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Cronaca

Consigliere comunale minaccia in Tribunale trans che aveva denunciato per estorsione

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Daniele Ghashghaian, consigliere comunale a Nichelino, nel torinese, sostiene che una transgender gli abbia puntato un coltello alla gola per farsi consegnare denaro, in cambio di un braccialetto che aveva ritrovato. Lei invece sostiene di averlo aggredito quando ha rifiutato di pagare quanto pattuito in cambio di una prestazione sessuale. Durante un’udienza in Tribunale il consigliere comunale si è scaldato ed ha lanciato alcune minacce alla trans ed al suo avvocato, in seguito alle quali ha rassegnato le proprie dimissioni.

La storia che giunge da Nichelino, in provincia di Torino, è alquanto intricata, a partire dal percorso politico di uno dei due protagonisti. Daniele Maghsoodi Ghashghaian, 33 anni, consigliere comunale dimissionario nel comune piemontese, secondo quanto riportato dalla stampa locale è stato eletto in una lista civica vicino alla coalizione di centrodestra, per passare prima al gruppo misto e poi tra le fila di Comunisti Italiani. Il consigliere comunale di Nichelino ha però rassegnato le dimissioni dopo che la vicenda che lo riguarda è diventata di pubblico dominio e dopo che ha fatto scalpore il fatto che ha rivolto alcune minacce in Tribunale ad una trans di origine bulgara che aveva denunciato per estorsione.

La versione dei fatti dell’ex consigliere è che il 28 maggio 2022, dopo aver avuto un incontro con una escort («ho prodotto alla procura foto, numero di cellulare, annuncio su Internet e l’elenco delle mie chiamate quella sera»), si è accorto di aver perduto un braccialetto. Tornato nella zona dove gli era caduto ha incontrato la trans Monica, che avrebbe preteso 50 euro per restituirglielo e gli avrebbe pure puntato un coltello alla gola: «mi ha sequestrato per un’ora».

Differente la versione della transgender, secondo la quale non c’è stata nessuna estorsione, ma i due avrebbero contrattato una prestazione di tipo sessuale, che poi però il consigliere non avrebbe voluto onorare. A questo punto l’avrebbe anche aggredita, suscitando la veemente reazione della trans: «Mi ha preso a schiaffi cosi ho afferrato un coltello e poi dal cofano ho recuperato un cric e ho colpito la carrozzeria. Poteva dire che non aveva soldi, ma menarmi no. Sono una persona, ho un’anima anche io. Merito rispetto».

Quella sera i Carabinieri vennero chiamati da Ghashghaian che poi ha sporto denuncia per estorsione. Durante l’iter processuale però, la vicenda si è ingarbugliata ancor di più. Il consigliere ieri durante un’udienza in Tribunale ha rivolto alcune minacce alla trans («vengo a trovarti di persona») ed al suo avvocato, che gli aveva chiesto se rivestisse incarichi pubblici. Questa domanda ha fatto scaldare l’ex consigliere che ha pronunciato la frase incriminata, per la quale la presidente del collegio giudicante ha ordinato la trasmissione degli atti del tribunale in procura per il reato di minacce. Dopo che la vicenda ha fatto scalpore Ghashghaian ha deciso di rassegnare le dimissioni.

Oggi ha anche rilasciato alcuen dichiarazioni: «Tengo innanzitutto a precisare che in questa vicenda io rappresento la parte lesa, sono il denunciante, e sono certo che la verità processuale verrà presto alla luce. Purtroppo il ritrovarmi sotto i riflettori, in un momento emotivamente molto intenso, mi ha portato a pronunciare parole che non mi appartengono, che sono distanti dal mio modo di agire e di pensare e che, proprio in virtù della mia carica istituzionale, assumono un peso inaccettabile e per le quali ritengo di dover chiedere scusa a tutte e a tutti».

Poi motiva la sua scelta di dimettersi: «per amore e senso di responsabilità verso le istituzioni che ho servito e rappresentato finora, nonostante non sia autore di alcun reato e che nessun regolamento me lo imponga, ritengo necessario fin da ora presentare le mie dimissioni dalla carica di Consigliere Comunale. Un passo per me doloroso ma dovuto».Ghashghaian

Cronaca

Giornalista trovata morta a Fasano, si indaga per isitigazione al suicidio

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Patrizia Nettis è stata istigata a compiere l’estremo gesto? E’ quanto si chiedono gli inquirenti che indagano per istigazione al suicidio relativamente alla morte della giornalista trovata morta nella sua casa di Fasano nel giugno scorso.

A illuminare il filone di indagine per istigazione al suicidio sulla morte di Patrizia Nettis, la giornalista trovata morta nella sua casa il 29 giugno, alcuni messaggini trovati sui cellulari degli uomini che la donna ha incontrato la sera precedente al ritrovamento del suo corpo. Si tratta di due persone con le quali ha avuto relazioni sentimentali, in momenti diversi. Prima un noto politico locale, poi un imprenditore. Quest’ultimo particolarmente risentito dal fatto che la vittima fosse ancora legata sentimentalmente all’altro.

Proprio alcuni messaggi che si sono scambiati i due dopo l’incontro chiarificatore, ha fatto ipotizzare agli investigatori che Patrizia Nettis possa essere stata spinta a porre fine alla sua vita. L’imprenditore promette che si impegnerà per distruggere la reputazione di Patrizia, che viene definita «cosa» dal momento che «non merita di essere definita donna». «Farò di tutto per infangarla, so già come muovermi, stavolta avrà una punizione esemplare. Questa è pericolosa, io farò in modo di farle attorno terra bruciata, tanto per iniziare».

Dopo l’incontro a tre, Patrizia ha telefonato ad entrambi nel corso della stessa notte. Molte chiamate non avrebbero ricevuto risposta. Un testimone ha parlato anche della voce di un uomo proveniente dalla casa della giornalista quella notte: «basta con queste sceneggiate» avrebbe urlato. Il testimone ha raccontato anche di aver udito il rumore del portone sbattere. Poi, nulla più fino a quando un amico, preoccupato, si è fatto aprire la porta di casa dalla colf.

Al momento nessuno è stato iscritto al registro degli indagati per la morte della giornalista, sul cui corpo non è ancora stata effettuata l’autopsia.

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I genitori di Filippo Turetta non hanno accettato l’incontro in carcere

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Il pubblico ministero aveva dato il proprio benestare, ma il legale della famiglia ha spiegato che l’incontro in carcere slitterà e che servirà supporto psicologico sia al ragazzo che ai genitori.

Slitta l’incontro tra Filippo Turetta ed i suoi genitori nel carcere di Verona, dove si trova rinchiuso per l’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin. Il pm aveva dato il via libera alla richiesta avanzata dal ragazzo, ma i genitori di Filippo Turetta hanno deciso di rinviare l’incontro in carcere. Il legale del giovane ha reso noto che per l’incontro sarà necessario un supporto psicologico sia per il ragazzo che per i suoi genitori.

Ieri, all’interrogatorio di garanzia, ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere, ma ha rilasciato alcune dichiarazioni spontanee con le quali ha sostanzialmente ribadito quello che aveva già confessato alle autorità tedesche. Avrebbe dunque ammesso l’omicidio e si sarebbe detto «affranto» per la tragedia: «non voglio sottrarmi alle mie responsabilità. Voglio pagare quello che sarà giusto per aver ucciso la mia ex fidanzata».

Al momento sembra improbabile che verrà richiesta una perizia psichiatrica nei suoi confronti, anche perché difficilmente verrebbe accettata in questa fase un’istanza della difesa per valutare se Turetta fosse capace o meno di intendere e volere al momento dei fatti. Non è escluso che possa però essere richiesta più avanti.

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La lettera dal carcere del trapper Shiva al figlio appena nato: «ho imparato la lezione»

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Il Tribunale del riesame ha respinto la richiesta di scarcerazione presentata dai legali del trapper arrestato lo scorso 26 ottobre per tentato omicidio, dopo una sparatoria.

«Non poterti ancora vedere è la peggior condanna e la peggiore lezione che potessi ricevere. Non mi perdonerò mai di questa assenza, ma sarà un motivo in più per rimediare con tutto l’amore che ho». Così conclude la lettera che il trapper Shiva, nome d’arte di Andrea Arrigoni, ha dedicato al figlio appena nato dal carcere di San Vittore dove si trova rinchiuso dal 26 ottobre per tentato omicidio.

La lettera è stata scritta nella «cella 12» del carcere di San Vittore e pubblicata dallo staff di Shiva sui suoi canali social. Una lettera scritta in stampatello, con qualche cancellatura e firmata semplicemente Andrea. «Oggi è il giorno più bello della mia vita, ma allo stesso tempo il più triste. È nato mio figlio, ma non mi è stato permesso essere presente al momento della sua nascita. Non pensavo mai di dover scrivere questa lettera, dovevi nascere due settimane fa e so che mi hai aspettato tutto questo tempo, fino all’ultimo ho sperato di esserci ma le cose non sono andate come previsto. Ho scoperto della tua nascita dei fuochi d’artificio che hanno fatto per te sapendo così che oggi, 25 novembre 2023, è diventato il giorno più importante della mia vita in mezzo a tutto questo caos e tu sei la mia benedizione».

Shiva si trova in carcere per aver sparato nel luglio scorso a due persone, due lottatori di Mma ritenuti membri della “crew rivale” capeggiata da Rondo da Sosa. Tra i due nei mesi precedenti si sono verificati diversi screzi, conditi da dissing (canzoni dai contenuti esplicitamente offensivi, ndr) scambio reciproco di insulti, ma anche aggressioni. Fino all’episodio del 12 luglio scorso, quando il trapper sparò due colpi di pistola, all’esterno della sua casa discografica.

Mentre era già rinchiuso nel carcere di San Vittore, Shiva è stato raggiunto da un’altra ordinanza di custodia cautelare in carcere, per una rissa avvenuta a San Benedetto del Tronto a settembre. In quell’occasione vennero arrestate altre 4 persone, poi finite ai domiciliari, vicine al trapper milanese. In base alle accuse, avrebbero partecipato ad una rissa con alcuni ragazzi del posto, armati di coltello. In tre rimasero feriti.

La crew di Shiva poi sarebbe coinvolta anche in un altro episodio di violenza, verificatosi a giugno, a Perugia, in concomitanza con il Nature Musci Festival, al quale ha preso parte anche il trapper milanese. In quella circostanza, le persone nella cerchia del cantante avrebbero aggredito e rapinato uno degli organizzatori del concerto, dopo averlo trascinato all’esterno dell’albergo nel quale si trovava. La vittima dell’aggressione oltre ad essere stata colpita, avrebbe dovuto consegnare loro i contanti che aveva con sé, 150 euro, ed il telefono cellulare. Non contenti, gli aggressori gli avrebbero tolto anche una scarpa, perché convinti che nascondesse altro denaro. Solo l’intervento del personale dell’albergo avrebbe posto fine all’aggressione e la vittima avrebbe riportato diverse lesioni, comprese alcuni tagli di striscio procurati da un coltello.

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