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Sanzioni alla Siria, appello della comunità araba dopo il terremoto: «vanno sospese, bloccano gli aiuti umanitari»

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Da più parti all’interno della comunità araba internazionale, si levano appelli affinché gli Stati occidentali sospendano le sanzioni alla Siria dopo il tremendo terremoto che l’ha colpita, per permettere l’arrivo di soccorsi e aiuti umanitari.

Mentre si attivano a livello internazionale i meccanismi di cooperazione e solidarietà, il mondo arabo si è unito intorno alla tragedia che si è abbattuta in queste ore su Siria e Turchia. Diversi capi di stato in Medio Oriente hanno inviato aiuti umanitari ai due Paesi colpiti e da più parte si sono levati appelli affinché vengano revocate le sanzioni alla Siria, per permettere l’arrivo dei soccorsi umanitari dopo il devastante terremoto che l’ha colpita.

Nel Discorso sullo Stato dell’Unione il Presidente degli Sati Uniti Joe Biden non ha espresso né condoglianze né vicinanza alla Siria, anzi, ha nominato solamente la Turchia. Ma la comunità araba a livello internazionale adesso spinge affinché vengano revocate l sanzioni alla Siria, che di fatto impediscono l’0accesso di soccorsi ed aiuti umanitari.

L’appello rilasciato in una dichiarazione della “Campagna Araba” recita: «Alle persone onorevoli della nostra nazione e alle persone libere del mondo: la Siria ha oggi un disperato bisogno di revocare l’ingiusto blocco occidentale contro di essa in modo che i soccorsi possano raggiungerla, oltre alla necessità di liberare la sua ricchezza naturale di petrolio e grano bloccata dagli americani e dai loro alleati, soprattutto dopo questa crisi». La Campagna inoltre sostiene : «Il popolo siriano sta soffrendo molto per la difficile situazione economica e i disastri naturali a causa dei devastanti terremoti e del freddo rigido, oltre a una grave carenza di carburante».

Si deve perciò essere generosi nel tendere una mano, sia essa araba o non araba. L’ex deputato libanese Emile Lahoud ha chiesto la revoca delle misure coercitive imposte unilateralmente alla Siria, per far fronte alle ripercussioni del terremoto, esprimendo di conseguenza cordoglio al popolo siriano.

In un contesto correlato, Ahmed Hussein, leader nasserista e membro del Segretariato Generale della Conferenza Nazionale Araba in Egitto, ha chiesto di togliere l’assedio alla Siria per far fronte alle ripercussioni del terremoto. In una dichiarazione al corrispondente della SANA al Cairo, egli ha anche chiesto di fornire assistenza alla Siria, attraverso un ponte aereo, terrestre e marittimo, da tutte le capitali arabe a seguito del terremoto, sottolineando che ora non è il momento per le polemiche politiche.

In una dichiarazione simile, Muhammad Ismail, direttore dell’Arab National Youth Camp, ha espresso solidarietà alla Siria a seguito del terremoto e ha offerto sincere condoglianze e solidarietà alle famiglie delle vittime, considerando che la Siria, che aveva tenuto duro per più di un decennio, avrebbe affrontato il calvario nonostante tutte le sfide e le difficoltà. Una tragedia immane svela solo l’ipocrisia occidentale, ma si è ancora in tempo per dimostrare Pietas e l’Humanitas , quel corpo di valori e principi che gli antenati romani hanno lasciato in eredità.

Chiara Cavalieri

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Incriminato Donald Trump: «sono un perseguitato»

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perquisita la residenza Donald Trump in Florida

E’ la prima volta che un ex presidente degli Stati Uniti d’America viene incriminato come Donald Trump. Secondo le accuse avrebbe usato i soldi della campagna elettorale per pagare il silenzio di una pornostar con la quale aveva avuto una relazione. Martedì dovrebbe presentarsi in Tribunale. Timori per una nuova “Capitol Hill”.

La notizia era attesa da giorni. Il Grand Giury di New York e ha infine incriminato Donald Trump per la vicenda legato al pagamento di Stormy Daniels, la pornostar con cui ebbe una relazione dopo il matrimonio con Melania. L’ex presidente statunitense Trump, il primo ad essere incriminato, si è sempre mosso per trasformare la sua vicenda giudiziaria in uno show mediatico ed è già passato al contrattacco: «Sono un perseguitato,» ha commentato. Il tycoon sostiene che si tratti di una macchinazione per impedirgli una nuova scalata alla Casa Bianca e si è spinto perfino a ipotizzare che ci possa essere Joe Biden dietro a tutto questo.

Martedì dovrebbe comparire in Tribunale per l’incriminazione formale, dopodiché dovrebbe essere rimesso in libertà su cauzione. Al momento non si sono verificate grosse reazioni alla notizia, ma si teme che nel giorno in cui comparirà in aula, possano verificarsi nuovi scontri, simili a quelli avvenuti in occasione dell’assalto di Capitol Hill.

Secondo le accuse Trump avrebbe pagato, ai tempi della sua prima candidatura, la pornostar Stormy Daniels per tacere sulla loro relazione, successiva la matrimonio con Melania. La notizia avrebbe ovviamente avuto un impatto negativo sulla sua campagna elettorale. Di per sé quanto fatto da Trump non è illegale, ma secondo l’accusa avrebbe pagato l’attrice hard in nero ed usando i fondi per la campagna elettorale.

La vicenda risale a 7 anni fa, un’eternità per la Giustizia Americana. In mezzo i quattro anni da Potus, presidente degli Stati Uniti, e la pandemia hanno dilatato i tempi di una vicenda che martedì potrebbe inaugurare un nuovo, drammatico, capitolo.

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Mostra foto del David agli studenti, preside costretta a dimettersi: «è pornografia»

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david-michelangelo-insegnante-costretta-a-dimettersi-è-pornografia

La preside di un istituto californiano è stata costretta a rassegnare le dimissioni dopo le proteste dei genitori degli studenti, ai quali ha mostrato, durante una lezione di Storia dell’Arte, una foto del David di Michelangelo, giudicata «pornografia».

Ma non è che la “cancel culture” ci sta sfuggendo di mano? O forse stiamo solo impazzendo tutti. O almeno, è quello a cui si sarebbe portati a pensare valutando una storia che arriva dalla California, dove una preside di una scuola media è stata costretta a rassegnare le dimissioni per placare uno scandalo: ha mostrato foto pornografiche ai suoi studenti minorenni. Fino a qui sarebbe tutto comprensibili, anzi appare quasi fin troppo blanda la contromisura nei confronti della docente pervertita, se non fosse che la pornografia in questione era una foto del David di Michelangelo.

Il David è una delle opere più mirabili dello scibile umano, massima espressione della scultura e simbolo della perfezione dei canoni estetici. Ma il buon vecchio David ha una colpa: beffardo, mostra le pudenda.

E su questa sua ben visibile inclinazione all’esibizionismo, più che sulla squisitezza dei dettagli impressi nel marmo e nella storia, si sono soffermati i genitori degli alunni dell’istituto, che hanno chiesto, e ottenuto, le dimissioni della preside. Ma tra le opere di quello sporcaccione di Michelangelo, non c’è solo il David nel mirino dei genitori anti pornografia. Anche la Creazione di Adamo avrebbe suscitato malcontento, mentre la Venere di Botticelli ha generato scandalo.

Insomma, la California in questo episodio è apparsa veramente distante dal Rinascimento Fiorentino.

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L’Ungheria di Orbán: «noi non arresteremmo Putin»

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L’ennesimo distinguo dell’Ungheria di Orbán rispetto alla linea dei Paesi Ue in tema di guerra in Ucraina, che ha dichiarato che non darebbe seguito all’arresto Putin disposto dalla corte internazionale, costituisce una frattura sul piano del diritto internazionale. L’Aia insiste: «Ungheria ha ratificato trattato, ha obbligo di cooperare».

In tema di sanzioni alla Russia, o quantomeno di condanne verso l’invasione d’Ucraina, l’Ungheria si è dimostrato il Paese più tiepido, tra i partner europei. Anche prima dell’inizio della “operazione speciale” spesso la linea di Budapest viaggiava parallelamente a quella di Bruxelles, senza incontrala mai. Ma la dichiarazione del capo di gabinetto di Orbán, Gergely Gulyás, rappresentano una vera e propria frattura sul piano internazionale. L’Ungheria infatti, in base a quanto dichiarato, non darebbe seguito al mandato d’arresto nei confronti di Putin spiccato dal Tribunale Internazionale, qualora il presidente russo mettesse piede in terra ungherese.

Al di là della divergenza di opinioni, questa posizione rappresenterebbe una trasgressione ai doveri a cui sarebbe sottoposta l’Ungheria, che ha ratificato l’ingresso nella Corte Penale internazionale. E’ sempre Gulyás a spiegare che il trattato però non vincolante per Budapest dal momento che «non è stato ancora promulgato poiché contrario alla Costituzione».

Una tesi però smentita da una fonte interna al Tribunale de l’Aia, citata da Ansa, secondo la quale: «ha ratificato il trattato nel 2001 e ha l’obbligo di cooperare con la Corte nel quadro dello Statuto di Roma».

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