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Chiesto il fallimento della società Visibilia: guai per Daniela Santanchè

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ROMA – Visibilia Editore, società che aveva come primo azionista fino ad alcune settimane fa la senatrice Fdi e neoministra del Turismo Daniela Santanchè, e da lei fondata, “versa in evidente e manifesto stato di insolvenza”.

Lo mette nero su bianco la Procura di Milano nell’istanza di “liquidazione giudiziale”, ossia di fallimento, presentata al Tribunale fallimentare. Come riporta l’Ansa, richiesta avanzata a partire da un esposto dei soci di minoranza e dopo le analisi del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf, coordinate dal pm Roberto Fontana.

Accertamenti che come conseguenza, come avviene spesso in questi casi, hanno portato all’apertura di un fascicolo per ipotesi di bancarotta che sono in valutazione a carico degli ex amministratori, tra cui anche Santanchè, che è stata presidente e Ad tra il 2016 e lo scorso gennaio e che di recente ha dismesso le quote.

La senatrice, a quanto riporta l’Ansa, sarebbe indagata assieme ad altri nel procedimento nel quale, sempre su valutazioni agli atti della Gdf, si contestano anche presunte false comunicazioni sociali. Sull’inchiesta in corso, con alcuni passaggi secretati anche per i legali, c’è massimo riserbo. Ma lei smentisce con una nota del suo avvocato, Salvatore Sanzo: ”la sen. Santanché non risulta indagata in alcun processo penale e da anni non ricopre alcuna carica in Visibilia Editore spa; – non risponde al vero che “sia aperto un fascicolo per ipotesi di bancarotta fraudolenta”, stante l’assenza del presupposto obiettivo della liquidazione giudiziale della società, soltanto ipotizzata in astratto”.

L’istanza di liquidazione per Visibilia, quotata su Euronext Growth Milan, è stata formulata nei giorni scorsi e ne ha dato conto la stessa società in un comunicato nel quale spiega che “eserciterà le prerogative difensive entro l’udienza fissata per il 30 novembre” e “contesterà la sussistenza dello stato di insolvenza”. Nell’istanza, in particolare, la Procura segnala debiti nei confronti dell’Agenzia delle Entrate per circa 984mila euro. La Gdf, inoltre, ha analizzato, come risulta da un’informativa agli atti, i bilanci “tra il 2016 e il 2020”. E ha evidenziato “costanti perdite già a far data dall’esercizio 2016” e, passando in rassegna tutti i punti della denuncia dei soci di minoranza (che ha originato anche una causa civile in corso per “gravi irregolarità nella gestione”), ipotizza presunte “false comunicazioni sociali” relative ai bilanci, almeno dal 2017, con “particolare riguardo alle voci ‘avviamento’ e ‘imposte anticipate'”.

Nel novembre 2014, si legge, Visibilia Editore Holding, “nella persona” di Daniela Santanchè, “ha sottoscritto e liberato l’aumento di capitale” della “neo costituita Visibilia Editore” e ciò ha “generato il valore di avviamento” di oltre 4,3 milioni di euro. Già dal 2017, però, scrive la Gdf, il cda di Visibilia “avrebbe dovuto approvare bilanci riportanti valori di avviamento e imposte anticipate largamente diversi da quelli deliberati”. Al centro degli accertamenti pure “le iniezioni di liquidità derivanti” da un finanziamento sottoscritto nel 2017 con un fondo degli Emirati Arabi: un prestito obbligazionario convertibile che, viene chiarito dalle Fiamme Gialle, ha sì “permesso la prosecuzione dell’attività imprenditoriale ma anche, di fatto, causato il crack del valore azionario regredito del 99,97%”.

Come riporta l’Ansa, le perdite della società, nel frattempo, spiegano gli investigatori, sono state calmierate “dalla erronea contabilizzazione delle poste dell’attivo patrimoniale ‘avviamento’ e ‘imposte anticipate'”. Mentre i debiti fiscali allo stato non risultano “rateizzati” e le prime cartelle risalgono al 2018. Sulla base di queste analisi sono in corso gli accertamenti a carico degli ex amministratori di Visibilia, tra cui figurano anche il compagno di Santanchè, Dimitri Kunz D’Asburgo Lorena, e la sorella della senatrice Fiorella Garnero.

In serata una nota della società fa sapere che gli amministratori ”si sono confrontati con i soci Luca Giuseppe Reale Ruffino e SIF Italia S.p.A.2” e questi ”hanno confermato formalmente la volontà di procedere alla nomina di un nuovo organo amministrativo di propria espressione” nonché ”manifestato la disponibilità ad intervenire, qualora necessario, per permettere alla Società di adempiere alle obbligazioni nei confronti dell’agenzia delle entrate di cui al Comunicato entro il 29 novembre 2022”. 

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L’ombra dei licenziamenti su Stellantis, Tavares: «non scarto nulla»

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Durante un’intervista al Salone dell’Auto di Parigi, l’amministratore delegato del colosso automobilistico italo-francese non ha escluso la possibilità di licenziamenti negli stabilimenti Stellantis.

«Non scarto nulla». Un non detto ai microfoni di Radio Rtl  che rischia di valere più di mille parole. L’ammissione, o meglio la mancata smentita, da parte di Carlos Tavares, il portoghese amministratore delegato del gruppo italo-francese Stellantis, getta in angoscia centinaia di lavoratori, che temono sempre più per il proprio posto di lavoro. «La salute finanziaria di Stellanti non passa unicamente dalla soppressione di posti di lavoro, ma anche da tante altre cose: immaginazione, intelligenza, innovazione. Che è quello che stiamo facendo» ha aggiunto Tavares, che ha affermato che i licenziamenti in Stellantis non sono «al centro della nostra riflessione strategica».

Parole che arrivano dopo l’audizione in Parlamento di fronte alle commissioni Attività produttive della Camera e Industria del Senato della settimana scorsa. In quell’occasione venne chiesto all’ad di illustrare i piani per il futuro del gruppo in Italia e di motivare per quale motivo i livelli di produzione fossero minori rispetto a quelli di altri Paesi nei quali il gruppo è attivo. Stellantis controlla 14 marchi automobilistici ed ha siti produttivi in 29 Paesi.

Le ipotesi di chiusure e licenziamenti hanno cominciato a ventilare con maggiore intensità nei giorni scorsi, in seguito ad un’altra intervista rilasciata dal portoghese, questa volta a Les Echos: «Se i cinesi prendono il 10% delle quote di mercato in Europa al termine della loro offensiva, questo vuol dire che peseranno per 1,5 milioni di auto. Questo rappresenta sette fabbriche di assemblaggio. I costruttori europei dovranno allora sia chiudere, sia trasferirle ai cinesi». E aveva aggiunto: «Chiudere le frontiere ai prodotti cinesi è una trappola: aggireranno le barriere investendo in stabilimenti in Europa. Stabilimenti che verranno in parte finanziati da sovvenzioni statali, nei Paesi a basso costo».

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Bambino morto alla festa patronale, ma non salta il live di Fedez. Il padre: «ti facevo più umano»

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Il padre del bambino si è rivolto al cantante: «siamo venuti a Ozieri perché mio figlio cantava le tue canzoni. E’ successo a 200 metri da te. Potevi non cantare».

Nei giorni scorsi a Ozieri, in provincia di Sassari, si è verificata una tragedia durante la festa patronale: una porta di calcio è caduta, schiacciando un bambino di 9 anni, il quale è deceduto poco dopo. Nonostante tragedia, il concerto di Fedez in programma si è tenuto ugualmente, ma prima di cominciare a cantare il rapper ha chiesto un minuto di silenzio per il bambino morto. Dopo che la vicenda è divenuta nota, da più parti si sono sollevate parole di indignazione e sono in molti sui social a pensare che il concerto sarebbe dovuto essere annullato.

Ieri sui social ha espresso tutto il suo disappunto ed il suo dolore il padre del bambino morto in seguito alla tragedia, Ivan Putzu, che sui social ha scritto: «Ciao Fedez, ti facevo una persona più umana visto che hai dei figli. In quel momento che cantavi ad Ozieri, io padre di Gioele il bambino deceduto a 200 metri da te, ero per terra con mio figlio chiedendogli di riaprire gli occhi e chiedendo di prendere la mia vita, e di lasciare vivere lui. Noi abitiamo ad Olbia, siamo venuti a Ozieri perchè mio figlio cantava le tue canzoni e voleva vederti cantare dal vivo. Tutto questo non gli è stato possibile. Potevi non cantare per una sera e rispettare il mio dolore».

Ieri Fedez aveva affidato ai social la sua difesa, definendo la polemica che l’ha investito «schifosa» e scagliandosi veementemente contro la stampa: «Sono stato avvertito di questa terribile tragedia poco prima di salire sul palco. Prima di esibirmi ho chiesto a tutto il pubblico, più di 15mila persone, di fare un minuto di silenzio per commemorare Gioele ed esprimere la nostra vicinanza alla famiglia» afferma il rapper prima di accusare i media di aver strumentalizzato la vicenda: «Nessuno si è permesso di dire nulla. Vergona a chi? Ma come si fa ragazzi? Solo perché la settimana scorsa è andata virale la roba che l’autotune era sbagliato, dobbiamo inventarci una cazzata senza avere un minimo di rispetto per una tragedia del genere? Questo la dice lunga sullo stato dell’informazione italiana». Nella didascalia si poteva leggere che la polemica è stata montata da «gente che si definisce “giornalista”», i quali fanno «sinceramente cxxxxe».

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Ancora polemiche su Rainews: «4 minuti di monologo di Salvini sul caso Open Arms»

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Matteo Salvini ha pubblicato sui social un video che lo immortala su sfondo nero durante la sua “confessione” sul caso Open Arma, che Rainews ha trasmesso integralmente, suscitando le proteste delle opposizioni e del comitato di redazione.

Nuove polemiche investono Rainews ed in particolare il direttore Paolo Petrecca, dopo che il canale ha trasmesso integralmente il video in cui Matteo Salvini affida ai social la sua “arringa difensiva” sul Caso Open Arms. Ed ancora una volta, forte presa di posizione da parte del comitato di redazione, che con una nota critica pesantemente la scelta editoriale.

L’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, attualmente ai Trasporti, non sta passando momenti felici. Non solo la sua leadership suscita qualche mugugno all’interno del carroccio ed i consensi sono in calo: i giudici di Palermo hanno chiesto una condanna a 6 anni sul caso Open Arms. Il leader della Lega è accusato di accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per aver impedito lo sbarco di 147 migranti, nel 2019. La sua difesa sarà presentata in aula il prossimo 18 ottobre dall’avvocata (ed ex ministra) Giulia Bongiorno. Ma nei giorni scorsi Salvini ha già presentato un’arringa, pubblicata sui social.

Nel video, «Matteo Salvini, nato a Milano il 9 marzo 1973, vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno da giugno 2018 a settembre 2019» appare corrucciato. Volto serio, voce bassa, sfondo nero. In 4 minuti «confessa» di aver «aver difeso l’Italia e gli italiani» e di «mantenuto la parola data». Secondo l’ex ministro dell’Interno, grazie alla sua «azione di governo erano diminuiti sbarchi, morti e dispersi nel Mar Mediterraneo» e che ai migranti a bordo dell’Open Arms non è stato permesso di sbarcare« perché non potevamo più essere il campo profughi di tutte», ma «a sinistra ha deciso che difendere i confini italiani è un reato». La nave dal canto suo, avrebbe cominciato «a navigare per il Mediterraneo, raccogliendo clandestini e puntando verso l’Italia», dopo aver « testardamente rifiutato ogni richiesta di aiuto, di soccorso, di sbarco in porti diversi rispetto a quelli italiani», arrivando a dir di « no perfino allo Stato di bandiera, cioè alla Spagna, … per ben due volte».

La chiusa è da cineteca: «Mai nessun governo e mai nessun ministro nella storia è stato messo sotto accusa o processato per aver difeso i confini del proprio Paese. L’articolo 52 della Costituzione italiana recita “La difesa della patria è sacro dovere del cittadino”. Mi dichiaro colpevole di aver difeso l’Italia e gli italiani. Mi dichiaro colpevole di aver mantenuto la parola data». Il filmato si chiude con il testo dell’articolo 52 della Costituzione.

Il video pubblicato da Salvini è stato trasmesso integralmente dai Rainews e, ancora una volta, sono scoppiate le polemiche nei confronti del direttore Paolo Petrecca. Protestano le opposizioni, che già avevano criticato la scelta di trasmettere integralmente i comizi di chiusura delle campagne elettorali dei candidati del centrodestra in Campania e di non coprire mediaticamente lo spoglio delle elezioni francesi. I parlamentari dem hanno annunciato un esposto all’Agcom.

Netta la presa di posizione da parte del cdr, che con una nota, ha pubblicamente biasimato la scelta: «Ancora una volta il nostro canale usato come megafono per le dichiarazioni di un membro di primo piano del governo – attaccano i rappresentanti dei giornalisti -. Ancora una volta saltate le regole del buon giornalismo e il lavoro di mediazione di una intera redazione. Chi ha deciso di mandarlo in onda? Cosa dice il direttore Petrecca? Riteniamo doveroso quanto meno offrire lo stesso tempo alla controparte». Non è la prima volta che i giornalisti della testata criticano la linea editoriale del direttore.

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