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Politica

Conte rifiuta la candidatura alle suppletive offerta dal PD, il nuovo Ulivo sognato da Letta non fiorisce

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Conte rifiuta la candidatura alle suppletive

Il Partito Democratico offre la candidatura alle suppletive a Conte, ma l’ex premier dopo attente valutazioni rifiuta. Calenda: «a questo punto mi ritiro anch’io, ma lo avrei battuto». Renzi: «non mi stupisce, uomo senza coraggio».

Il candidato sostenuto dal Partito Democratico per occupare il prossimo 16 gennaio lo scranno lasciato vuoto da Roberto Gualtieri, non sarà il leader pentastellato. Giuseppe Conte ringrazia, ma rifiuta la candidatura alle suppletive proposta dal segretario del Partito Democratico Enrico Letta. Non sarà lui quindi a correre per il seggio del collegio uninominale di Roma 1, lasciato vacante da Roberto Gualtieri, eletto  prima cittadino della Capitale. Assegnazione che diventa ancora più importante alla luce del fatto che avviene due giorni prima dell’apertura delle votazioni in Parlamento per eleggere il Presidente della Repubblica.

La notizia della “proposta indecente” del segretario dem prima e del “gran rifiuto” poi, ha provocato non poche reazioni. In primis dal grande escluso al ballottaggio alle Comunali di Roma, Carlo Calenda, che oggi afferma: «Conte sapeva benissimo che avrebbe dovuto correre in un terreno non fertile per i 5stelle e che con un avversario forte rischiava di perdere». Il leader di azione poi aggiunge che ritira anche la sua candidatura perché «il problema non sussiste più. Non potevo accettare l’idea che un 5stelle calcasse i sacri Colli. Chiederò un incontro al PD e a una coalizione più larga, ma senza i 5Stelle, per decidere chi candidare. I grillini sono colpevoli di un disastro amministrativo nella Capitale».

Molto critico anche Matteo Renzi, al lavoro per creare una nuova coalizione con Toti, Brugnaro e Mastella, che commenta:« non sono stupito, conoscendo la sua proverbiale mancanza di coraggio non ho mai avuto dubbi. È un uomo che vive di sondaggi, ma che ha un terrore infinito di misurarsi con i cittadini. Vive di Like ma teme il voto». Il leader di Italia Viva poi non smentisce le “trattative”: «serve un polo di centro».

Quel che è certo è che la candidatura a sorpresa del PD, ponto a “rischiare” una roccaforte in cui di solito vince a mani basse, si è rilevata un boomerang per Letta, che pure avrebbe preferito in un primo momento candidare Annamaria Furlan, sindacalista, donna, ex segretaria Cisl. Ma dopo le trattative con le correnti interne, in primis con quella “romana” che dopo la vittoria di Gualtieri ha rafforzato la propria posizione, si era optato per la mossa a effetto: offrire il seggio a Conte, con uno sguardo alle prossime Elezioni del Presidente della Repubblica, ma anche in ottica Politiche.

L’obiettivo che Letta insegue è quello di rafforzare l’intesa giallo-rossa, ma allargando il “campo largo” in un progetto che possa comprendere Conte e Renzi, ma anche Bonino e Calenda. Certo il dietrofront di Conte, ancora alle prese con il riassestamento interno del Movimento, mina alla base questo progetto. E la bordata di critiche arrivate da coloro che dovrebbero interpretare il ruolo di alleati, di sicuro non aiuta.

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Consiglio d’Europa: in Italia forze dell’ordine razziste e magistratura sotto attacco»

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giorgia meloni ecri denuncia razzismo tra le forze dell'ordine

L’Ecri denuncia una situazione preoccupante, con una proliferazione degli episodi di razzismo tra le forze dell’ordine, alimentati da una politica lassista nei confronti della xenofobia. Anche l’indipendenza della magistratura è sotto attacco, secondo gli osservatori europei. Meloni: «basta ingiurie».

Probabilmente il signor presidente del Consiglio dei Ministri avrebbe preferito festeggiare in maniera diversa i due anni di governo. Ed invece prima si è vista costretta a dribblare la conferenza stampa sulla manovra e poi a rispondere all’organo anti-razzismo ed intolleranza del Consiglio d’Europa, Ecri, che in un rapporto solleva preoccupazione sul razzismo delle forze dell’ordine in Italia e sugli attacchi alla magistratura.

Ufficialmente Giorgia Meloni ha annullato la conferenza stampa di questa mattina per imprevisti impegni del ministro Tajani (il G7 a Pescara, in programma da mesi, ndr), ma secondo molti la premier non ha voluto rispondere alle domande su una manovra che di fatto ancora non c’è, né a quelle sui centri migranti in Albania.

Poi nel pomeriggio, nuovo grattacapo: il rapporto dell’Eicr, secondo il quale le forze dell’ordine in Italia farebbero profilazione razziale durante le attività di controllo, in particolare nei confronti «della comunità Rom e delle persone di origine africana». Secondo l’organo del Consiglio d’Europa, l’aumento dei casi di xenofobia nel nostro Paese non avrebbe ricevuto la giusta attenzione da parte delle autorità preposte: «non sembrano essere consapevoli della portata del problema e non hanno considerato l’esistenza della profilazione razziale come una forma di potenziale razzismo istituzionale». La raccomandazione è che il nostro Paese possa impegnarsi ad affrontare la questione e che tra due anni, quando sarà effettuata una nuova rivelazione, le cose possano esserre migliorate.

L’organo evidenzia anche dirette reponsabilità politiche: «L’Ecri rileva con seria preoccupazione che il discorso pubblico italiano è diventato sempre più xenofobo negli ultimi anni e che i discorsi politici hanno assunto toni altamente divisivi e antagonisti, in particolare nei confronti di rifugiati, richiedenti asilo e migranti, nonché di cittadini italiani con background migratorio, rom e persone Lgbti». «Purtroppo – si spiega nel documento -, un certo numero di dichiarazioni e commenti considerati dispregiativi e carichi di odio provengono da politici e funzionari pubblici di alto profilo, soprattutto durante i periodi elettorali».

Non mancano «critiche indebite che mirano a minare l’autorità dei singoli giudici che decidono sui casi di migrazione» e che in generale «minano l’indipendenza della magistratura che tratta di questi casi».

Non è mancata la replica stizzita di Giorgia Meloni, che sui social ha scritto: «L’Ecri, organo del Consiglio d’Europa, accusa le forze di polizia italiane di razzismo? Le nostre Forze dell’Ordine sono composte da uomini e donne che, ogni giorno, lavorano con dedizione e abnegazione per garantire la sicurezza di tutti i cittadini, senza distinzioni. Meritano rispetto, non simili ingiurie».

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Politica

L’audizione di Alessandro Giuli alla Camera: parlamentari confusi e frastornati

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alessandro giuli

Alessandro Giuli, ministro della Cultura subentrato in seguito alle dimissioni di Gennaro Sangiuliano, ha esposto le linee guida del suo dicastero in audizione alla Camera, lasciando confusi senatori e deputati per via della complessità del suo intervento. E non manca una citazione errata.

Gennaro Sangiuliano ha lasciato un grande vuoto al Ministero della Cultura e nei taccuini dei giornalisti, ma il suo successore, Alessandro Giuli, promette bene. Oggi, convocato in audizione alla Camera, ha lasciato sbigottiti i parlamentari presenti, con un discorso quantomeno astruso. I cronisti presenti parlano di senatori e deputati che la sciano l’Aula con l’aria perplessa e frastornata.

Lo stesso Giuli, in avvio, aveva avvisato che si sarebbe trattato di una lectio «un po’ teoretica». Ma a molti è parsa prematurata, un po’ come se fosse antani. «La conoscenza è il proprio tempo appreso con il pensiero» inizia Giulidando sfoggio della laurea in filosofia conseguita la settimana scorsa. La frase è infatti una parafrasi, secondo i maligni una citazione sbagliata, di Hegel: «La filosofia è il proprio tempo appreso con il pensiero».

Ma è dopo che arriva il bello: «Chi si appresta a immaginare un orientamento per l’azione culturale e nazionale non può che muovere dal prendere le misure di un mondo entrato nella dimensione compiuta della tecnica e delle sue accelerazioni. Il movimento delle cose è così vorticoso e improvviso, così radicale nelle sue implicazioni e applicazioni che persino il sistema dei processi cognitivi delle persone, non solo delle ultime generazioni, ha cominciato a mutare con esso».

Giuli prosegue senza sosta e senza pietà: «Di fronte a questo cambiamento di paradigma, la quarta rivoluzione epocale della storia delineante un’ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale, il rischio che si corre è duplice e speculare. L’entusiasmo passivo, che rimuove i pericoli della ipertecnologizzazione, e per converso l’apocalittismo difensivo che rimpiange un’immagine del mondo trascorsa, impugnando un’ideologia della crisi che si percepisce come processo alla tecnica e al futuro intese come una minaccia».

E poi il dilemma: «Siamo dunque precipitati nell’epoca delle passioni tristi?». Deputati e senatori restano in silenzio, attoniti. Forse avevano portato Manzoni. «No» tuona Giuli, mentre qualcuno, frastornato, annuisce. «Fare cultura è pensare sempre da capo e riaffermare continuamente la dignità, la centralità dell’uomo, ricordare la lezione di umanismo integrale che la civiltà del rinascimento ha reso universale. Non l’algoritmo, ma l’umano, la sua coscienza, la sua intelligenza e cultura immagina, plasma e informa il mondo. In questa prospettiva è un’illusione ottica pensare a una distinzione di categoria o, peggio, a una contrapposizione tra le culture scientifiche e umanistiche. Come in una disputa tra un fronte culturale progressista e uno conservatore. Dialettica errata. Si tratta di pensare: Pitagora, Dante, Petrarca, Botticelli, Verdi, insieme con Leonardo da Vinci e Galilei, Torricelli, Volta, Fermi, Meucci e Marconi, e al di là della declamazione dei grandi nomi della cultura umanistica e scientifica italiana, è necessario rifarsi a questa concezione circolare e integrale del pensiero e della vita che costruisce lo specifico della cultura».

 

 

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Cronaca

Rete ferroviaria in tilt, ma Salvini pensa alla Festa dei Nonni: polemiche

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Il ministro dei Trasporti travolto dalle polemiche per la gestione dell’emergenza che ha paralizzato la circolazione su rotaia e per le relative comunicazioni: mentre i pendolari del Paese rimanevano fermi ai binari e Trenitalia consigliava di «riprogrammare i viaggi», Salvini dedicava un post alla Festa dei Nonni.

Le opposizioni hanno già chiesto le dimissioni del ministro dei Trasporti. Oggi, mercoledì 2 ottobre, la circolazione ferroviaria ha subito gravissimi disagi, con oltre un centinaio di treni cancellati e numerosi ritardi, a causa di un guasto elettrico nel nodo di Roma. Il problema ha paralizzato le stazioni Tiburtina e Termini, provocando ripercussioni sull’intera rete nazionale. I disagi hanno scatenato un’ondata di critiche verso Salvini, anche per il fatto che il ministro non ha affrontato immediatamente la questione, preferendo dedicare un pensiero alle celebrazioni della Festa dei No

Un guasto al quale non si è potuto rimediare in breve tempo. Trenitalia si è limitata a consigliare ai viaggiatori di «riprogrammare i viaggi». E da più parti è stato invocato un intervento del ministro dei Trasporti, che però a lungo è rimasto in silenzio.  Alla fine, durante un intervento in videocollegamento al 68° congresso degli ingegneri di Siena, il leghista ha pronunciato qualche parola sul disservizio: «Siamo al lavoro per risolverlo il prima possibile. C’è stato un problema elettronico in una centralina questa notte, a Roma. Evidentemente qualcuno non è riuscito a intervenire in tempo». Nello stesso intervento ha trovato il tempo di difendere l’ordine degli ingegneri, ma non quello dei giornalisti, che, anzi, vorrebbe sopprimere.

Tuttavia, non ci sono soltanto ingegneria, edilizia ed un piccolo accenno ai trasporti nei pensieri dell’eclettico Salvini, ma anche la Festa dei Nonni. Sui propri profili social infatti, mentre la crisi dei treni era in corso, il ministro ha pubblicato un lungo e sentito post sulla celebrazione. Riportiamo solo la chiusa: «Se potete, chiamateli e fate sentire il vostro affetto, perché i nonni sono la vita. Buona festa a tutti i nonni». Segue l’emoji del cuore. Al post invece è seguita un’ondata di critiche.

In mattinata Salvini avrebbe dovuto presenziare alla presentazione del brand dei treni regionali di Ferrovie dello Stato. Né lui né l’amministratore delegato Stefano Donnarumma si sono presentati. Il ministro però era presente nel pomeriggio al question time della Camera, dove è stato inevitabilmente incalzato sui disagi alla rete ferroviaria. «Ho chiesto che emergano le responsabilità e chi ha sulla coscienza i disagi creati oggi a migliaia di persone ne dovrà rispondere. A quanto mi risulta, i tecnici mi dicono esserci stato un errore stanotte di un’impresa privata che ha piantato un chiodo su un cavo e poi diciamo che il tempo di reazione di fronte a questo errore, e conto che il privato ne risponderà, non è stato all’altezza di quello che la seconda potenza industriale d’Europa deve avere» ha affermato Salvini. E ancora: «Ci stanno lavorando gli ingegneri perché non è possibile investire miliardi di euro per comprare nuove carrozze, i nuovi treni pendolari, gli Intercity, l’alta velocità, la Tav, il Brennero e tutto il resto, e se uno alle tre di notte a Roma pianta il chiodo nel posto sbagliato poi tu rovini la giornata di lavoro a a migliaia di persone».

Infine il ministro rassicura: «ho chiesto nomi, cognomi, indirizzi e codici fiscali di quelli che non hanno fatto il loro lavoro, quando ci sarà questa conclusione lo saprò e lo saprete. Ho chiesto una verifica delle centraline di alimentazione in tutta Italia, perché a questo punto non è possibile che un errore di un privato possa fermare mezza Italia».

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