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Scandalo Facebook Files, Zuckerberg medita le dimissioni per fermare crisi

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scandalo Facebook Files Zuckerberg medita dimissioni

Facebook sta affrontando la peggiore crisi della sua storia. Lo scandalo Facebook Files ha provocato uno terremoto superiore a quello di Cambridge Analytica. E mentre il social network si appresta a cambiare nome, il fondatore medita le dimissioni.

“The Social Network”  sta affrontando la peggiore crisi della sua storia, cominciata nel lontano, digitalmente parlando, 2004. Appena 17 anni fa la creazione di Mark Zuckerberg si apprestava a cambiare il mondo. Da allora una crescita esponenziale, la diffusione globale, l’entrata nella quotidianità di milioni di persone, l’assorbimento, tra gli altri, di Instagram e WhatsApp. E soldi. Tanti soldi. Quasi quanti le informazioni acquisite dal colosso della Silicon Valley. E proprio la gestione di queste informazioni e la ricerca assidua di profitto hanno portato il gigante a barcollare, non certo economicamente, dopo essere finito al centro di diverse inchieste. L’ultima, la peggiore, lo scandalo sui Facebook Files.

La prima è stata quella relativa a Cambridge Analytica. In breve, la società di consulenza britannica ha raccolto i dati di 87 milioni di utenti, a loro insaputa,  e li ha manipolati per scopi propagandistici, in particolare durante le campagne elettorali sulla Brexit e sulle presidenziali americane vinte da Donald Trump. Adesso l’affare è ancora più grosso. I cosiddetti Facebook Files, 10 mila documenti al vaglio del Congresso e dei media americani, rischiano di provocare a Facebook danni catastrofici. Ed infatti si sta già pensando a come correre ai ripari: dal cambio nome della società, ad un nuovo gruppo che possa contenere tutti i brand di proprietà del colosso, fino alle dimissioni dello stesso fondatore Zuckerberg. Teorie simili sono state avanzate anche negli anni scorsi, ma secondo diverse fonti di stampa adesso quest’ipotesi sarebbe ad un passo dal concretizzarsi.

Lo scandalo Facebook Files poggia ancora sulle dichiarazioni di un “pentito”, ma questa volta si tratta di un pezzo grosso: Frances Haugen, brillante informatica statunitense, che ha lavorato a lungo a Google, per la quale ha brevettato un algoritmo, poi Yelp e Pinterest. Nel 2018 Facebook la assume per contrastare la diffusione delle fake news e ben presto diventa capo del dipartimento deputato alla civic integrity. Nel maggio scorso la Haugen rassegna le dimissioni e si porta via migliaia di files e documenti, che portano il social network di nuovo sotto i riflettori.

Le accuse sono pesantissime. Tra le altre: Facebook avrebbe permesso a diversi Vip e personaggi influenti di infrangere le regole e favorito le richieste di alcuni politici e faccendieri americani; avrebbe ceduto alle pressioni del governo vietnamita e censurato i post di migliaia di dissidenti; avrebbe taciuto sugli effetti tossici di Instagram sugli adolescenti, dei quali era consapevole; mancato controllo sul traffico di armi, droga e perfino esseri umani  e sulla circolazione di teorie complottiste; avrebbe attuato piani per attrarre per adolescenti. E l’inchiesta sta entrando ancora nel vivo.

Un solo motivo alla base di tutto questo: il profitto. Una ricerca continua di utili, anteposta dal fondatore sopra ogni cosa, che dà i suoi frutti dal momento che nel terzo trimestre l’azienda è cresciuta del 17%, arrivando 9,1 miliardi di dollari. Una ricostruzione smentita da Zuckerberg che afferma: <<l’opinione è che stiamo assistendo ad uno sforzo coordinato di usare un modo selettivo dei documenti trapelati per dipingere una falsa immagine della nostra azienda >>.

Secondo i difensori di questa teoria, sarebbe stato Rupert Murdoch ad architettare la campagna mediatica avversa al social network. Il magante ebbe un diverbio con Zuckerberg qualche anno fa, dopo che questi si rifiutò di cambiare il modo in cui si visualizzano le notizie, che penalizzerebbe i giornali. Secondo i critici favorevoli a questa versione, Murdoch avrebbe promesso vendetta e, sebbene adesso i media di tutto il mondo si stiano occupando dello scandalo Facebook Files, il primo a darne notizia fu il Wall Street Journal, di proprietà dell’australiano.

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Bersani assolto dall’accusa di diffamazione a Vannacci

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Il Tribunale di Ravenna ha assolto Pierluigi Bersani dall’accusa di diffamazione avanzata dal generale Roberto Vannacci. Il politico, rispondendo ai contenuti del libro “Il Mondo al Contrario” utilizzo l’epiteto «coglione», parlando del militare. Secondo i giudici si trattava di una allegoria.

Bersani non ha diffamato il generale Vannacci. Secondo il tribunale di Ravenna, che si è pronunciato sulla querela avanzata dal militare leghista, «il fatto non sussiste». La Procura, in seguito alla denuncia, aveva chiesto per Bersani una multa da 450 euro per diffamazione aggravata dal mezzo, «provata la penale responsabilità sulla base delle documentazioni audio-video». Bersani in un’intervista, riferendosi all’ipotetico bar Italia immaginato da Vannacci nel suo libro, chiese: «Ma se in quel bar lì è possibile dare dell’anormale a un omosessuale, è possibile anche dare del coglione a un generale?».

Secondo il giudice, le parole utilizzate dal politico «non possono essere qualificate come metaforiche», ma è successo che «l querelante abbia confuso la figura della metafora con quella della allegoria». Nel caso di Bersani confondere metafora con allegoria è ancor più facile.

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Marina Berlusconi nominata Cavaliere del lavoro: «lo dedico a mio padre»

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marina berlusconi cavaliere del lavoro

Oggi a Palazzo del Quirinale si è tenuta la cerimonia di consegne delle onorificenze dell’Ordine al Merito del Lavoro ai 25 Cavalieri del Lavoro nominati dal Capo dello Stato Sergio Mattarella il 2 giugno, tra cui Marina Berlusconi. 

La famiglia Berlusconi può vantare un altro cavaliere del lavoro: Marina, figlia primogenita di Silvio, ha ricevuto la prestigiosa onorificenza oggi, a Palazzo del Quirinale. Tecnicamente però, si tratta della prima della famiglia, dal momento che il padre si autosospese dalla Federazione dei cavalieri del lavoro nel 2014, in seguito alla condanna per frode fiscale. Lei però dedica il premio proprio al genitore: «Dedico questo riconoscimento a mio padre, che nel 1977 ricevette lo stesso titolo. Sono passati più di quarant’anni, ma ricordo come fosse ieri quella giornata a Roma in cui mia madre, io e mio fratello Pier Silvio lo accompagnammo alla cerimonia per questa onorificenza: ero una bambina, e quel momento resterà per sempre nel mio cuore».

«È un onore grandissimo, per il quale desidero davvero esprimere tutta la mia gratitudine al Presidente Mattarella e al Consiglio dell’Ordine al Merito del Lavoro» ha affermato la presidente del  Gruppo Mondadori, Mediaset e Fininvest e neo Cavaliere Marina Berlusconi.

 

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Ranucci anticipa nuove inchieste sul Ministero della Cultura: il governo suda freddo

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perquisizione della Dia nella redazione di Report e a casa dell'inviato Mondani

Sigfrido Ranucci domenica torna in onda con una nuova stagione di Report, ma le sue inchieste già fanno tremare il governo ed in particolare il Ministero della Cultura. Le anticipazioni del conduttore fanno pensare ad almeno due inchieste esplosive.

Prima ospite di Lilli Gruber a “Otto e Mezzo” sul La7, poi da Giorgio Lauro e Geppi Cucciari ad Un Giorno da Pecora su Rai Radio1, Sigfirdo Ranucci ha rilasciato alcune anticipazioni sulle inchieste della nuova stagione di Report, in onda da domenica sera, che già mettono apprensione a Palazzo Chigi e che dovrebbero avere come focus ancora una volta il Ministero della Cultura. Il conduttore non ha rivelato quali sono i suoi scoop, che dovrebbero essere almeno due, ma ha fornito una serie di indizi.

Hanno a che vedere con il Ministero, ma non con l’ex ministro che proprio a causa di una serie di inchieste giornalistiche ha dovuto lasciare il dicastero: «Sangiuliano non c’entra, anzi a Gennaro mando un saluto. È uno dei pochi che sa cosa è la dignità e si è dimesso anche ingiustamente. È una persona che in Rai può dare ancora molto». Ma allora cosa riguarda? «È un nuovo caso Boccia che potrebbe essere al maschile, non riguarda Boccia, ma come modalità di operazione è un caso simile. Ci sono documenti e chat che farebbero ipotizzare responsabilità legate ad alte cariche di Fratelli d’Italia». Quando i conduttori gli chiedono se questa inchiesta possa portare alle dimissioni dell’appena nominato ministro Giuli, il giornalista risponde sornione: «Gli consiglio di guardare Inter-Juve».

Insomma, Ranucci non si sbilancia, ma c’è già abbastanza materiale per mandare in fibrillazione il governo. Il responsabile comunicazione del governo, Giovanbattista Fazzolari, è impegnato a cercare indizi nelle chat di gruppo. Si tratta forse di informazioni provenienti da Francesco Gilioli, ex capo di gabinetto di Sangiuliano, sostituito da Francesco Spano? O sono legate prorpio al suo successore, nominato da Giuli nonostante le controversie con Pro-Vita e i media di destra? Al momento non è chiaro, ma a quanto pare i vertici Rai hanno già ricevuto richieste di chiarimenti e la pretesa di visionare il servizio prima della messa in onda. Resta da vedere se emergeranno ulteriori sviluppi prima della trasmissione di domenica.

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