Mondo
Terminato l’incontro tra Putin ed Erdogan: «non hanno parlato di trattive per la pace»

«L’operazione militare speciale continua, ma siamo aperti al dialogo» riferiscono dal Cremlino. Al termine dell’incontro tra Putin ed Erdogan ad Astana in Kazakistan, solo piccolissimi passi sulla strada delle trattive diplomatiche.
L’incontro tra Erdogan e Putin a margine del vertice del CICA, che riunisce diversi Paese asiatici, è durato una mezz’ora. Al termine nessuna fumata bianca per quanto riguarda l’avvio di negoziati di pace, ma nemmeno nera. Un grigio a cui comunque la comunità internazionale si aggrappa per cercare di intavolare un dialogo con Putin. Che appunto vuole trattare con le potenze occidentali e considera l’Ucraina di Zelensky alla stregua di uno spettatore non pagante.
«Non è stata discussa una possibile risoluzione al conflitto» nell’incontro tra Putin ed Erdogan. Lo riferisce il portavoce del presidente russo Peskov, mentre dal Cremlino fanno sapere che «l’operazione militare speciale continua, ma siamo aperti al dialogo». Uno spiraglio sottilissimo che però paragonato al vuoto cosmico dei colloqui precedenti, diventa una voragine.
La Turchia, fin dalle prime fasi del conflitto si è posta come pacificatrice, mantendo una posizione neutrale nei confronti sia della Russia, che dell’Ucraina. Ha avuto un ruolo centrale nelle trattive relative allo scambio di alcuni prigionieri ed anche in quelle che hanno portato allo sblocco del grano dai porti ucraini. Offre la propria mediazione, ad Istanbul o ad Ankara.
Nell’incontro di oggi tuttavia, almeno ufficialmente, Putin ed Erdogan non hanno discusso delle trattive di pace, bensì di gas e gasdotti. Non è stata affrontata in particolare l’ipotesi di intavolare trattative allargate a Stati Uniti, Francia, Germania e Regno Unito. Un’idea turca che trova il consenso di Putin, desideroso di trattare con le potenze occidentali più che con l’Ucraina di Zelenksy, che considera un mezzo per il suo fine.
In base a quanto trapelato da fonti russe, le proposte turche per le trattive di pace riguarderebbero il cessate il fuoco, il riconoscimento dei territori annessi dalla Russia e l’allestimento di una zona cuscinetto. Le occasioni per parlarne non mancheranno nei prossimi mesi: prima al G20 di Bali, dove potrebbe tenersi anche un incontro bilaterale tra Putin e Biden, e poi ai mondiali di calcio di Qatar.
Mondo
L’Ungheria di Orbán: «noi non arresteremmo Putin»

L’ennesimo distinguo dell’Ungheria di Orbán rispetto alla linea dei Paesi Ue in tema di guerra in Ucraina, che ha dichiarato che non darebbe seguito all’arresto Putin disposto dalla corte internazionale, costituisce una frattura sul piano del diritto internazionale. L’Aia insiste: «Ungheria ha ratificato trattato, ha obbligo di cooperare».
In tema di sanzioni alla Russia, o quantomeno di condanne verso l’invasione d’Ucraina, l’Ungheria si è dimostrato il Paese più tiepido, tra i partner europei. Anche prima dell’inizio della “operazione speciale” spesso la linea di Budapest viaggiava parallelamente a quella di Bruxelles, senza incontrala mai. Ma la dichiarazione del capo di gabinetto di Orbán, Gergely Gulyás, rappresentano una vera e propria frattura sul piano internazionale. L’Ungheria infatti, in base a quanto dichiarato, non darebbe seguito al mandato d’arresto nei confronti di Putin spiccato dal Tribunale Internazionale, qualora il presidente russo mettesse piede in terra ungherese.
Al di là della divergenza di opinioni, questa posizione rappresenterebbe una trasgressione ai doveri a cui sarebbe sottoposta l’Ungheria, che ha ratificato l’ingresso nella Corte Penale internazionale. E’ sempre Gulyás a spiegare che il trattato però non vincolante per Budapest dal momento che «non è stato ancora promulgato poiché contrario alla Costituzione».
Una tesi però smentita da una fonte interna al Tribunale de l’Aia, citata da Ansa, secondo la quale: «ha ratificato il trattato nel 2001 e ha l’obbligo di cooperare con la Corte nel quadro dello Statuto di Roma».
Mondo
Allarme dell’Onu: «la crisi idrica è imminente»

È iniziata ieri e terminerà domani la Giornata Mondiale dell’Acqua (World Water Day), la conferenza più importante del mondo con seimilacinquecento rappresentanti gli Stati globali al fine di affrontare l’emergenza. Il rapporto Onu sulla crisi idrica è raggelante: oltre 2 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua e tale numero è destinato ad aumentare.
Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres sul tema della crisi idrica ha condannato fermamente quelle attività definite “vampiristiche” che prosciugano l’acqua “linfa vitale dell’umanità”, attraverso un consumo e sviluppo eccessivo, presentando il rapporto sull’argomento all’apertura del primo incontro delle Nazioni Unite sulle risorse idriche in 50 anni. E questo periodo di tempo nel quale nessuno a livello internazionale sembra essersi interessato all’acqua dimostra senza ombra di dubbio il ritardo gravissimo nella presa di coscienza e nella voglia di affrontare un problema così gravoso per l’umanità.
Nel rapporto si legge che 2 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso all’acqua potabile e più di 3 miliardi e mezzo non sanno nemmeno cosa siano i servizi igienici e sanitari, nonostante negli ultimi 40 anni l’uso dell’acqua sia cresciuto dell’1% ogni anno e dovrebbe continuare cos’ fino al 2050 ma la cosa riguarda solo i Paesi più sviluppati.
Richard Connor, principale autore del rapporto Onu, ha denunciato come la “crisi idrica mondiale sarà una questione di scenari differenti, nei quali i governi e i soggetti pubblici e privati sono chiamati a presentare proposte al fine di invertire bruscamente la tendenza e raggiungere l’obiettivo fissato nel 2015, di assicurare l’accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari per tutti entro il 2030”.
Africa Orientale: i numeri di Oxfam
In Africa orientale 33,5 milioni di persone (1 su 5) sono a corto di acqua pulita. Se la mancanza di piogge rispetterà le previsioni e si protrarrà fino a maggio per il sesto anno consecutivo, sarà la siccità più grave e lunga da quasi mezzo secolo. Oxfam denuncia un aumento del prezzo dell’acqua del 400% da inizio 2021 nelle zone più colpite dalla siccità: Etiopia del sud, nord del Kenya e in Somalia. Il policy advisor per la sicurezza alimentare di Oxfam Italia Francesco Petrelli ha dichiarato che “in questo momento in Africa orientale le persone più affamate sono tragicamente anche le più assetate. Il risultato è che milioni di persone hanno perso tutto, dato che quel poco che avevano era rappresentato da piccoli allevamenti e coltivazioni. Negli ultimi 2 anni la siccità ha ucciso 13 milioni di capi di bestiame e bruciato migliaia di ettari di coltivazioni. Adesso la popolazione è costretta a comprare acqua da privati che ne aumentano continuamente il prezzo e 1.75 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case in cerca di acqua e cibo”.
USA: investimenti per 49 miliardi di dollari per l’acqua
Adrianne Watson, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale ha annunciato: “impegni fino a 49 miliardi di dollari verso l’agenda di azione sull’acqua (Water Action Agenda) che riflettono l’investimento del presidente Joe Biden per un accesso all’acqua equo e resiliente al cambiamento climatico alle infrastrutture idriche e sanitarie a casa e in tutto il mondo”.
Pichetto Fratin all’Onu: “Italia in prima fila sull’emergenza acqua”
“L’Italia è determinata nella risposta alla crisi idrica nel nostro Paese. Strumenti e strategie siano molto cambiati, eppure è evidente che non abbiamo fatto abbastanza per combattere quella che, ancora oggi, resta una delle più gravi emergenze planetarie. L’Italia sostiene con forza l’Agenda di Azione sull’Acqua per porre l’acqua al centro delle strategie di lotta ai cambiamenti climatici. Nel Piano di Ripresa e Resilienza abbiamo mobilitato fondi per le risorse idriche pari a 4,38 miliardi di euro in 5 anni. Recentemente è stato costituito un tavolo di coordinamento per rispondere alla crisi, anche con nuovi strumenti di legge e operativi. Il nostro impegno internazionale non è meno convinto di quello sul piano nazionale e che l’Italia si muove anzitutto nel quadro degli impegni assunti dall’Unione Europea”.
Il sapere di Israele contro spreco e scarsità di acqua
Per superare questa crisi c’è la necessità di costruire una campagna di studio e di intervento globale. In questo Israele può dare un contributo significativo, poiché rappresenta un Paese dotato di uno dei sistemi idrici più avanzati al mondo e con innumerevoli ricerche e tecnologie innovative come il trattamento e il riciclaggio delle acque reflue, detenendo il record mondiale del 95% di cui il quasi 90% viene usato in agricoltura. Altri campi in cui gli israeliani forniscono soluzioni efficientissime da copiare sono la desalinizzazione dell’acqua di mare, l’uso di acqua salmastra in agricoltura, l’irrigazione a goccia e addirittura l’estrazione dell’acqua dall’aria. Se si riuscisse a realizzare queste misure in modo estensivo e globale, in pochi anni si ridurrebbe notevolmente l’inquinamento ambientale e la cancellazione dei sistemi naturali.
Durante questi giorni all’ONU si spingerà per l’accordo e l’implementazione tra i diversi Paesi di molte delle tecnologie israeliane, ma interessi divergenti potrebbero portare a un allungamento dei tempi e a un nulla di fatto, ma non ci resta che osservare e confidare nella buona volontà delle nazioni per la fuoriuscita da questa emergenza e crisi globale più pericolosa di qualsiasi guerra.
Francesca Pia Lombardi
Mondo
Proseguono le proteste in Francia dopo l’approvazione della riforma delle pensioni

Senza sosta le proteste contro la riforma delle pensioni della popolazione a Parigi e in altre città di Francia continuano da diverse settimane. Sono stati fermati 142 persone con quasi 2 mila agenti in campo per mantenere l’ordine pubblico nella capitale assediata dai manifestanti.
Il governo guidato da Elisabeth Borne, primo ministro di Francia in carica da maggio scorso, è riuscito a far approvare la discussa riforma delle pensioni senza dover effettuare il passaggio in Parlamento, superando in modo incolume la mozione di sfiducia delle opposizioni per soli 9 voti.
La riforma francese prevede l’aumento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni. Il testo diventato legge riporta che l’aumento avverrà gradualmente da qui al 2030. Nella pratica vuol dire che ogni 3 mesi per i prossimi 8 anni l’età pensionabile si innalzerà. La riforma comporta anche la cancellazione dei regimi speciali, ai quali appartengono il 25% dei pensionati compresi nelle particolari categorie di soggetti come i dipendenti della Banca di Francia, dell’azienda del trasporto pubblico di Parigi o delle industrie del gas e dell’elettricità etc. Inoltre, è previsto l’aumento della pensione minima a 1200 euro lordi al mese.
A seguito dell’approvazione di tale riforma i cittadini francesi, che già da settimane esprimevano in strada il loro dissenso con scioperi e manifestazioni, sono scesi in strada presi dal furore della loro rabbia. Solo nella capitale francese sono stati impegnati quasi 2000 agenti di polizia con l’obiettivo di mantenere l’ordine pubblico. Le manifestazioni, non sempre pacifiche, hanno riguardato anche altre città della Francia come Strasburgo e Lione. Durante i disordini in strada sono stati dati alle fiamme innumerevoli automobili e cassonetti dell’immondizia e si sono verificati lanci di oggetti in risposta dei quali i militari hanno fatto cariche e lanci di lacrimogeni. La situazione potrebbe restare così ancora per molto tempo visto che non ci sono segnali di rallentamento degli scontri e delle proteste, nonostante il divieto di assembramenti. Al momento i sindacati hanno dichiarato il prolungamento di quasi tutti gli scioperi delle varie categorie di lavoratori, i cui calendari verranno resi noti a breve. Nelle zone più popolose della Francia, a seguito degli scioperi a intermittenza delle raffinerie iniziati nello scorso ottobre, iniziano ad esserci lunghe code ai distributori di benzina a causa della sua scarsità. Altre conseguenze negative previste a breve sono sicuramente interruzioni anche per lunghi periodi dell’energia elettrica e delle forniture di gas anche per uso domestico. I francesi nonostante tutto appaiono compatti e più convinti che mai che il governo e la sua riforma debbano essere strenuamente combattuti e magari addirittura anche abbattuti.
Francesca Pia Lombardi
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