Cronaca
Scambio di materiale pedopornografico in chat: 3 arresti, tra essi anche un prete

Anche Don Nicola De Blasio, direttore della Caritas diocesana di Benevento, è tra coloro finiti in manette per scambio di materiale pedopornografico in chat. Il canale aveva attirato utenti da tutta Italia. Gli uomini della polizia postale vi si erano infiltrati da febbraio. Perquisizioni, sequestri e arresti in tutta Italia.
Foto e video pornografici che avevano per protagonisti minorenni, in molti casi di tenera età, perfino neonati. Migliaia e migliaia di files «raccapriccianti» che venivano scambiati, visti e commentati da utenti provenienti da tutta Italia. Erano convinti di agire nel più totale riserbo e che lo scambio di materiale pedopornografico in chat avvenisse in maniera del tutto irrintracciabile.
In realtà gli uomini della polizia postale di Torino già da febbraio si erano “infiltrati” nel canale di una nota piattaforma di messaggistica istantanea ed avevano iniziato a raccogliere informazioni. Oggi sono scattate le perquisizioni in tutta Italia.
26 persone indagate e 3 arresti tra Campania, Puglia e Piemonte. Tra esse, un sacerdote: don Nicola De Blasio, direttore della Caritas diocesana di Benevento. Oltre a lui sono finiti in manette un tecnico informatico di 37 anni e l’ideatore del canale a pagamento da cui sono partite le indagini.
Una vera e propria community alla quale si poteva accedere esclusivamente iscrivendosi e versando somme di denaro per poter accedere ai documenti. Migliaia e migliaia di video e foto che ritraevano minori mentre subivano abusi e violenze sessuali.
La scoperta di questo canale da parte della polizia, ha dato il via ad un’indagine che ha coinvolto moltissime regioni: Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto. Un’operazione diretta dalla Procura di Torino e coordinata dal Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni – Centro Nazionale di Contrasto alla Pedopornografia Online che ha visto simultaneamente all’opera gli agenti di 11 Compartimenti della Polizia Postale.
Cronaca
Avvocatessa di Genova condannata per tentato omicidio con riti voodoo

In base alle accuse, la donna ha cercato di appropriarsi del patrimonio di una 86enne di cui era amministratrice di sostegno: oltre ad avergli già spillato un milione di euro, avrebbe commissionato riti voodoo per farla sparire.
Commettere l’omicidio perfetto, è quasi impossibile: un testimone, un’impronta, qualche elemento che sfugge anche se si ripulisce la scena del crimine, alla fine, spesso, saltano fuori. E allora, come si può far sparire una persona, senza lasciare tracce dietro di sé? Attraverso riti voodoo, stando al piano di un’avvocatessa genovese che avrebbe cercato di appropriarsi del patrimonio di un’anziana di 86 anni del quale amministrava il patrimonio e nei cui confronti avrebbe ordito un tentato omicidio.
Queste sono le accuse per le quali è stata condannata a 5 anni di reclusione con rito abbreviato l’avvocatessa, ritenuta responsabile di peculato e falso. La donna è stata inoltre accusata di tentato omicidio attraverso riti voodoo. Per il “reato impossibile” previsto dall’articolo 49 del Codice Penale, è stata sottoposta inoltre a 18 mesi di libertà vigilata.
Secondo quanto ricostruito dal Tribunale dunque, l’avvocatessa avrebbe tentato di compiere un omicidio, giudicato appunto impossibile, commissionando riti voodoo. Per tale rato non è prevista una condanna, ma una misura di sicurezza.
L’avvocatessa conosceva molto bene la vittima: era la sua amministratrice di sostegno, oltre ad esserne l’erede disegnata. Dal patrimonio dell’anziana sarebbe già sparito un milione di euro e la parte lesa ha rifiutato di chiudere la questione in maniera bonaria. Le erano infatti stati offerti due appartamenti, dal valore ingente, ma la signora ha preferito proseguire nell’iter giudiziario. L’avvocatessa, oltre alla condanna, è stata raggiunta anche dall’interdizione perpetua dei pubblici uffici e la confisca dei beni.
Cronaca
Detenuto evaso dalla finestra del Pronto Soccorso a Milano, agente in coma

Questa mattina al San Paolo di Milano un detenuto è evaso lanciandosi dalla finestra del Pronto soccorso in cui era stato ricoverato d’urgenza. Un poliziotto ha provato ad inseguirlo, ma ha sbattuto la testa ed ora si trova in gravissime condizioni.
Sembra la sceneggiatura di un film, invece è quanto avvenuto all’alba di questa mattina, giovedì 21 settembre, al Pronto Soccorso dell’ospedale San Paolo di Milano, dal quale è evaso un detenuto trasportato d’urgenza dopo una rissa in carcere, che si è lanciato dalla finestra. Un agente del servizio di scorta ha provato ad inseguirlo, ma ha sbattuto violentemente il capo ed ora si trova ricoverato in gravi condizioni. E’ in coma.
Il detenuto, magrebino detenuto a San Vittore, è stato portato al San Paolo ieri sera dopo una colluttazione con altri carcerati, in seguito alla quale ha riportato diverse ferite. Questa mattina, alle 5:25, la fuga: ha aperto la finestra e si è buttato dal secondo piano. L’agente che lo aveva in custodia si è lanciato a sua volta, ma non è atterrato altrettanto bene ed ha picchiato il capo.
Trasportato d’urgenza in un altro ospedale, dove è stato sottoposto ad un delicato intervento chirurgico, si trova in gravissime condizioni. sono in corso le ricerche per individuare il detenuto evaso dalla finestra dell’ospedale a Milano.
Attualità
Sindaco di Portofino accusato di vendere borse false nella sua tabaccheria

Un articolo de Il Fatto Quotidiano accende i riflettori su Matteo Viacava, primo cittadino della nota località ligure. Le opposizioni chiedono le sue dimissioni.
Merce contraffatta venduta a poche centinaia di metri dalla celebre piazzetta. L’accusa, lanciata da Il Fatto Quotidiano, non riguarda qualche ambulante irregolare, bensì il sindaco di Portofino, Matteo Viacava, che secondo il quotidiano ha esposto borse false sugli scaffali della sua tabaccheria. Per questo fatto la Lista Sansa nel Consiglio regionale della Liguria ne ha chiesto le dimissioni.
L’atto d’accusa non è declinato propriamente in politichese: «Di solito sono i senegalesi a vendere le borse “taroccate”. A Portofino è il sindaco […] Quando a vendere le borse false per strada sono degli immigrati ecco piombare le forze dell’ordine a riempire verbali, denunce e provvedimenti di espulsione. Ma quando, stando a quanto scrive ‘il Fatto’ con tanto di fotografie, lo fa addirittura il sindaco?».
Il caso è particolare: Portofino è da sempre considerata una meta per gli amanti del lusso e delle migliori griffe. Proprio questa sua esclusività attira da decenni turisti facoltosi, attratti dall’immagine luxury della località. Che il primo cittadino possa vendere merce contraffatta non viene visto come un biglietto da visita appropriato.
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