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Attualità

Perquisizione della Dia nella redazione di Report e a casa dell’inviato Mondani dopo il servizio sulla strage di Capaci

Sigfrido Ranucci: «il motivo, sequestrare atti sull’inchiesta in cui si evidenziava la presenza di Stefano delle Chiaie sul luogo della strage

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perquisizione della Dia nella redazione di Report e a casa dell'inviato Mondani

Gli uomini della Dia hanno eseguito in mattinata perquisizioni nella redazione di Report e a casa dell’inviato Paolo Mondani, in seguito all’inchiesta della trasmissione relativa alla presenza di Stefano delle Chiaie sul luogo della strage di Capaci. Il procuratore De Luca: «indagine sulla genuinità delle fonti, non sul giornalista, che non è indagato».

La Procura di Caltanissetta ha dato mandato alla Direzione investigativa antimafia, Dia, di eseguire perquisizioni presso la redazione della trasmissione “Report” e l’abitazione dell’inviato Paolo Mondani, in seguito all’inchiesta mandata in onda ieri sera. Nel giorno del trentesimo anniversario della strage di Capaci, il programma di inchiesta ha dedicato un approfondimento alla “pista nera”: in base alle informazioni fornite da alcune fonti, Report ha avanzato l’ipotesi che Stefano delle Chiaie, leader di Avanguardia Nazionale, fosse presente sul luogo della strage.

Ne ha dato notizia lo stesso conduttore Sigfrido Ranucci, che su Facebook ha scritto: «Il motivo sarebbe quello di sequestrare atti riguardanti l’inchiesta di ieri sera sulla strage di Capaci nella quale si evidenziava la presenza di Stefano delle Chiaie». Poco dopo il giornalista aggiunge: «Da parte nostra c’è massima collaborazione. Siamo contenti se abbiamo dato un contributo alla magistratura per esplorare parti oscure. Il collega – prosegue il conduttore del programma – aveva già avuto un colloquio con il procuratore. Noi siamo sempre stati collaborativi con la giustizia, pur garantendo il diritto alla riservatezza delle fonti. Il decreto di perquisizione riporta la data del 20 maggio, cioè tre giorni prima della messa in onda del servizio. Ovviamente abbiamo messo al corrente l’ufficio legale, l’ad Fuortes e il nostro direttore».

La replica della Procura arriva direttamente con una nota stampa firmata dal procuratore Salvatore De Luca, nella quale è possibile leggere: «Questa Procura ha già espresso il proprio convincimento circa la sussistenza di mandanti e concorrenti esterni nella strage di via D’Amelio, chiedendo nel processo per il c.d. depistaggio la condanna degli imputati con la contestata aggravante di mafia, riguardante la finalità di coprire le alleanze di alto livello di cosa nostra in quel periodo. Tuttavia, le difficilissime indagini che possono consentire l’accertamento della verità devono essere ancorate ad elementi di fatto solidi e riscontrati. Per tali motivi questo Ufficio, che si era imposto la rigorosa consegna del silenzio, è costretto ad intervenire per smentire notizie che possano causare disorientamento nella pubblica opinione e profonda ulteriore amarezza nei prossimi congiunti delle vittime delle stragi, che si verrebbe a sommare al tremendo dolore sofferto. Ed è proprio per verificare la genuinità delle fonti che questa Procura ha disposto una perquisizione a carico di un giornalista di Report, che non è indagato. Tale perquisizione non riguarda in alcun modo l’attività di informazione svolta da tale giornalista, benché la stessa sia presumibilmente susseguente ad una macroscopica fuga di notizie, riguardante gli atti posti in essere da altro ufficio giudiziario».

L’inchiesta della trasmissione si basa sulle dichiarazioni di Alberto Lo Cicero, «prima confidente e poi collaboratore di giustizia», che avrebbe fornito nel 1992 preziose informazioni «circa la preparazione della strage di Capaci (quindi prima del tragico evento), nonché circa la funzione svolta da Biondino Salvatore quale autista del latitante Salvatore Riina, molti mesi prima che lo stesso venisse catturato in compagnia dello stesso Biondino. Tali dichiarazioni sono totalmente smentite dagli atti acquisiti da questa Procura sia presso gli archivi dei Carabinieri, sia nell’ambito del relativo procedimento penale della Procura di Palermo

Non tardano ad arrivare le prime reazioni, in primis da parte di Nicola Morra, presidente della commissione nazionale antimafia, che sui suoi profili social si è limitato a commentare la perquisizione della Dia nella redazione e nell’abitazione del giornalista di Report con un laconico: «Questo è…e non va bene». La Federazione nazionale Stampa italiana invece, auspica che «a nessuno venga in mente di “molestare” Report e la sua redazione”.

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Bersani assolto dall’accusa di diffamazione a Vannacci

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vannacci lega patrioti per l'europa

Il Tribunale di Ravenna ha assolto Pierluigi Bersani dall’accusa di diffamazione avanzata dal generale Roberto Vannacci. Il politico, rispondendo ai contenuti del libro “Il Mondo al Contrario” utilizzo l’epiteto «coglione», parlando del militare. Secondo i giudici si trattava di una allegoria.

Bersani non ha diffamato il generale Vannacci. Secondo il tribunale di Ravenna, che si è pronunciato sulla querela avanzata dal militare leghista, «il fatto non sussiste». La Procura, in seguito alla denuncia, aveva chiesto per Bersani una multa da 450 euro per diffamazione aggravata dal mezzo, «provata la penale responsabilità sulla base delle documentazioni audio-video». Bersani in un’intervista, riferendosi all’ipotetico bar Italia immaginato da Vannacci nel suo libro, chiese: «Ma se in quel bar lì è possibile dare dell’anormale a un omosessuale, è possibile anche dare del coglione a un generale?».

Secondo il giudice, le parole utilizzate dal politico «non possono essere qualificate come metaforiche», ma è successo che «l querelante abbia confuso la figura della metafora con quella della allegoria». Nel caso di Bersani confondere metafora con allegoria è ancor più facile.

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Marina Berlusconi nominata Cavaliere del lavoro: «lo dedico a mio padre»

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marina berlusconi cavaliere del lavoro

Oggi a Palazzo del Quirinale si è tenuta la cerimonia di consegne delle onorificenze dell’Ordine al Merito del Lavoro ai 25 Cavalieri del Lavoro nominati dal Capo dello Stato Sergio Mattarella il 2 giugno, tra cui Marina Berlusconi. 

La famiglia Berlusconi può vantare un altro cavaliere del lavoro: Marina, figlia primogenita di Silvio, ha ricevuto la prestigiosa onorificenza oggi, a Palazzo del Quirinale. Tecnicamente però, si tratta della prima della famiglia, dal momento che il padre si autosospese dalla Federazione dei cavalieri del lavoro nel 2014, in seguito alla condanna per frode fiscale. Lei però dedica il premio proprio al genitore: «Dedico questo riconoscimento a mio padre, che nel 1977 ricevette lo stesso titolo. Sono passati più di quarant’anni, ma ricordo come fosse ieri quella giornata a Roma in cui mia madre, io e mio fratello Pier Silvio lo accompagnammo alla cerimonia per questa onorificenza: ero una bambina, e quel momento resterà per sempre nel mio cuore».

«È un onore grandissimo, per il quale desidero davvero esprimere tutta la mia gratitudine al Presidente Mattarella e al Consiglio dell’Ordine al Merito del Lavoro» ha affermato la presidente del  Gruppo Mondadori, Mediaset e Fininvest e neo Cavaliere Marina Berlusconi.

 

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Ranucci anticipa nuove inchieste sul Ministero della Cultura: il governo suda freddo

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Sigfrido Ranucci domenica torna in onda con una nuova stagione di Report, ma le sue inchieste già fanno tremare il governo ed in particolare il Ministero della Cultura. Le anticipazioni del conduttore fanno pensare ad almeno due inchieste esplosive.

Prima ospite di Lilli Gruber a “Otto e Mezzo” sul La7, poi da Giorgio Lauro e Geppi Cucciari ad Un Giorno da Pecora su Rai Radio1, Sigfirdo Ranucci ha rilasciato alcune anticipazioni sulle inchieste della nuova stagione di Report, in onda da domenica sera, che già mettono apprensione a Palazzo Chigi e che dovrebbero avere come focus ancora una volta il Ministero della Cultura. Il conduttore non ha rivelato quali sono i suoi scoop, che dovrebbero essere almeno due, ma ha fornito una serie di indizi.

Hanno a che vedere con il Ministero, ma non con l’ex ministro che proprio a causa di una serie di inchieste giornalistiche ha dovuto lasciare il dicastero: «Sangiuliano non c’entra, anzi a Gennaro mando un saluto. È uno dei pochi che sa cosa è la dignità e si è dimesso anche ingiustamente. È una persona che in Rai può dare ancora molto». Ma allora cosa riguarda? «È un nuovo caso Boccia che potrebbe essere al maschile, non riguarda Boccia, ma come modalità di operazione è un caso simile. Ci sono documenti e chat che farebbero ipotizzare responsabilità legate ad alte cariche di Fratelli d’Italia». Quando i conduttori gli chiedono se questa inchiesta possa portare alle dimissioni dell’appena nominato ministro Giuli, il giornalista risponde sornione: «Gli consiglio di guardare Inter-Juve».

Insomma, Ranucci non si sbilancia, ma c’è già abbastanza materiale per mandare in fibrillazione il governo. Il responsabile comunicazione del governo, Giovanbattista Fazzolari, è impegnato a cercare indizi nelle chat di gruppo. Si tratta forse di informazioni provenienti da Francesco Gilioli, ex capo di gabinetto di Sangiuliano, sostituito da Francesco Spano? O sono legate prorpio al suo successore, nominato da Giuli nonostante le controversie con Pro-Vita e i media di destra? Al momento non è chiaro, ma a quanto pare i vertici Rai hanno già ricevuto richieste di chiarimenti e la pretesa di visionare il servizio prima della messa in onda. Resta da vedere se emergeranno ulteriori sviluppi prima della trasmissione di domenica.

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