Mondo
Si riaccendono le ostilità al confine tra Armenia e Azerbaijan, i media russi: «ristabilito il cessate il fuoco»
Scambio di accuse reciproche tra Armenia e Azerbaijan, dove lungo il confine si sono verificati scontri e bombardamenti. Tra i due paesi, formalmente in guerra da decenni, è in vigore un fragile cessate il fuoco, spesso violato e non rispettato. Nodo delle ostilità, la regione del Nagorno Karabakh, formalmente sotto il controllo azero, ma a prevalenza etnica armena, che ha proclamato la propria indipendenza, ma non è riconosciuta. Presente nella zona un contingente di peacekeeping russo.
Le ostilità che sono scoppiate nella notte lungo confine tra Armenia e Azerbaijan, dove si sono verificati scontri e bombardamenti, sarebbero terminate e sarebbe stato ristabilito il cessate il fuoco. Sebbene manchino al momento conferme da parte armena, i media azeri, rilanciati da quelli russi, hanno riportato la notizia. Torna in stallo la situazione nella regione contesa del Caucaso meridionale, nella quale rimangono tesi i rapporti tra i due stati.
Nella notte si sono reciprocamente scambiati accuse di bombardamenti. Prima gli azeri, che hanno denunciato di aver subito perdite e danni, poi gli armeni, che hanno parlato di raid con i droni. Nelle scorse settimane si è registrato un inasprimento dei rapporti ed un riacuirsi delle tensioni, con sparatorie ed incidenti lungo il confine.
In seguito alla ripresa degli scontri, il Consiglio dei ministri armeno, citato dall’agenzia di stampa russa Tass, avrebbe richiesto l’intervento di Mosca in virtù del Trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza tra Armenia e Russia. «È stata presa la decisione di appellarsi formalmente alla Federazione Russa al fine di attuare le disposizioni del Trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza. Ci sarà anche un appello all’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (Otsc) e al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in relazione all’aggressione contro il territorio sovrano dell’Armenia». L’Otsc è un’alleanza militare creata nel 1992 di cui fanno parte Armenia, Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan.
Nonostante l’accordo sul cessate il fuoco del 2020 mediato da Vladimir Putin, Azerbaijan e Armenia non hanno mai davvero avviato un processo di distensione dei rapporti e la situazione al confine rimane sempre in bilico, con scontri, sconfinamenti e violazioni che si sono susseguiti nel corso degli anni. Rimane il nodo del Nagorno Karabakh la regione a netta prevalenza etnica armena, ma formalmente sotto il controllo azero. Sebbene abbia proclamato la propria indipendenza come Repubblica dell’Artsakh, sostenuta dall’Armenia, fa parte del territorio dell’Azerbaijan. Nel territorio del Nagorno Karabach sono presenti contingenti di peacekeeping russi, e in misura minore turchi, per rafforzare il cessate il fuoco.
Il Nagorno Karabach è stato teatro di una guerra a forte tinte nazionaliste, ufficialmente combattuta tra il 1992 e il 1994 tra Armenia e Azerbaijan. La regione, prevalentemente abitata da armeni, venne assegnata dai sovietici all’Azerbaijan. In seguito alla proclamazione d’indipendenza di quest’ultimo, la regione autonoma ne approfittò per proclamare la propria secessione, dando avvio a una lunga stagione di scontri che permane ancora oggi. Nel maggio del 1994 con l’accordo di Biskek è stato firmato il cessate il fuoco e sono stati avviati negoziati di pace, che però non hanno prodotto risoluzioni definitive e non hanno compiuti progressi, trovandosi ora in una fase di stallo. Le ostilità non sono mai cessate del tutto e se nel 2016 gli scontri hanno assunto contorni così grandi da essere definiti la guerra dei quattro giorni, nel 2020 le tensioni sono nuovamente sfociate in un conflitto nel Nagorno Karabakh. Adesso la regione è interamente assorbita e circondata dall’Azerbaijan, ad eccezione del corridoio di Lacin che la collega all’Armenia.
Mondo
Ancora un’esplosione nel centro di Colonia: un ferito
A Colonia si è verificata una nuova esplosione, a poche centinaia di metri dalla discoteca dove lunedì scorso è scoppiata una bomba.
Dopo che lo scorso lunedì 16 settembre un ordigno è deflagrato all’entrata di un ristorante discoteca, provocando un ferito, questa mattina, mercoledì 18 settembre, una nuova nuova esplosione è riecheggiata nel centro di Colonia. Anche questa volta si tratterebbe di una bomba ed anche in questo caso una persona è rimasta ferita, un passante di 40 anni. Le sue condizioni fortunatamente non sarebbero serie ed è stato ascoltato dagli inquirenti in qualità di testimone.
L’esplosione di questa mattina a Colonia è avvenuta nella Ehrenstrasse. Il vanity Club, la discoteca dove è stato piazzato un ordigno lunedì scorso, dista solo poche centinaia di metri. Che tra i due casi possa esserci un collegamento appare più di un sospetto, anche se al momento non è chiara la matrice dei due attentati.
Mondo
Venezuela, Maduro al contrattacco: mandato d’arresto per Gonzalez
La faida tra l’erede di Chavez ed il suo sfidante si fa più sempre più aspra. Maduro accusa di cospirazione e terrorismo Gonzalez, che aveva a sua volta denunciato brogli elettorali e che si trova in semi-clandestinità dal 30 luglio.
Poco più di un mese dopo le elezioni presidenziali, il Venezuela scivola sempre più nel caos dopo che nella notte è stato spiccato, e ratificato a tempo di record, un mandato d’arresto per lo sfidante di Nicolas Maduro, Edmundo Gonzalez Urrutia. Le accuse sono di «usurpazione di ufficio, diffusione di false informazioni, incitamento a disobbedire alla legge, incitamento all’insurrezione e associazione a delinquere».
All’indomani del voto Gonzalez ha denunciato brogli elettorali, ha contestato la proclamazione di Maduro con il 52% dei voti da parte del Consiglio elettorale nazionale ed ha mostrato dati sugli scrutini che lo davano in netto vantaggio. Poco più di un mese dopo, è arrivata la risposta decisa del governo, anche se la richiesta d’arresto reca la firma della Procura ed è stata approvata dal Tribunale di Prima Istanza con Funzioni di Controllo.
E’ lo stesso presidente a mettere il cappello sull’iniziativa: «Crede di essere al di sopra della legge questo signor codardo, ha la pretesa di dire che non riconosce la legge, che non riconosce nulla. Questo è inammissibile, non accade in nessun’altra parte de mondo», ha detto nel corso del suo programma settimanale “Con Maduro+” sulla tv di Stato.
L’ex ambasciatore Gonzalez, che dopo il mandato d’arresto si trova in condizione di semi-clandestinità, non appare in pubblico dal 30 luglio. Dal giorno delle elezioni in tutto il Paese si sono verificati scontri e disordini e si stimano che siano oltre 2.400 le persone arrestate o detenute. L’Onu ha speso parole pesanti, parlando di «clima di terrore» in Venezuela, mentre i Paesi dell’Unione Europea e molti stati latino americani non riconosceranno il risultato elettorale, fino a che il governo venezuelano non mostrerà prove inconfutabili. Gli Stati Uniti invece hanno già riconosciuto Gonzalez come vero vincitore.
Mondo
Pavel Durov si è consegnato? Il fondatore di Telegram agli arresti in Francia
Secondo alcuni osservatori Pavel Durov, il fondatore di Telegram arrestato subito dopo l’atterraggio in Francia, potrebbe essersi consegnato alle autorità per impedire un’eventuale estradizione in Russia, avendo anche la cittadinanza francese.
Pavel Durov è accusato di essere complice nella diffusione di reati attraverso la piattaforma di messaggistica istantanea da lui fondata, Telegram. Sull’app con l’aeroplanino, ogni giorni un miliardo di utenti comunicano e diffondono notizie. Ma scambiano anche materiale pornografico, droga, streaming illegale, propaganda nazista e terroristica ed altro ancora. Il fondatore di Telegram è stato arrestato con l’accusa di non collaborare con le autorità per impedire la proliferazione di questi reati.
La notizia del suo fermo è stata accolta con sorpresa. L’informatico, e miliardario, di origine russe non poteva non sapere di essere indagato. Che possa aver deciso di aprire un dialogo con le autorità francesi per mettersi al sicuro da qualsiasi estradizione in Russia? Da oltre un decennio ha lasciato la madrepatria, ai tempi delle prime frizioni con il Cremlino, durante l’invasione di Crimea. Da allora ha girato per il mondo, ottenendo altre cittadinanze, compresa quella francese, e dedicandosi alla sua nuova creatura. In gioventù, fino ai 14 anni, ha vissuto a Torino, dove il padre insegnava filologia.
Sabato scorso, è stato arrestato in Francia, dove è atterrato con il suo jet privato. Questo ha fatto pensare che possa aver voluto consegnarsi alle autorità francesi piuttosto che a quelle russe. Avendo anche la cittadinanza francese avrebbe in qualche modo precluso ogni ipotesi di estradizione. Durov era partito dall’Azerbaijan. Nello stesso Paese si trovava il presidente russo Putin. I media internazionali non escludono contatti tra i due, o tra i loro entourage. Oppure, che questi possano essere all’ultimo saltati.
Sembrerebbe che fosse in corso una sorta di riavvicinamento tra i due, mediata da oligarchi russi ai quali Durov si è rivolto in cerca di finanziamenti. L’informatico si è attirato l’antipatia del Cremlino con la sua prima creatura, VKontakte, il Facebook russo. Nel 2014 il governo ha chiesto l’accesso ai profili di alcuni personaggi che diffondevano messaggi contrari all’invasone di Crimea. Durov in un primo momento si è opposto, poi ha venduto le sue quote a personaggi meno intransigenti con le richieste del Cremlino ed ha lasciato il Paese.
I rapporti nel tempo però si sarebbero distesi. Anche perché la seconda avventura di Durov è l’app di messaggistica più utilizzata dai canali di diffusione della propaganda russa. Non si tratta solo di un’app per scambiare messaggi, foto e video, ma di una piattaforma che consente di trasferire qualsiasi contenuto nell’anonimato più assoluto. Non ci è voluto molto perché diventasse la preferita anche dei criminali. Da qui, l’accusa di esserne in qualche modo complice.
«Telegram rispetta le leggi dell’Ue, incluso il Digital Services Act: la sua attività di moderazione è conforme agli standard del settore e in continuo miglioramento.️ Il Ceo di Telegram, Pavel Durov, non ha nulla da nascondere e viaggia spesso in Europa», ha fatto sapere ieri su X la società di messaggistica istantanea. «È assurdo affermare che una piattaforma o il suo proprietario siano responsabili dell’abuso di tale piattaforma. Quasi un miliardo di utenti in tutto il mondo utilizza Telegram come mezzo di comunicazione e come fonte di informazioni vitali. Stiamo aspettando una rapida risoluzione di questa situazione».
-
Politica2 settimane fa
Maria Rosaria Boccia smentisce Sangiuliano (e Meloni): «non ho mai pagato, dicevano che rimborsava il Ministero»
-
Attualità2 giorni fa
Bambino morto alla festa patronale, ma non salta il live di Fedez. Il padre: «ti facevo più umano»
-
Politica3 settimane fa
La consulente di Sangiuliano che al Ministero non conoscono: chi è Maria Rosaria Boccia
-
Cronaca7 ore fa
Orio al Serio, tifoso tenta di attraversare l’autostrada e viene travolto da diverse macchine
-
Cronaca3 settimane fa
Nasconde il cadavere della madre nel freezer per 2 anni per la pensione
-
Cronaca2 settimane fa
Strage di Paderno Dugnano, il ragazzo che ha sterminato la famiglia: «non me lo so spiegare»
-
Politica2 settimane fa
Il caso della “consulente fantasma” di Sangiuliano ora imbarazza anche il governo
-
Attualità2 settimane fa
Giornalista accusa di violenza sessuale i colleghi Nello Trocchia e Sara Giudice