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Cronaca

Strage di Erba, gli elementi per i quali si chiede la revisione del processo

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La strage di Erba, per la quale vennero condannati all’ergastolo Olindo Romano e Rosa Bazzi, è tornata agli onori della cronaca dopo le richieste di revisione del processo presentate dal sostituto procuratore di Milano Tarfusser e del legale dei due condannati. Le nuove ipotesi contrastano alcuni punti delle condanne.

Si riaccendono i riflettori sulla Strage di Erba del dicembre 2006, in cui morirono 4 persone, tra cui un bimbo di due anni. Uno dei più efferati e discussi episodi di cronaca del nostro Paese, si concluse con la condanna all’ergastolo per Olindo Romano e Rosa Bazzi. Furono loro, in base alla sentenza, ad uccidere Raffaella Castagna, la madre Paola Galli, il figlio Youssef Marzouk e la vicina di casa, Valeria Cherubini, oltre a ferire gravemente Mario Frigerio. Non tutti però ora sono convinti della colpevolezza dei due. A risollevare la questione a livello mediatico ci ha pensato una serie di servizi che la trasmissione Le Iene ha dedicato all’argomento. Nei giorni scorsi invece, il sostituto procuratore di Milano Cuno J. Trasfusser ha chiesto al suo ufficio e all’Avvocatura dello Stato di chiedere la revisione del processo sulla strage di Erba. Richiesta alla quale si aggiunge l’istanza presentata dal legale di Olindo Romano e Rosa Bazzi, Fabio Schembri.

Se la Procura riterrà queste richieste fondate, presenterà richiesta di revisione alla Corte d’Appello competente, ovvero quella di Brescia. Al momento dunque un eventuale iter di revisione del processo sulla strage di Erba si trova ad uno stadio preliminare.

Eppure la sola ipotesi ha già suscitato molto clamore, anche per via dell’attenzione mediatica sul caso. Gli elementi su cui gli innocentisti si concentrano sono diversi e si basano anche sulle perizie fatte eseguire da 17 consulenti scientifici e psichiatrici: la macchia di sangue ritrovata nella macchina di Olindo Romano, le “imbeccate” ai testimoni, gli elementi non presi in considerazione nel processo e le confessioni rese dai due.

Innanzitutto la macchia di sangue. Sfuggita durante la prima perquisizione, venne poi ritrovata nell’auto di Olindo Romano. Secondo i consulenti che hanno stilato le perizie però, la documentazione da loro consultata non ne proverebbe l’esistenza. Oltre al fatto che nessun altra traccia biologica è stata ritrovata nell’auto o nell’appartamento dei coniugi Romano durante i ripetuti esami del Ris.

Le confessioni di Olindo Romano e Rosa Bazzi poi, non sarebbero veritiere. I due fino a due giorni prima si sono sempre dichiarati innocenti e, intercettati a loro insaputa, parlavano tra loro come se non avessero nulla a che fare col delitto e si chiedevano chi potesse essere stato. Il contesto ambientale in cui hanno reso le loro confessioni, sarebbe stato soggetto a fortissima pressione psicologica. All’interrogatorio, non in programma in un primo tempo, al netturbino e alla bidella semianalfabeti, hanno preso parte quattro pubblici ministeri e un ufficiale di polizia giudiziaria. L’avvocato d’ufficio viene descritto dal sostituto procuratore Tarfusser come una «mera presenza fisica». Olindo Romano e Rosa Bazzi vengono poi descritti come persone facilmente circuibili a causa dei disturbi di personalità di cui soffrirebbe il primo e di un ritardo mentale al quale sarebbe soggetta la seconda.

Anche la testimonianza chiave, quella dell’unico superstite Mario Frigerio, avrebbe subito l'”imbeccata” da parte degli inquirenti. Sebbene in un primo momento abbia detto di essere stato aggredito da una persona con la pelle olivastra, successivamente ha cambiato gradualmente la propria versione su spinta, è l’ipotesi , di chi indagava sul caso.

Ci sarebbero poi due testimonianze che non sono state prese in considerazione durante i processi, ma che invece dovrebbero essere tenute da conto: la prima è quella di un tunisino che abitava nello stabile, la seconda quella di un residente della zona. Secondo il primo, che faceva parte del gruppo di Azouz Marzouk, era in corso al tempo una faida tra gruppi rivali per il controllo dello spaccio di cocaina nel territorio. Nello stabile in cui è stato appiccato l’incendio erano conservati denaro e cocaina, mai trovati in seguito al delitto. L’altra testimonianza invece, ha parlato della presenza di figure straniere nei momenti precedenti al delitto.

Qui, nella lotta per il controllo per il traffico degli stupefacenti, potrebbe risiedere il movente della strage di Erba, per la quale è stata chiesta la revisione del processo. Se la Procura generale di Milano riterrà attendibili questi elementi, avanzerà l’istanza alla Corte d’Appello.

Cronaca

Ex colonnello pubblica selfie in divisa da SS: «sono fascista e ne sono orgoglioso»

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giovanni fuochi ex colonello dell'aeronautica in divisa da ss

Giovanni Fuochi, colonnello dell’aeronautica in pensione, ha pubblicato sui social un post, poi rimosso, che lo ritraeva in divisa da ufficiale delle SS. La didascalia recitava: «Sinistrorsi vi aspetto».

Non mancava nulla, nemmeno la croce di ferro al taschino e la fascia rossa con svastica al braccio destro. Giovanni Fuochi, ex colonnello dell’Aeronautica in pensione, ha pubblicato sui social un selfie mentre indossa la divisa da ufficiale delle SS. L’ex ufficiale di Piacenza, è stato comandante dell’aeroporto militare di San Damiano. L’episodio ha generato un certo scalpore non soltanto nel piacentino.

Intervistato dal quotidiano “Libertà”, non smentisce e non arretra di un passo. Spiega che ha l’hobby di collezionare divise e che il suo messaggio voleva essere una «sveglia». Non crea certo stupore apprendere a chi si è ispirato: «un po’ come Vannacci».

Il post è stato poi rimosso, non prima di aver attirato una buona dose di critiche e commenti negativi. Ai quali Fuochi ha risposto: «devi vedere l’intera uniforme: stivali e pistola Luger L8 compresa» scrive ad un utente, «se mi dessero un po’ di spazio vedresti come spariscono gli Lgbt e coglioni vari» spiega ad un altro, «sono fascista e ne sono orgoglioso, chi si professa democratico è di gran lunga più intollerante di me» chiosa infine.

 

 

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Saluti fascisti, razzismo e omofobia in classe: bufera su un professore a Roma

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saluti fascisti in classe a roma

Un gruppetto di studenti dell’istituto Pirelli di Roma ha atteso la maturità, poi, con il supporto dei genitori, ha denunciato i «2 anni da incubo» vissuti durante le ore di storia e filosofia: il professore, sul quale è stata avviata un’indagine interna, avrebbe rivolto insulti razzisti ed omofobi agli alunni, si sarebbe esibito in saluti fascisti ed avrebbe perfino mimato degli atti sessuali in classe.

Si accendono i riflettori sull’istituto Pirelli di Roma, dove un gruppo di studenti neodiplomati ha segnalato il proprio professore di storia e filosofia per comportamenti inappropriati in classe, tra cui saluti fascisti, insulti a studenti omosessuali, insulti razzisti a studenti stranieri, atti sessuali mimati in classe, racconti inopportuni ed altri episodi inopportuni.

La Repubblica ha pubblicato video e foto registrati di nascosto dagli studenti. in uno è in posa con un drappello di fedelissimi. Sorridenti, salutano alla romana. In un altro lo si sente raccontare fiero di quando guardava i «pornazzi» in classe, un altro lo immortala mentre chiude uno studente nel cestino della carta. Il video più incredibile è quello in cui mima un atto sessuale con uno studente, su un banco: «non ti piace?».

Gli episodi denunciati dagli studenti sono diversi e di varia natura. Una studentessa egiziana ha raccontata di essere spesso portata in primo banco: «non ho mai avuto un voto più alto di 3 o 4, mentre i ragazzi che lo “seguivano” andavano bene». Ad uno studente di origine filippino avrebbe chiesto di andare a pulirgli casa, mentre uno studente gay avrebbe rivolto parole molto dure: «quanti ne hai presi?». Il racconto deli studenti è supportato da quello di una professoressa in pensione: «si dichiarava apertamente d’estrema destra e penalizzava con voti bassi chi non gli dava manforte».

Gli studenti si sono rivolto alla dirigente scolastica, che però non avrebbe preso provvedimenti. Al giornale spiega: « dichiara «antifascista ma apolitica», contesta: «Quando mi sono arrivate alcune segnalazioni, anche se mai così gravi, io ho avviato tutte le procedure del caso».

Ora però l’Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio ha avviato un’indagine interna: «Siamo profondamente rammaricati e preoccupati per quanto riportato, poiché comportamenti razzisti e omofobi sono inaccettabili e in netta contraddizione con i valori di inclusività -spiega l’ufficio in una nota- la nostra priorità è garantire un ambiente educativo sicuro e rispettoso per tutti gli studenti».

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Crolla un ballatoio alla Vele di Scampia: 2 morti e 13 feriti

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Il crollo si è verificato alla Vela Celeste, la più popolosa delle Vele di Scampia. Il cedimento si è verificato al terzo piano, ma ha coinvolto anche quelli sottostanti. Tra i feriti anche alcuni bambini.

Il boato si è propagato intorno 22:30. Qualcuno stava ancora cenando, con le finestre spalancate a causa del caldo. «Sembrava il terremoto, poi abbiamo sentito un rumore a ripetizione», racconta una testimone. «Sembravano i fuochi d’artificio» le fa eco un altro. Erano le impalcature di ferro che cedevano una dopo l’altra. Ieri sera, lunedì 22 luglio, alle Vele di Scampia si è verificato il crollo di un ballatoio, che ha provocato la morte di 2 persone ed il ferimento di altre 13. Tra questi, anche dei bambini. 800 sfollati.

L’episodio si è verificato alla Vela Celeste, la più popolosa. A cedere sono stati alcuni corridoi in ferro al terzo piano, che hanno innescato un crollo a catena che ha riguardato anche i piani sottostanti. Queste passerelle in metallo attraversano la struttura e conducono alle abitazioni. Pertanto diverse famiglie dopo il crollo sono rimaste bloccate in casa. Si è venuta così a creare una situazione paradossale nel cuore della notte: nell’edificio, raggiunto da un ordine di sgombero, sono rimaste intrappolate alcune persone, mentre all’esterno quelli che non si trovavano nelle loro abitazioni premevano per rientrare, ma venivano bloccati dai soccorritori.

Le operazioni di soccorso sono state complesse, a partire dal censimento degli sfollati. Circa 800 le persone che non possono al momento fare ritorno nelle proprie abitazioni e che sono in cerca di una sistemazione, mentre procedono le verifiche sull’agibilità della struttura. Nella Vele Celeste nel frattempo le famiglie bloccate in casa hanno atteso che venisse creato un corridoio sicuro per evacuare l’edificio. Intorno alle 4:00 del mattino i Vigili del Fuoco hanno escluso che ci fossero altre persone sotto le macerie.

Le persone decedute appartengono allo stesso nucleo famigliare. Due bambine di 4 e 7 anni si trovano ricoverate in gravissime condizioni con lesioni multiple. Sono in Rianimazione con prognosi riservata. Gli altri bambini rimasti feriti si trovano ricoverati al pronto soccorso dell’ospedale Santobono, mentre gli adulti sono stati portati all’Ospedale del Mare e al Cardarelli. Un ragazzo di 33 anni si trova in Codice Rosso.

Il prefetto di Napoli Michele Di Bari ha riunito il centro coordinamento soccorsi per le prime attività necessarie ed urgenti tra cui anche il coordinamento delle forze di polizia per cinturare e mettere in sicurezza l’area. Nelle prime ore del mattino il prefetto e il sindaco Gaetano Manfredi hanno effettuato un sopralluogo.

La Vela Celeste sarà l’unica a rimanere in piedi, dopo che è stato deciso l’abbattimento delle altre con l’obiettivo di rigenerare la zona. Ad aprile è stato annunciato un progetto da 18 milioni di euro che prevede interventi di riqualificazione. Qui dovrebbero trovare sede anche alcuni corsi di laurea di Medicina.

 

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