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Incidenti dopo la morte in alternanza scuola-lavoro. Letta sulle manganellate agli studenti: “Grave”

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ROMA – “Sulla questione di ordine pubblico chiediamo che siano date risposte, questa è una vicenda abbastanza grave, abbiamo già chiesto e lo chiederemo”. Così il leader del Pd Enrico Letta a Mezz’ora in più su Rai 3 sugli scontri tra studenti e forze dell’ordine in occasione delle manifestazioni di protesta dopo la morte del 18enne Lorenzo Parelli, durante uno stage previsto per l’alternanza scuola-lavoro.

Gli studenti si preparano a scendere di nuovo in piazza, a Torino, dopo i tafferugli con le forze dell’ordine di venerdì mattina. Tensioni tra studenti e forze dell’ordine, oltre che a Torino, sono avvenute anche a Milano e Roma.

Da giorni circolano, infatti, in rete le immagini e il video delle cariche della Polizia su alcuni gruppi di studenti a Torino e Milano, con conseguenti manifestazioni di protesta in tutta Italia: avviene tutto per quanto successo lo scorso 22 gennaio a Udine, con la tragica morte dello studente Lorenzo Parelli colpito da una trave durante l’ultimo giorno di alternanza scuola-lavoro.

«Questa non è scuola, non è lavoro. Vogliamo sicurezza e diritti, stop Pcto e stage che insegnano la precarietà»: con questo messaggio, la Rete degli Studenti medi ha mosso lo scorso venerdì 28 gennaio una giornata di mobilitazione nazionale per protestare contro il Governo e il Ministero dell’Istruzione, oltre che contro le aziende private. In particolare a Torino hanno causato forti polemiche le diverse cariche dei poliziotti contro gli studenti radunati in dura protesta in piazza Arbarello: gli studenti si erano dati appuntamento per un sit-in, nel pieno rispetto delle norme vigenti. Quando però hanno provato a spostarsi tutti insieme allora è scattato l’allarme nelle forze dell’ordine.

Come riporta l’ANSA, dal sit-in di Torino un gruppo di circa 200 persone tra studenti e centri sociali è avanzato e ha cercato di forzare gli sbarramenti delle forze di polizia anche con l’utilizzo di un furgone: gli agenti lo ha bloccato immediatamente con diverse cariche di alleggerimento. «Lorenzo è vivo e lotta insieme a noi», gridavano gli studenti prima della carica della Polizia: alcuni feriti con la presenza anche di minorenni nei gruppi che hanno tentato di forzare il posto di blocco.

I video hanno fatto il giro della rete anche a Milano dove si è assistiti ad una situazione assai simile, anche se con un solo ferito rispetto ai fatti di Torino: un gruppo di studenti ha tentato di forzare le transenne attorno alla sede di Assolombarda in via Pantano, ad un passo dall’Università Statale. Lo scopo era quello di posizionare una trave in cartone insanguinata come “simbolo” della morte di Lorenzo, per farlo però hanno attaccato le forze dell’ordine tentando di forzare il varco di sicurezza: a quel punto è scattata la carica di alleggerimento della Polizia, un ragazzo ferito alla testa e qualche agente contuso. Incidenti infine si sono verificati in piazza dei Martiri a Napoli davanti alle sede dell’Unione degli Industriali: anche qui studenti e attivisti dei centri sociali hanno tentato di muovere la protesta scontrandosi con le forze dell’ordine.

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Giornalista accusa di violenza sessuale i colleghi Nello Trocchia e Sara Giudice

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giornalisti nello trocchia sara giudice accusati di violenza sessuale da una collega

Al termine della festa di compleanno della giornalista Rai Sara Giudice, sposata con Nello Trocchia di Domani, una collega sarebbe stata molestata sessualmente a bordo di un taxi dalla coppia su di giri. I due rigettano le accuse, parlano di effusioni consenzienti e annunciano una causa per calunnia. Sentito il tassista, che avrebbe descritto tutti i giornalisti come persone brille, ma non avrebbe confermato la violenza sessuale.

Una festa in un locale, alcol che scorre e tanti giornalisti presenti. Impossibile vederci chiaro, ma proviamoci. Una giornalista ha denunciato di violenza sessuale i colleghi Nello Trocchia e Sara Giudice: i due giornalisti, marito e moglie, le sarebbero saltati addosso in taxi, durante il tragitto di ritorno. Lei dopo un iniziale momento di paralisi, si sarebbe ridestata e si è fatta accompagnare a casa, dove avrebbe detto tutto al suo compagno. Si sentiva molto scossa, intorpidita e non completamente cosciente delle sua azioni, forse sotto l’effetto di qualche sostanza. I due giornalisti hanno rigettao le accuse ed hanno annunciato che denunceranno la collega per calunnia.

La vicenda è stata resa nota dal quotidiano La Verità. In base all’accusa della ragazza, questa sarebbe stata invitata alla festa di compleanno di Giudice, dove si sarebbe recata proprio in compagnia della coppia. La serata sarebbe scorsa tra danze e brindisi. Qualche allusione e qualche ammiccamento, ma in generale tutto tranquillo, fino al momento di rientrare a casa. I tre salgono su un un taxi: marito e moglie ai lati, la ragazza nel mezzo. I due le avrebbero messo le mani addoso, cominciando a palpeggiarla e baciarla. Lei sarebbe rimasta inizialmente spiazzata ed immobile. Solamente arrivati sotto casa dei due si sarebbe ripresa e si sarebbe fatta accompagnare a casa, dove ha raccontato tutto al fidanzato. Questi l’avrebbe accompagnata in un laboratorio per analizzare le sue urine. Il responso è positivo al Ghb, ovvero la droga dello stupro. Ma il controesame della procura dà esito negativo, anche s la difesa ne contesta la metodologia.

Nel frattempo viene sentito anche il tassista. Avrebbe confermato che i tre sembravano tutti alticci e che si sono scambiati effusioni sul sedile posteriore. Ma non gli sarebbero sembrati forzati. Poi la ragazza è tornata sul mezzo e gli è apparsa molto scossa.

Trocchia, interrogato, ha confermato in gran parte gli avvenimenti di quella serata. Ma ha aggiunto che baci e palpeggiamenti sarebbero stati consenzienti. Secondo il giornalista la ragazza, poco lucida a causa dell’alcol, in un primo momento avrebbe accettato le attenzioni di marito e moglie, ma poi avrebbe cambiato idea. Trocchia avrebbe anche depositato gli screenshot delle conversazioni avute con la ragazza, un paio di giorni dopo: «Tesò come stai? Io ancora con rum in circolo. Sono due giorni che cerco cappello di Sara» le chiede lui su WhatsApp. «Maronn io sto inguaiata oggi, sto impazzendo appresso agli sfrattati» le avrebbe risposto lei. Secondo Sara Giudice sarebbe stata proprio lei a prendere l’iniziativa.

La Procura avrebbe richiesto l’archiviazione, ma la denunciante si sarebbe opposta.

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Meloni «pericoloso dire che le radici della strage di Bologna sono nella destra di governo»

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girorgia meloni non indica la matrice della strage di bologna

Duro affondo di Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione famigliari delle vittime della strage di Bologna: «Le radici di quell’attentato, affondano nella storia del postfascismo italiano, in quelle organizzazioni che oggi figurano a pieno titolo nella destra italiana di Governo». La replica di Giorgia Meloni: «attacchi ingiustificati e fuori misura, pericolosi anche per l’incolumità personale di chi è stato eletto». La controreplica: «basta fare la vittima»

Come ogni 2 agosto, questa mattina a Bologna si è tenuta una cerimonia di commemorazione per le vittime dell’attento alla Stazione del 1980, nel quale morirono 85 persone e ne rimasero ferite più di 200. Come spesso accaduto in passato, le polemiche  hanno coinvolto gli esponenti di governo. Sono le parole del presidente dell’associazione famigliari delle vittime della Strage di Bologna Paolo Bolognesi ad accendere la miccia: «Le radici di quell’attentato, come stanno confermando anche le ultime due sentenze d’appello nei processi verso Gilberto Cavallini e Paolo Bellini, affondano nella storia del postfascismo italiano, in quelle organizzazioni nate dal Movimento Sociale Italiano negli anni cinquanta: Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale oggi figurano a pieno titolo nella destra italiana di Governo. Per questa parte politica, lo stragismo e in particolare la strage di Bologna, rappresentano una macchia da togliere a tutti i costi dalla loro storia, da negare oltre ogni evidenza».

Un duro affondo, nonostante in mattinata Giorgia Meloni avesse rilasciato una dichiarazione nella quale finalmente condannava le «organizzazioni neofasciste» per «uno degli eventi più drammatici della storia nazionale». A molti non è però sfuggita una puntualizzazione fatta dalla premier: a colpire il 2 agosto 1980 fu il «terrorismo, che le sentenze attribuiscono ad esponenti di organizzazioni fasciste». Un distinguo che sembra quasi non voler esprimere un giudizio politico e storico, ma teso più che altro a ributtare la palla nel campo del dibattito processuale, come a mettere le mani avanti in vista di una futura revisione, o di un futuro revisionismo. A qualcuno è sembrato un riconoscere la matrice a metà.

Meloni ha poi replicato a Bolognesi dicendosi «personalmente colpita» da «attacchi ingiustificati e fuori misura». Meloni ha affermato che «Sostenere che le radici di quell’attentato oggi figurano a pieno titolo nella destra di governo, o che la riforma della giustizia varata da questo governo sia ispirata dai progetti della loggia massonica P2, è molto grave. Ed è pericoloso, anche per l’incolumità personale di chi, democraticamente eletto dai cittadini, cerca solo di fare del suo meglio per il bene di questa Nazione. In questo clima di crescente odio le parole e i gesti stiano sfuggendo di mano anche alle persone più avvedute». Infine un «appello a tutti perché si torni all’interno di una cornice di normale dialettica in quella che, grazie ai sacrifici di tanti, è ormai una democrazia solida e matura».

A queste parole è arrivata la controreplica del presidente dell’associazione dei famigliari delle vittime della Strage di Bologna: «La finisca di fare la vittima. Ho visto altri fare le vittime durante i processi e poi sono stati condannati, le vittime sono gli 85 morti e i morti nelle altre stragi, che sono tutte fasciste. Non è una vittima, ma una che prende in giro le vittime» ha detto ad Ansa Paolo Bolognesi.

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Frattura bloccata con una scatola di cartone a Messina, Schifani: «chiedo scusa a nome della Regione»

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frattura bloccata col cartone messina sicilia

Caso di malasanità che ha dell’incredibile quello accaduto all’ospedale Barone Romeo di Patti, in provincia di Messina: la frattura al perone di un paziente è stata bloccata con una scatola di cartone, per mancanza di stecche per gli interventi di urgenza.

Il caso riportato da Gazzetta del Sud, ha già suscitato scalpore sui social. All’ospedale Barone Romeo di Patti , in provincia di Messina, una frattura è stata bloccata con una scatola di cartone. Nell’ospedale mancavano le stecche per gli interventi di urgenza. A Il paziente era un ragazzo che aveva riportato una frattura al perone. Successivamente, all’ospedale di Messina, la scatola ha lasciato posto ad un tutore.

Sulla vicenda si è espresso il presidente di Regione Sicilia Renato Schifani, che ha comunicato di aver dato disposizioni per l’avvio di un’ispezione per risalire ai responsabili: «Ho parlato col genitore del ragazzo, ho chiesto scusa a nome della Regione siciliana. Non ce l’ho con i medici, so bene che sono di frontiera e lavorano in condizioni a volte molto complicate. Ma sarò implacabile con i responsabili non appena avrò l’esito dell’ispezione che ho disposto».

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