Mondo
Sanzioni, anche il patriarca russo Kirill nel mirino di Bruxelles: avrebbe un patrimonio di 4 miliardi di dollari
Il sedicesimo patriarca di Mosca, primate di Russia e capo della Chiesa ortodossa Kirill è a rischio di sanzioni da parte dell’Unione Europea. In base alle stime diramate, il suo patrimonio si aggirerebbe intorno ai 4 miliardi di dollari. In un’intervista a Repubblica il ricercatore Sergej Chapnin, che lo ha conosciuto, ha affermato: «pensa solo ai soldi, che ha rubato alla chiesa»
Il patriarca russo Kirill, potrebbe essere oggetto di sanzioni economiche da parte dell’Unione Europea. Finito nel mirino di Bruxelles non soltanto per le presunte ricchezze che avrebbe incamerato e nascosto, che in base alle stime pubblicate da Forbes dovrebbero aggirarsi intorno ai 4 miliardi di dollari, ma anche per il sostegno fornito a Putin sull’invasone in Ucraina.
«Il patriarca Kirill è responsabile del sostegno o dell’attuazione di azioni o politiche che minano o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, nonché la stabilità e la sicurezza in Ucraina. Inoltre, sostiene il governo russo ed i decisori responsabili dell’annessione della Crimea e della destabilizzazione dell’Ucraina» si può leggere, come reso noto da ANSA, nel testo del sesto pacchetto di sanzioni economiche UE alla Russia. Kiril ha difeso l’operato della Russia, sostenendo che non vi sia stato nessun attacco, ma soltanto una difesa dei «suoi confini».
In un’intervista a Repubblica pubblicata stamattina, il ricercatore del Centro di Studi Cristiano Ortodossi della Fordham University, Sergej Chapnin, ha fornito un identikit del patriarca dal quale non emerge un bel ritratto: « Pensa solo a soldi e potere. Le sanzioni aiuteranno a individuare i suoi fondi nascosti. Sono soldi rubati alla Chiesa. È Kirill ad avere più bisogno di Putin: tutti i suoi soldi, potere e influenza sono fondati su questa partnership con lo Stato». Nella visione del ricercatore, e in quella di molti suoi colleghi, la figura del patriarca è molto importante per i piani di egemonia russa: la religione potrebbe essere il collante con il quale giustificare un’eventuale “riunificazione” della trinità spirituale di Russia, Bielorussia ed Ucraina.
In base a quanto ricostruito da ricercatori e studiosi, si sarebbe formata una sorta di partenariato tra Putin e Kirill: in cambio della sua “investitura” a difensore della fed e legittimo difensore dell’impero russo, il presidente garantirà protezione, e ricchezze, al patriarca.
Kirill ha succeduto al patriarca Alessio II e come il suo predecessore, ha avuto un passato all’interno del Kgb, come emerso dagli archivi dell’Unione Sovietica. Alla caduta del muro e dopo la successiva dissoluzione della confederazione sovietica, alla Chiesa Ortodossa sono stati concessi alcuni privilegi, primo su tutti il diritto di importare alcol e tabacco esenti da dazi, e solo questo le avrebbe consentito di guadagnare ingenti ricchezze, che dovrebbero ammontare a circa 75 milioni di dollari ogni anno dal 1995 in poi. Kirill avrebbe a sua volta, secondo le accuse lanciate dai suoi oppositori, iniziato a incamerare e nascondere denaro dalle casse ecclesiastiche, mettendo da parte un gruzzoletto di tutto rispetto. Tra i beni che gli vengono ascritti, una lussuosissima villa sul Mar Nero ed uno yacht, sul quale sarebbe stato anche fotografato. Adesso il patriarca russo potrebbe essere vittima di sanzioni e di confische.
Recentemente, si è anche aperta una polemica, se non proprio una frattura, tra la Chiesa Cattolica e quella Ortodossa, dopo che il pontefice ha reso noto il contenuto di una call avuta con Kirill. Papa Francesco ha dichiarato che durante la conversazione, durata una quarantina di minuti, il patriarca gli ha letto un foglio contente le motivazioni della Russia, suscitando la perplessità di Bergoglio che ha affermato: «di questo non capisco nulla. Il Patriarca non può trasformarsi nel chierichetto di Putin». Secca la replica proveniente da Mosca: «È deplorevole che un mese e mezzo dopo la conversazione con il Patriarca Kirill, Papa Francesco abbia scelto il tono sbagliato per trasmettere il contenuto di questa conversazione», di cui, tra l’altro, «ha travisato» il contenuto.
Mondo
Sindaco messicano decapitato una settimana dopo la sua elezione
Alejandro Arcos Catalan è stato eletto sindaco di Chilpancingo, in Messico, la settimana scorsa. Ieri la polizia ha ritrovato la sua testa mozzata sopra un pickup.
Una truce storia proveniente dal Messico riaccende i riflettori sullo strapotere dei cartelli della droga nel Paese del Centro America, dove Alejandro Arcos Catalan, sindaco della città di Chilpancingo, è stato ucciso e decapitato. Le immagini del brutale omicidio sono state diffuse sui social e sono agghiaccianti. Mostrano la testa mozzata della vittima appoggiata sopra un pickup.
Alejandro Arcos Catalan ha centrato l’elezione la settimana scorsa nella città dello Stato messicano meridionale di Guerrero, una delle aree più colpite dalla violenza dei cartelli della droga data la sua posizione lungo la costa del Pacifico.
Mondo
Ancora un’esplosione nel centro di Colonia: un ferito
A Colonia si è verificata una nuova esplosione, a poche centinaia di metri dalla discoteca dove lunedì scorso è scoppiata una bomba.
Dopo che lo scorso lunedì 16 settembre un ordigno è deflagrato all’entrata di un ristorante discoteca, provocando un ferito, questa mattina, mercoledì 18 settembre, una nuova nuova esplosione è riecheggiata nel centro di Colonia. Anche questa volta si tratterebbe di una bomba ed anche in questo caso una persona è rimasta ferita, un passante di 40 anni. Le sue condizioni fortunatamente non sarebbero serie ed è stato ascoltato dagli inquirenti in qualità di testimone.
L’esplosione di questa mattina a Colonia è avvenuta nella Ehrenstrasse. Il vanity Club, la discoteca dove è stato piazzato un ordigno lunedì scorso, dista solo poche centinaia di metri. Che tra i due casi possa esserci un collegamento appare più di un sospetto, anche se al momento non è chiara la matrice dei due attentati.
Mondo
Venezuela, Maduro al contrattacco: mandato d’arresto per Gonzalez
La faida tra l’erede di Chavez ed il suo sfidante si fa più sempre più aspra. Maduro accusa di cospirazione e terrorismo Gonzalez, che aveva a sua volta denunciato brogli elettorali e che si trova in semi-clandestinità dal 30 luglio.
Poco più di un mese dopo le elezioni presidenziali, il Venezuela scivola sempre più nel caos dopo che nella notte è stato spiccato, e ratificato a tempo di record, un mandato d’arresto per lo sfidante di Nicolas Maduro, Edmundo Gonzalez Urrutia. Le accuse sono di «usurpazione di ufficio, diffusione di false informazioni, incitamento a disobbedire alla legge, incitamento all’insurrezione e associazione a delinquere».
All’indomani del voto Gonzalez ha denunciato brogli elettorali, ha contestato la proclamazione di Maduro con il 52% dei voti da parte del Consiglio elettorale nazionale ed ha mostrato dati sugli scrutini che lo davano in netto vantaggio. Poco più di un mese dopo, è arrivata la risposta decisa del governo, anche se la richiesta d’arresto reca la firma della Procura ed è stata approvata dal Tribunale di Prima Istanza con Funzioni di Controllo.
E’ lo stesso presidente a mettere il cappello sull’iniziativa: «Crede di essere al di sopra della legge questo signor codardo, ha la pretesa di dire che non riconosce la legge, che non riconosce nulla. Questo è inammissibile, non accade in nessun’altra parte de mondo», ha detto nel corso del suo programma settimanale “Con Maduro+” sulla tv di Stato.
L’ex ambasciatore Gonzalez, che dopo il mandato d’arresto si trova in condizione di semi-clandestinità, non appare in pubblico dal 30 luglio. Dal giorno delle elezioni in tutto il Paese si sono verificati scontri e disordini e si stimano che siano oltre 2.400 le persone arrestate o detenute. L’Onu ha speso parole pesanti, parlando di «clima di terrore» in Venezuela, mentre i Paesi dell’Unione Europea e molti stati latino americani non riconosceranno il risultato elettorale, fino a che il governo venezuelano non mostrerà prove inconfutabili. Gli Stati Uniti invece hanno già riconosciuto Gonzalez come vero vincitore.
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