Cronaca
Tracce di latte nel tiramisù vegano: morta ragazza di vent’anni iper-allergica

Quattro indagati per omicidio colposo. Le analisi stabiliranno se lo shock anafilattico che prima ha provocato il coma e poi la morte di una ragazza di vent’anni iper-allergica a latte e uova sin dalla nascita, sia stato causato dagli alimenti, in particolare il tiramisù vegano, che aveva consumato poco prima in un ristorante. Ritirato dal mercato il dolce che la ragazza ha mangiato.
Prima lo shock anafilattico, poi dieci giorni di coma all’Ospedale San Raffaele, infine il decesso. Una ragazza di vent’anni di Milano sarebbe morta dopo aver ordinato un tiramisù, teoricamente vegano, che le sarebbe risultato fatale. La giovane era iper-allergica fin dalla nascita a latte e uova. Il sospetto degli inquirenti è che nel dolce che ha ordinato in un ristorante nel quale cenava insieme al fidanzato, fossero presenti le proteine del latte alle quali era allergica. Dubbi anche sulla maionese, anch’essa vegana, ordinata dalla giovane. Le analisi e l’autopsia aiuteranno a fare luce sulla vicenda.
Quattro persone risultano indagate per omicidio colposo, frode nell’esercizio del commercio e vendita di sostanze alimentari non genuine. Degli accertamenti se ne occuperanno i Nas dei Carabinieri e l’Agenzia di Tutela della Salute (Ats).
Nel frattempo in via precuazionale il Ministero della Salute ha ritirato dal mercato il tiramisù vegano che la ragazza morta dopo uno shock anafilattico e dieci giorni di coma, aveva ordinato. Si chiama “Tiramisun”, è prodotto dalla Mascherpa e, secondo l’avviso del Ministero, presenterebbe il «rischio di presenza di allergeni». Sull’etichetta non sarebbe indicata la presenza di proteine del latte.
Cronaca
Malasanità: perde le gamba a causa delle liste d’attesa troppo lunghe

Ad un pensionato di Alessandria è stata amputata una gamba, in seguito ad alcuni problemi di circolazione riscontrati nel 2018: il Covid ha bloccato le visite e le sue condizioni sono peggiorate. A “salvarlo”è stato un infarto. Se si fosse sottoposte ad alcuni semplici esami avrebbe potuto evitare tutto questo, ma non aveva i soldi per pagarle.
Le visite che saltano, le liste d’attesa che si dilatano, i problemi che si aggravano ed infine la gamba amputata: questo è il calvario di malasanità che un pensionato di 75 anni di Alessandria sta affrontando. Nel 2018 ha avuto alcuni problemi di circolazione, per i quali ha cominciato a sottoporsi ad alcune visite mediche. Poi è scoppiata la pandemia e tutto il sistema sanitario è rimasto paralizzato.
Così sono saltate le visite e le sue condizioni si sono aggravate. Nonostante una setticemia che gli ha provocato la prima amputazione, ad alcune dita del piede, la situazione non si è sbloccata ed è rimasto confinato nelle ultime posizioni delle liste d’attesa. “Per fortuna” però, ha avuto un attacco di cuore che, ironia della sorte, gli ha salvato la vita. Grazie all’arresto cardiaco è infatti stato ricoverato in codice rosso.
Da qui l’escalation è stata abbastanza rapida: esami (ormai tardivi), diagnosi di necrosi, perdita dell’arto, invalidità al 100%, sedia a rotelle. Infatti adesso il pensionato di Alessandria che si trova con una gamba amputata per malasanità è di nuovo in attesa: sta aspettando la protesi. «Lo sbaglio lo hanno fatto all’inizio: stavo male, ma per loro non stavo male abbastanza. Hanno perso tempo, e io ho perso la gamba destra – ha commentato il diretto interessato, che prosegue – Non sono più niente, eppure mi arrangio. Riesco persino a muovermi: ho imparato a saltellare sull’altra gamba».
L’uomo non si scoraggia eppure ne avrebbe tutti i motivi: sarebbero bastati alcuni semplici esami diagnostici per evitare tutto questo, ma all’epoca dei fatti non aveva la possibilità di ricorrere alla sanità privata e quella pubblica ha seguito tempi biblici.
Ma con tutti questi danni, almeno si è evitata la beffa? Nemmeno per sogno: «Potevano tagliare sopra o sotto il ginocchio, hanno preferito tagliare sopra perché costa meno, me l’hanno anche detto, io non ci potevo credere».
Cronaca
Autobus caduto dal cavalcavia a Mestre, Salvini: «non è un problema di guardrail»

L’ipotesi più accreditata è che il conducente abbia avvertito un malore alla guida, ma al momento non c’è nulla di confermato, né nulla di escluso. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini però è sicuro che non è un problema di infrastrutture e che il guardrail non abbia nulla a che fare con l’autobus caduto dal cavalcavia a Mestre.
Le cause della tragedia verificatasi ieri sera nei pressi della stazione di Mestre, dove un autobus elettrico è caduto da un cavalcavia, non sono ancora note, ma il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini non ha dubbi: «Non è un problema di guardrail». Un commento che arriva anche in risposta dai dubbi sollevati dall’amministratore delegato di La Linea, l’azienda di trasporti proprietaria del mezzo: «Le immagini dei filmati che abbiamo visionato mostrano il pullman che si appoggia alla protezione che è quasi una ringhiera». Stessa tesi di Domenico Musicco, presidente della onlus Associazione Vittime Incidenti Stradali sul Lavoro e Malasanità: «Il guardrail sfondato dal mezzo, che già a prima vista appare di tipo ‘vecchio’ e comunque totalmente inidoneo a garantire la sicurezza».
E nonostante il Prefetto di Venezia Michele Di Bari renda noto che «ogni possibilità è al vaglio degli inquirenti», il ministro interessato ha già escluso una possibilità. Il video a cui fa riferimento Musicco è quello registrato dalla smart control room del comune di Venezia. Mostra il cavalcavia Vempa, sopra la bretella della A4. Un bus è fermo, con la freccia a sinistra inserita. Questo viene affiancato da un altro pullman, sulla destra e per un attimo sparisce dall’inquadratura, coperto dal primo mezzo. Poi il filmato mostra il momento in cui l’autobus è caduto dal cavalcavia a Mestre: quello alla sua sinistra è fermo, con le luci di stop accese. Non ci sarebbe stato alcun urto tra i due mezzi.

Il pulmino, un mezzo elettrico noleggiato da un camping per offrire servizio navetta, ha preso fuoco all’impatto con il suolo, dopo una casata di una quindicina di metri. Le batterie al litio potrebbero aver agevolato l’innesco del rogo. A bordo c’erano 35 persone, in gran parte stranieri, turisti tedeschi ed ucraini. In 21 sono morti, tra cui un neonato, un 12enne ed una minorenne.
Sul posto si sono immediatamente precipitati i soccorsi ai quali si sono aggiunti due migranti che si trovavano lì e che sono diventati i simboli dello sforzo disinteressato. Si sono messi a disposizione dei Vigili del fuoco e dei Carabinieri ed hanno aiutato a portare fuori dalla carcassa in fiamme molte persone. Un altro video che ha fatto molto scalpore è quello che mostra un uomo estrarre una bambina da un finestrino e metterla in salvo. Si tratterebbe del padre, ma non è stata confermata.

Nel frattempo si cominciano a vagliare le possibili cause. Tra le più accreditate, quelle del malore al conducente, morto sul colpo. Si trattava di un professionista esperto e stimato, che aveva da poco preso servizio. La Procura ha acquisito le scatole nere del mezzo ed è stata disposta l’autopsia del corpo del conducente, oltre agli esami tossicologici ed il test alcolemico.
Cronaca
Trema ancora la terra nei Campi Flegrei: cosa prevede il Piano di Evacuazione

Tanta paura, gente in strada e panico che si diffonde anche sul web: il terremoto che ieri sera ha colpito i Campi Flegrei intorno alle 22:00 è stato il secondo più intenso da quando ha ripreso l’attività sismica.
L’attività sismica che da alcuni giorni sta interessando i Campi Flegrei continua e continuerà, come ha spiegato il Direttor dell’Osservatore Vesuviano Mauro De Vito. Ieri sera tra Pozzuoli ed Agnano, una nuova potente scossa, la seconda più intensa da quando la terra ha ricominciato a tremare, il 7 settembre scorso. Magnitudo 4.0 a 3 chilometri di profondità, un terremoto superficiale avvertito distintamente dalla popolazione, sebbene non ci sarebbero stati grossi danni, né interventi dei Vigili del Fuoco. Qualche calcinaccio però si è staccato dai cornicioni ed è caduto al suolo. Ma la gente ha paura e da più parti si invoca l’aggiornamento del Piano di evacuazione dei Campi Flegrei.

Mentre Ingv e studiosi cercano di rassicurare la popolazione infatti, il panico si diffonde, per strada e sul web: «non ci stanno dicendo tutto», oppure «sono menzogne» sono alcuni dei commenti che si possono leggere sotto ai canali di comunicazione ufficiale. Il timore che si sta diffondendo è che possa verificarsi una nuova tremenda eruzione, come quella del 79 dC, sebbene gli esperti lo considerino improbabile.
L’attività sismica di questi giorni dovrebbe essere collegata al fenomeno del bradisismo, il sollevamento del suolo è cominciato nel 1983-84, quando si sono verificati 16 mila piccoli terremoti in due anni, e sarebbe corroborata dal sistema idrotermale: fluidi ed alta pressione contribuiscono in maniera significativa al sollevamento, provocando terremoti e sciami.
E mentre la popolazione trattiene il fiato, da più parti si invoca l’aggiornamento del Piano di Evacuazione dei Campi Flegrei, che prevede l’evacuazione di 500 mila persona nel giro di 72 ore. Secondo il piano, l’area si divide in due zone: rossa e gialla. La prima è quella più esposta al rischio di invasione di materiale piroclastico, nubi ardenti di magma e gas. Comprende i Comuni di Monte di Procida, Bacoli, Pozzuoli, Marano di Napoli, Quarto, Giugliano in Campania ed alcune municipalità di Napoli (Posillipo, Bagnoli, Chiaia, Fuorigrotta, Vomero, Soccavo, Arenella, Chiaiano, Pianura). Qui, l’unica soluzione è l’evacuazione immediata della popolazione, 500 mila persone, che altrimenti non avrebbe scampo.
La zona gialla invece comprende i Comuni esposti al rischio di caduta di ceneri vulcaniche, quali Villaricca, Calvizzano, Mugnano di Napoli, Melto di Napoli, Casavatore, parte di Marano di Napoli e altri 24 quartieri del capoluogo campano. In questo caso, la popolazione, 800 mila persone, sarebbe soggetta ad allontanamenti temporanei.
L’evacuazione dovrebbe avvenire nelle 72 pre precedenti all’evento, cadenzata in tre fasi: durante le prime 12 ore le famiglie avrebbero il tempo di prepararsi, mentre nelle successive 48 i Comuni dovrebbero gestire gli spostamenti. Previsto inoltre un margine di 12 ore in caso di criticità eventuali e per permettere anche agli operatori di Protezione Civile di allontanarsi.
Le richieste di aggiornamento riguardano in particolare le vie di fuga della zona rossa: il Piano di evacuazione dei Campi Flegrei prevede alcune aree di incontro per la popolazione e diversi “gate”, cancelli di accesso alla viabilità e allo scorrimento veloce. Ma non tutti sono stati completati.
Il supertunnel che collega la tangenziale con il porto di Pozzuoli è chiuso al traffico, ma l’apertura sarebbe imminente, secondo i primi cittadini dei Comuni coinvolti. I gate di raccordo con altre zone però, saranno pronti solo tra un paio di anni.
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