Attualità
Rudy Guede: «avevo le mani insanguinate perché ho cercato di salvare Meredith, Amanda sa la verità»

La scarcerazione di Rudy Guede, l’unico condannato per l’omicidio di Meredith Kercher, riaccende inevitabilmente i riflettori sul delitto di Perugia. In un’intervista al Sun ha lanciato affermazioni pesanti, ribadendo la sua innocenza e tirando ancora una volta in ballo Amanda Knox.
Dopo aver scontato una pena di 13 anni di galera, quasi tutti nel carcere di Viterbo, è stato scarcerato anticipatamente ed è tornato in liberta per fine pena Rudy Guede, l’unico condannato per il delitto di Perugia. L’ivoriano da sempre sostiene la sua innocenza ed aveva anche chiesto, non ottenendola, la revisione del processo che lo ha condannato a 16 anni di reclusione con rito abbreviato, per concorso in omicidio. Assolti gli altri imputati, l’ex coinquilina della vittima Amanda Knox e l’allora fidanzato Raffaele Sollecito.
Guede però sostiene da sempre che il suo unico ruolo nella vicenda, è stata quello di cercare di aiutare Meredith. Ha rilasciato un’intervista al Sun in cui lancia affermazioni pesanti: « La prima cosa che voglio dire – ha affermato – è rivolta alla famiglia Kercher, su quanto sia dispiaciuto per la loro perdita. Ho scritto loro una lettera per spiegare quanto sia dispiaciuto, ma è troppo tardi per chiedere scusa di non aver fatto abbastanza per salvare Meredith. Avevo le mani insanguinate perché ho cercato di salvarla, non di ucciderla» si legge nelle pagine del tabloid.
L’intervista poi prosegue con la ricostruzione della vicenda, attraverso le carte processuali: «il tribunale ha accettato il fatto che ho cercato di salvarla tamponando le ferite con degli asciugamani. Il tribunale mi ha condannato per complicità nell’omicidio perché c’era lì il mio Dna, ma i documenti dicono che vi erano altre persone e che non sono stato io a infliggere le ferite fatali». Quando il giornalista gli chiede esplicitamente se si riferisce ad Amanda Knox, Guede risponde: « voglio dire solo che lei dovrebbe leggere i documenti. Come ho già detto, affermano che c’erano altri e che non ho inflitto io le ferite. Io so la verità e anche lei la sa».
Parole che trovano l’immediata e rabbiosa replica del marito della Knox, Christopher Robinson, che si scaglia contro lo stesso giornale che ha pubblicato l’o9ntervista: «dare una piattaforma e amplificare le bugie di Rudy Guede, che senza dubbio ha ucciso Meredith Kercher, è crudele per Amanda e per la famiglia Kercher. Tutto per pochi clic. Vergogna».
Attualità
In tre in sella senza casco: polemiche sul cantante Ultimo

Il video che mostra tre persone in motorino senza casco, tra le quali il cantante Ultimo, sfrecciare per le vie di Napoli ha suscitato diverse critiche e in molti chiedo al cantante di chiedere scusa pubblicamente per l’esempio sbagliato che ha fornito.
Le immagini che mostrano tre persone, tra le quali il cantante Ultimo, in sella ad un motorino mentre sfrecciano senza casco per le vie di Napoli, hanno suscitato critiche e polemiche. Non si tratta di un video rubato da qualche paparazzo, ma di un filmato pubblicato su TikTok.Il cantante, guardando in macchina sorridente, fa perfino un gesto di saluto.
Il video è subito diventato virale e contemporaneamente sono montate le critiche di chi crede che si tratti di un pessimo messaggio fornito ai più giovani da parte di un volto noto. L’episodio è diventato perfino un caso politico in seguito al post del deputato napoletano Francesco Emlio Borrelli, Alleanza Verdi-Sinistra: «Ci hanno segnalato un video pubblicato su TikTok che immortala il cantante Ultimo in giro per i Quartieri Spagnoli di Napoli su uno scooter con altre due persone. Nessuno, compreso l’artista, indossa il casco. Una cosa inaccettabile da un personaggio pubblico seguito da tanti giovani. A meno che non ci dica che si tratta di un suo ‘sosia’, chieda scusa pubblicamente al più presto».
Attualità
Che cos’è la chiazza verde fosforescente nelle acque di Venezia?

Si tratterebbe di un liquido tracciante usato in idraulica per verificare eventuali perdite nei tubi e negli scarichi, innocuo per la salute umana. Nessuna sigla ambientalista ha rivendicato il gesto, pertanto si pensa ad uno scherzo o ad un errore umano durante una riparazione.
Suggestive ed inquietanti al contempo, le foto dell’acqua del Canal Grande di Venezia tinta di verde fosforescente hanno fatto il giro del mondo ed hanno alimentato diverse teorie, alcune anche strampalate. Ora invece si sarebbe capito che cosa ha colorato le acque dei canali veneziani: la fluoresceina, un colorante usato come tracciante durante i lavori idraulici, per rilevare perdite nei tubi e negli scarichi. La fluoresceina è innocua per l’uomo, si può reperire tranquillamente e bastano pochi millilitri per colorare diversi litri d’acqua.

Si è pensato che potesse essere una protesta ambientalista sull’esempio di quelle avvenute nei mesi scorsi, nelle quali sono stati imbrattati fontane e palazzi, ma nessuno ha rivendicato il gesto. La mancata rivendicazione porta ed escludere dunque la pista ambientalista e a concentrarsi maggiormente verso la goliardia di qualche bontempone, oppure verso un erroneo sversamento del colorante durante qualche lavoro.
Tra coloro che pensano che l’acqua di Venezia si diventata verde fosforescente in seguito ad una qualche protesta ambientalista, Luca Zaia, presidente di Regione Veneto, che commentando la chiazza allargatasi fino a San Marco aveva paventato il rischio emulazione da «personaggi in cerca di clamore».
Secondo gli esperti, bastano un paio di grammi di fluoresceina per colorare 200 litri d’acqua. In genere il suo effetto dura un paio d’ore, ma per sciogliersi completamente nelle acque dei canali veneziani servirà qualche giorno.
Attualità
Il questionario di una scuola di Roma: «Di che razza è il vostro bambino?»

Un questionario sottoposto ai genitori degli alunni di una scuola elementare di Roma finisce nel mirino delle critiche per via di una domanda contente un riferimento alla razza del bambino.
Il questionario fatto girare tra i genitori degli alunni dell’Ics Borsi-Saffi del quartiere capitolino di San Lorenzo è uno strumento utilizzato per individuare eventuali disturbi dell’apprendimento dei bambini. Tra le informazioni richieste ai genitori, oltre ai dati anagrafici e quelle sul nucleo famigliare, una domanda del questionario però ha fatto scalpore: quella che chiedeva di indicare «gruppo etnico o razza del bambino» ai genitori degli alunni della scuola di Roma.
Giuseppe Romano, psicoterapeuta del Centro clinico Marco Aurelio, che ha offerto a titolo gratuito il servizio di individuazione dei Dsa all’istituto, ha spiegato che si tratta di un vecchio modello standard ancora in uso, privo di alcun intento discriminatorio. In merito alla mancata correzione al riferimento alla «razza», lo psicologo ha ammesso che semplicemente nessuno ci ha pensato e che si è trattato di un’ingenuità.
Ma il caso è andato montando, anche a livello politico. Sette deputati del Pd eletti nel Lazio, tra cui Orfini e Zingaretti, hanno annunciato che sulla questione presenteranno un’interrogazione parlamentare al ministro Valditara. I dem, che hanno definito «inaccettabile» l’episodio, vogliono evitare che in futuro possano ripetersi certi malintesi e non hanno ritenuto sufficientemente esaurienti le spiegazioni fornite dal centro clinico.
Nel frattempo, dopo le obiezioni di alcuni genitori e nonni che hanno sollevato la questione, il modulo è stato moficato e non vi è più un riferimento alla razza, bensì alla nazionalità del bambino.
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