioni, che lo davano ancora sopra al 10%, ha esultato, chissà perché, su Twitter. Dopo, nessun cinguettio più. Dovrebbe parlare alle 11, mentre Letta alle 11:30 e Calenda alle 12.
Le Elezioni Politiche 2022 dunque hanno provocato come risultato il riassestamento delle forze politiche in parlamento, che però non stravolge il quadro generale. Il Movimento 5 Stelle ha perso più di metà dei propri voti e da prima forza parlamentare passa a terza. I suoi voti però non sono andati al centrosinistra, che guadagna qualcosina rispetto al 2018, quando si fermò al 22,86%, ma rimane di molto staccata. L’impressione è che l’elettorato che non ha rinnovato la propria fiducia ai pentastellati si sia diviso un po’ a destra e un po’ al centro. Nel centrodestra invece cambiano equilibri, proporzioni e rapporti di forza. Fratelli d’Italia è l’indiscussa vincitrice e da sola colleziona i voti del centrosinistra e supera di molto i consensi dei propri alleati messi insieme. Si è dunque assistito ad una sorta di travaso delle preferenze: chi nel 2018 rimase affascinato da Salvini, oggi sembra invaghito dalla Meloni. Un buon risultato infine quello di Calenda e Renzi, che possono porsi come ago della bilancia nel prossimo Parlamento. Adesso la palla passa al Presidente della Repubblica e alla concitata fase delle consultazioni. Le Elezioni sono terminate, si apre la partita per formare il prossimo governo.
Politica
L’audizione di Alessandro Giuli alla Camera: parlamentari confusi e frastornati
Alessandro Giuli, ministro della Cultura subentrato in seguito alle dimissioni di Gennaro Sangiuliano, ha esposto le linee guida del suo dicastero in audizione alla Camera, lasciando confusi senatori e deputati per via della complessità del suo intervento. E non manca una citazione errata.
Gennaro Sangiuliano ha lasciato un grande vuoto al Ministero della Cultura e nei taccuini dei giornalisti, ma il suo successore, Alessandro Giuli, promette bene. Oggi, convocato in audizione alla Camera, ha lasciato sbigottiti i parlamentari presenti, con un discorso quantomeno astruso. I cronisti presenti parlano di senatori e deputati che la sciano l’Aula con l’aria perplessa e frastornata.
Lo stesso Giuli, in avvio, aveva avvisato che si sarebbe trattato di una lectio «un po’ teoretica». Ma a molti è parsa prematurata, un po’ come se fosse antani. «La conoscenza è il proprio tempo appreso con il pensiero» inizia Giulidando sfoggio della laurea in filosofia conseguita la settimana scorsa. La frase è infatti una parafrasi, secondo i maligni una citazione sbagliata, di Hegel: «La filosofia è il proprio tempo appreso con il pensiero».
Ma è dopo che arriva il bello: «Chi si appresta a immaginare un orientamento per l’azione culturale e nazionale non può che muovere dal prendere le misure di un mondo entrato nella dimensione compiuta della tecnica e delle sue accelerazioni. Il movimento delle cose è così vorticoso e improvviso, così radicale nelle sue implicazioni e applicazioni che persino il sistema dei processi cognitivi delle persone, non solo delle ultime generazioni, ha cominciato a mutare con esso».
Giuli prosegue senza sosta e senza pietà: «Di fronte a questo cambiamento di paradigma, la quarta rivoluzione epocale della storia delineante un’ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale, il rischio che si corre è duplice e speculare. L’entusiasmo passivo, che rimuove i pericoli della ipertecnologizzazione, e per converso l’apocalittismo difensivo che rimpiange un’immagine del mondo trascorsa, impugnando un’ideologia della crisi che si percepisce come processo alla tecnica e al futuro intese come una minaccia».
E poi il dilemma: «Siamo dunque precipitati nell’epoca delle passioni tristi?». Deputati e senatori restano in silenzio, attoniti. Forse avevano portato Manzoni. «No» tuona Giuli, mentre qualcuno, frastornato, annuisce. «Fare cultura è pensare sempre da capo e riaffermare continuamente la dignità, la centralità dell’uomo, ricordare la lezione di umanismo integrale che la civiltà del rinascimento ha reso universale. Non l’algoritmo, ma l’umano, la sua coscienza, la sua intelligenza e cultura immagina, plasma e informa il mondo. In questa prospettiva è un’illusione ottica pensare a una distinzione di categoria o, peggio, a una contrapposizione tra le culture scientifiche e umanistiche. Come in una disputa tra un fronte culturale progressista e uno conservatore. Dialettica errata. Si tratta di pensare: Pitagora, Dante, Petrarca, Botticelli, Verdi, insieme con Leonardo da Vinci e Galilei, Torricelli, Volta, Fermi, Meucci e Marconi, e al di là della declamazione dei grandi nomi della cultura umanistica e scientifica italiana, è necessario rifarsi a questa concezione circolare e integrale del pensiero e della vita che costruisce lo specifico della cultura».
Cronaca
Rete ferroviaria in tilt, ma Salvini pensa alla Festa dei Nonni: polemiche
Il ministro dei Trasporti travolto dalle polemiche per la gestione dell’emergenza che ha paralizzato la circolazione su rotaia e per le relative comunicazioni: mentre i pendolari del Paese rimanevano fermi ai binari e Trenitalia consigliava di «riprogrammare i viaggi», Salvini dedicava un post alla Festa dei Nonni.
Le opposizioni hanno già chiesto le dimissioni del ministro dei Trasporti. Oggi, mercoledì 2 ottobre, la circolazione ferroviaria ha subito gravissimi disagi, con oltre un centinaio di treni cancellati e numerosi ritardi, a causa di un guasto elettrico nel nodo di Roma. Il problema ha paralizzato le stazioni Tiburtina e Termini, provocando ripercussioni sull’intera rete nazionale. I disagi hanno scatenato un’ondata di critiche verso Salvini, anche per il fatto che il ministro non ha affrontato immediatamente la questione, preferendo dedicare un pensiero alle celebrazioni della Festa dei No
Un guasto al quale non si è potuto rimediare in breve tempo. Trenitalia si è limitata a consigliare ai viaggiatori di «riprogrammare i viaggi». E da più parti è stato invocato un intervento del ministro dei Trasporti, che però a lungo è rimasto in silenzio. Alla fine, durante un intervento in videocollegamento al 68° congresso degli ingegneri di Siena, il leghista ha pronunciato qualche parola sul disservizio: «Siamo al lavoro per risolverlo il prima possibile. C’è stato un problema elettronico in una centralina questa notte, a Roma. Evidentemente qualcuno non è riuscito a intervenire in tempo». Nello stesso intervento ha trovato il tempo di difendere l’ordine degli ingegneri, ma non quello dei giornalisti, che, anzi, vorrebbe sopprimere.
Tuttavia, non ci sono soltanto ingegneria, edilizia ed un piccolo accenno ai trasporti nei pensieri dell’eclettico Salvini, ma anche la Festa dei Nonni. Sui propri profili social infatti, mentre la crisi dei treni era in corso, il ministro ha pubblicato un lungo e sentito post sulla celebrazione. Riportiamo solo la chiusa: «Se potete, chiamateli e fate sentire il vostro affetto, perché i nonni sono la vita. Buona festa a tutti i nonni». Segue l’emoji del cuore. Al post invece è seguita un’ondata di critiche.
In mattinata Salvini avrebbe dovuto presenziare alla presentazione del brand dei treni regionali di Ferrovie dello Stato. Né lui né l’amministratore delegato Stefano Donnarumma si sono presentati. Il ministro però era presente nel pomeriggio al question time della Camera, dove è stato inevitabilmente incalzato sui disagi alla rete ferroviaria. «Ho chiesto che emergano le responsabilità e chi ha sulla coscienza i disagi creati oggi a migliaia di persone ne dovrà rispondere. A quanto mi risulta, i tecnici mi dicono esserci stato un errore stanotte di un’impresa privata che ha piantato un chiodo su un cavo e poi diciamo che il tempo di reazione di fronte a questo errore, e conto che il privato ne risponderà, non è stato all’altezza di quello che la seconda potenza industriale d’Europa deve avere» ha affermato Salvini. E ancora: «Ci stanno lavorando gli ingegneri perché non è possibile investire miliardi di euro per comprare nuove carrozze, i nuovi treni pendolari, gli Intercity, l’alta velocità, la Tav, il Brennero e tutto il resto, e se uno alle tre di notte a Roma pianta il chiodo nel posto sbagliato poi tu rovini la giornata di lavoro a a migliaia di persone».
Infine il ministro rassicura: «ho chiesto nomi, cognomi, indirizzi e codici fiscali di quelli che non hanno fatto il loro lavoro, quando ci sarà questa conclusione lo saprò e lo saprete. Ho chiesto una verifica delle centraline di alimentazione in tutta Italia, perché a questo punto non è possibile che un errore di un privato possa fermare mezza Italia».
Politica
Giovanni Toti patteggia: 2 anni sostituiti da lavori socialmente utili
L’ex presidente di Regione Liguria Giovanni Toti ha trovato l’accordo con la procura per patteggiare la condanna, due anni e un mese, e sostituirla con lavori socialmente utili per 1.500 ore.
«Amarezza e sollievo». Commenta così l’ex governatore ligure, seguito all’accordo trovato con la Procura: Toti, accusato di corruzione, patteggia una condanna a due anni e un mese, sostituita con lavori socialmente utili per 1.500 ore. Per tutta la durata della pena l’ex presidente della Giunta Regionale è interdetto dai pubblici uffici e non potrà contrattare con le pubbliche amministrazioni. Ha anche subito una confisca da oltre 84 mila euro.
«Come tutte le transazioni suscitano sentimenti opposti: da un lato l’amarezza di non perseguire fino in fondo le nostre ragioni di innocenza, dall’altro il sollievo di vederne riconoscere una buona parte», ha commentato Toti.
La procura, secondo l’avvocato Stefano Savi, ha riconosciuto che l’ex governatore «non ha mai usufruito personalmente delle somme raccolte dal suo comitato politico, utilizzate solo per le attività politiche. Si riconosce anche che gli atti prodotti dalla pubblica amministrazione fossero totalmente legittimi, così come i versamenti sotto forma di contributi all’attività politica. Cadono quindi le accuse di corruzione e le altre ipotesi di reato con l’esclusione della cosiddetta “corruzione impropria” – che rimane – ovvero per atti legittimi degli uffici». E conclude: «Al termine di oltre tre anni di indagini, continue intercettazioni, pedinamenti, filmati e quasi tre mesi di detenzione domiciliare, l’accordo prevede una sanzione di circa 1.500 ore di lavori di pubblica utilità e la restituzione da parte del Comitato Toti delle somme direttamente contestate».
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