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Cronaca

Condannato a 15 anni senza prove, è stato scarcerato dopo 3 anni

Il sostituto procuratore che ha fatto ricorso è Cuno Tarfusser, che ha richiesto anche la revisione del processo sulla strage di Erba.

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processo primo secondo grado corte d'appello

In seguito ad un incidente stradale nel quale ha perduto la vita un anziano facoltoso, l’amico che era al volante dell’auto, Nicola Alfano, è stato condannato a 15 anni per omicidio. Secondo i magistrati aveva ucciso il suo amico per intascarne l’eredità, ma oggi la svolta: non c’è nessuna prova, si sarebbe trattato di una tragica fatalità.

In primo e secondo grado è stato condannato a 15 anni per omicidio volontario. Secondo i giudici aveva ucciso il suo anziano e facoltoso amico, del quale era divenuto ereditario, perché temeva di perdere quanto acquisito dopo che questi aveva iniziato a frequentare una donna. Dopo aver scontato in carcere e ai domiciliari tre dei quindici anni ai quali è stato condannato però, è stato scarcerato e il processo d’appello bis ha ridimensionato, di parecchio, le accuse nei suoi confronti, che sarebbero senza prove. Da omicidio volontario a omicidio colposo e dai 15 anni di penna, a 2 anni e 2 mesi.

Il ricorso è stato presentato, fatto insolito, dal sostituto procuratore generale, l’accusa. Si tratta di Cuno Tarfusser, già salito alla ribalta qualche mese fa per aver richiesto la revisione del processo sulla strage di Erba, che ha definito la vicenda kafkiana.

E’ stato dunque scarcerato dunque Nicola Alfano, il visagista che nel 2019 è stato accusato di aver ucciso in provincia di Pavia l’amico Bruno Lazzerotti, di 78 anni, per intascarne l’eredità e che sarebbe stato condannato senza prove. In base alle accuse nei suoi confronti, avrebbe simulato un incidente stradale nel pavese. L’auto sulla quale si trovavano è finita in un canale e Lazzerotti è morto annegato. Se i giudici dei processi di primo e secondo grado hanno ritenuto sospetta la dinamica dell’incidente, per quelli dell’appello bis non ci sarebbero prove che dimostrino questa versione dei fatti e si sarebbe trattato soltanto di un tragico incidente stradale.

Cronaca

Nove agenti accusati di arresto illegale, calunnia e falso a Piacenza

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Le indagini riguardano episodi verificatosi tra il gennaio e il luglio dello scorso anno. Otto agenti avrebbero condotto indagini alterate, mentre un nono avrebbe rilasciato false dichiarazioni nel tentativo di coprirli.

Sono 9 i poliziotti accusati e finiti sotto indagine a Piacenza: otto per arresto illegale, calunnia e falso in atto pubblico, uno per false dichiarazioni all’autorità giudiziaria. Gli episodi sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti sarebbero avvenuti tra il gennaio e il luglio del 2022.

Le indagini sarebbero partite, in base a quanto riportato dalla stampa locale, da alcune segnalazioni e sarebbero corroborate da diverse testimonianze. Ai poliziotti coinvolti dalle indagini a Piacenza, accusati di aver compiuto arresti illegali, sono stati anche sequestrati i cellulari.

In base alle accuse nei loro confronti, avrebbero abusato dei loro poteri e avrebbero redatto verbali artefatti, contenenti false attestazioni, ottenute anche mediante il ricorso a minacce.

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Attualità

Niente bagno senza consumazione: rissa in un bar di piazza San Marco a Venezia

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Botte tra orbi tra i baristi di un bar di Piazza San Marco a Venezia ed alcuni turisti, dopo che a quest’ultimi è stato negato l’utilizzo del bagno, dal momento che non avevano effettuato nessuna consumazione.

Calci, schiaffi, sedie e tavolini che volano. Non è la rissa in un saloon del vecchio West, ma quello che è accaduto giovedì 21 settembre nella splendida piazza San Marco a Venezia tra alcuni turisti ed i baristi di un bar. Questa volta a far discutere dunque, non è il comportamento indisciplinato di qualche visitatore.

Nello straordinario scorcio tra la Biblioteca Marciana e Palazzo Ducale, visitatori e lavoratori se le sono date di santa ragione. Motivo di tanto astio, l’utilizzo del bagno: secondo i baristi è destinato esclusivamente ai clienti paganti, mentre secondo i turisti era loro diritto usufruirne pur non avendo effettuato alcuna consumazione.

Gli animi si sono presto scaldati e dalle parole si è passati in fretta alle mani. Ed ai piedi. Ed ai tavoli. Quattro uomini, probabilmente stranieri, da una parte, sette camerieri dall’altra. L’insolito spettacolo ha richiamato l’attenzione dei tanti visitatori che affollano la Repubblica Marinara. Qualcuno, ovviamente, ha filmato la colluttazione ed ha caricato il contenuto sui social: il video della rissa nel bar di piazza San Marco a Venezia è diventato, a distanza di qualche giorno dall’accaduto, virale.

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Cronaca

Video porno con l’intelligenza artificiale: venti ragazzine si sono trovate nude sul web

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Undici ragazzi hanno usato l’intelligenza artificiale per realizzare fotomontaggi di video porno, sostituendo il volto delle attrici con quello di alcune ragazze minorenni. Tutti denunciati, qualcuno anche per estorsione: ha chiesto denaro in cambio della cancellazione dei video, diventati nel frattempo virali.

La storia arriva dalla Spagna, più precisamente da Amendralejo, e scoperchia il vaso delle preoccupazioni relative all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale. Venti ragazzine, tra gli 11 ed i 17 anni, si sono viste improvvisamente catapultate sul web in atteggiamenti osé: qualcuno ha usato l’intelligenza artificiale per realizzare video porno con i loro volti.

Sono così finiti nei guai undici ragazzi, autori della bravata. I video realizzati tramite un’applicazione di intelligenza artificiale, sono poi stati diffusi tramite i social e le app di messaggistica, diventando in fretta virali. Qualcuno è indagato anche per estorsione: avrebbe chiesto denaro in cambio della promessa di cancellare i video.

La storia ricorda in qualche modo lo scandalo che coinvolse il sito per adulti PornHub, che nel 2019 ospitò tra le proprie pagine 58 video pornografici che ritraevano una giovane: si trattava di una ragazzina di 15 anni rapita un anno prima in California: i video erano quelli realizzati e caricati dal suo rapitore e stupratore. Venne ritrovata proprio grazie a questi filmati, che permisero agli inquirenti di individuare il maniaco che l’aveva presa e risalire al luogo in cui era detenuta. PornHub declinò ogni responsabilità, affermando di non aver controllo sui ciò che veniva pubblicato dagli utenti, modificando al contempo le regole per caricare i contenuti sul sito.

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