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Non solo USA e UE, anche Svizzera e San Marino tra i “Paesi ostili” alla Russia

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La Russia dirama la lista dei Paesi Ostili mosca Cremlino

Anche l’Italia, in quanto membro dell’Unione Europea, è presente nella lista dei “Paesi ostili” diramata oggi dalla Russia. Nella blacklist in cui sono finiti gli Stati che hanno applicato sanzioni economiche, oltre agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna, compaiono anche Svizzera, San Marino, Liechtenstein, Islanda e Singapore.

Persino la Svizzera viene tenuta d’occhio dai russi. La Confederazione Elvetica, che della neutralità ha fatto arte, figura nella lista di “Paesi ostili” diramata dalla Russia, al pari di tutti i Paesi Ue e di Usa, Australia, Gran Bretagna, Islanda, Canada, Liechtenstein, Monaco, Nuova Zelanda, Norvegia, Corea del Sud, San Marino, Singapore, Taiwan, Ucraina, Montenegro, e Giappone. Ovviamente anche l’Italia è compresa in questo elenco, in quanto membro dell’Unione Europea.

In questa blacklist diramata dal Cremlino figurano tutti gli Stati che hanno imposto sanzioni economiche alla Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina. Il governo russo ha approvato oggi un decreto che stabilisce una “procedura provvisoria per l’adempimento di obblighi verso creditori esteri”. In soldoni, prevede che eventuali obbligazioni della Russia verso creditori stranieri, presenti nella lista dei “Paesi ostili”, possano essere pagati in rubli. Dal momento che il rublo è in caduto libera, nessuna controparte accetterebbe questo pagamento, che perderebbe quindi di valore.

Nel frattempo Zelensky continua a lanciare appelli affinché vengano adottate misure ancor più rigide nei confronti di Mosca, a partire dall’invio di aerei da combattimento e dall’istituzione da parte della Nato di una no-fly zone sull’Ucraina. su quest’ultima misura però misura sulla quale però diversi Paesi temporeggiano, dal momento che è stata indicata a più riprese da Putin come un atto ostile e potrebbe portare ad un ulteriore inabissamento delle trattative diplomatiche.

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Venezuela, Maduro al contrattacco: mandato d’arresto per Gonzalez

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nicola maduro rieletto presidente venezuela opposizioni denunciano brogli elettorali

La faida tra l’erede di Chavez ed il suo sfidante si fa più sempre più aspra. Maduro accusa di cospirazione e terrorismo Gonzalez, che aveva a sua volta denunciato brogli elettorali e che si trova in semi-clandestinità dal 30 luglio.

Poco più di un mese dopo le elezioni presidenziali, il Venezuela scivola sempre più nel caos dopo che nella notte è stato spiccato, e ratificato a tempo di record, un mandato d’arresto per lo sfidante di Nicolas Maduro, Edmundo Gonzalez Urrutia. Le accuse sono di «usurpazione di ufficio, diffusione di false informazioni, incitamento a disobbedire alla legge, incitamento all’insurrezione e associazione a delinquere».

All’indomani del voto Gonzalez ha denunciato brogli elettorali, ha contestato la proclamazione di Maduro con il 52% dei voti da parte del Consiglio elettorale nazionale ed ha mostrato dati sugli scrutini che lo davano in netto vantaggio. Poco più di un mese dopo, è arrivata la risposta decisa del governo, anche se la richiesta d’arresto reca la firma della Procura ed è stata approvata dal Tribunale di Prima Istanza con Funzioni di Controllo.

E’ lo stesso presidente a mettere il cappello sull’iniziativa: «Crede di essere al di sopra della legge questo signor codardo, ha la pretesa di dire che non riconosce la legge, che non riconosce nulla. Questo è inammissibile, non accade in nessun’altra parte de mondo», ha detto nel corso del suo programma settimanale “Con Maduro+” sulla tv di Stato.

L’ex ambasciatore Gonzalez, che dopo il mandato d’arresto si trova in condizione di semi-clandestinità, non appare in pubblico dal 30 luglio. Dal giorno delle elezioni in tutto il Paese si sono verificati scontri e disordini e si stimano che siano oltre 2.400 le persone arrestate o detenute. L’Onu ha speso parole pesanti, parlando di «clima di terrore» in Venezuela, mentre i Paesi dell’Unione Europea e molti stati latino americani non riconosceranno il risultato elettorale, fino a che il governo venezuelano non mostrerà prove inconfutabili. Gli Stati Uniti invece hanno già riconosciuto Gonzalez come vero vincitore.

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Pavel Durov si è consegnato? Il fondatore di Telegram agli arresti in Francia

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arrestato fondatore di telegram

Secondo alcuni osservatori Pavel Durov, il fondatore di Telegram arrestato subito dopo l’atterraggio in Francia, potrebbe essersi consegnato alle autorità per impedire un’eventuale estradizione in Russia, avendo anche la cittadinanza francese. 

Pavel Durov è accusato di essere complice nella diffusione di reati attraverso la piattaforma di messaggistica istantanea da lui fondata, Telegram. Sull’app con l’aeroplanino, ogni giorni un miliardo di utenti comunicano e diffondono notizie. Ma scambiano anche materiale pornografico, droga, streaming illegale, propaganda nazista e terroristica ed altro ancora. Il fondatore di Telegram è stato arrestato con l’accusa di non collaborare con le autorità per impedire la proliferazione di questi reati.

La notizia del suo fermo è stata accolta con sorpresa. L’informatico, e miliardario, di origine russe non poteva non sapere di essere indagato. Che possa aver deciso di aprire un dialogo con le autorità francesi per mettersi al sicuro da qualsiasi estradizione in Russia? Da oltre un decennio ha lasciato la madrepatria, ai tempi delle prime frizioni con il Cremlino, durante l’invasione di Crimea. Da allora ha girato per il mondo, ottenendo altre cittadinanze, compresa quella francese, e dedicandosi alla sua nuova creatura. In gioventù, fino ai 14 anni, ha vissuto a Torino, dove il padre insegnava filologia.

Sabato scorso, è stato arrestato in Francia, dove è atterrato con il suo jet privato. Questo ha fatto pensare che possa aver voluto consegnarsi alle autorità francesi piuttosto che a quelle russe. Avendo anche la cittadinanza francese avrebbe in qualche modo precluso ogni ipotesi di estradizione. Durov era partito dall’Azerbaijan. Nello stesso Paese si trovava il presidente russo Putin. I media internazionali non escludono contatti tra i due, o tra i loro entourage. Oppure, che questi possano essere all’ultimo saltati.

Sembrerebbe che fosse in corso una sorta di riavvicinamento tra i due, mediata da oligarchi russi ai quali Durov si è rivolto in cerca di finanziamenti. L’informatico si è attirato l’antipatia del Cremlino con la sua prima creatura, VKontakte, il Facebook russo. Nel 2014 il governo ha chiesto l’accesso ai profili di alcuni personaggi che diffondevano messaggi contrari all’invasone di Crimea. Durov in un primo momento si è opposto, poi ha venduto le sue quote a personaggi meno intransigenti con le richieste del Cremlino ed ha lasciato il Paese.

I rapporti nel tempo però si sarebbero distesi. Anche perché la seconda avventura di Durov è l’app di messaggistica più utilizzata dai canali di diffusione della propaganda russa. Non si tratta solo di un’app per scambiare messaggi, foto e video, ma di una piattaforma che consente di trasferire qualsiasi contenuto nell’anonimato più assoluto. Non ci è voluto molto perché diventasse la preferita anche dei criminali. Da qui, l’accusa di esserne in qualche modo complice.

«Telegram rispetta le leggi dell’Ue, incluso il Digital Services Act: la sua attività di moderazione è conforme agli standard del settore e in continuo miglioramento.️ Il Ceo di Telegram, Pavel Durov, non ha nulla da nascondere e viaggia spesso in Europa», ha fatto sapere ieri su X la società di messaggistica istantanea. «È assurdo affermare che una piattaforma o il suo proprietario siano responsabili dell’abuso di tale piattaforma. Quasi un miliardo di utenti in tutto il mondo utilizza Telegram come mezzo di comunicazione e come fonte di informazioni vitali. Stiamo aspettando una rapida risoluzione di questa situazione».

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Turista italiano morto a Bali: cede una ringhiera e precipita per 25 metri

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turista italiano morto a bali indonesia

Un turista italiano in vacanza con la fidanzata in Indonesia è morto dopo essere  precipitato per 25 metri alle cascate di Gajah Mas, sull’isola di Bali: la ringhiera sulla quale erano appoggiati per una foto ricordo ha ceduto. Anche la ragazza è caduta nel vuoto sottostante. Si è svegliata un’ora dopo ed ha chiamato i soccorsi.

Si trovava in Indonesia per una vacanza insieme alla fidanzata il turista italiano morto dopo essere precipitato per 25 metri alle cascate di Gajah Mas,a Bali. La coppia si stava scattando una foto ricordo con le cascate sullo sfondo, quando la ringhiera sulla quale erano appoggiati ha ceduto. G.Z. ingegnere di 49 anni originario di Matera, e I. B. 25 anni originaria di Torino, «sono precipitati senza possibilità di appiglio» ha spiegato la polizia di Tabanan. La tragedia si è verificata la scorsa domenica 4 agosto intorno alle 11:15 (ora locale).

La ragazza ha ripreso conoscenza circa un’0ra dopo ed ha trovato le forze per arrampicarsi lungo la parete e chiedere aiuto. La polizia ha spiegato ancora che il personale di sicurezza l’ha poi aiutata a raggiungere l’atrio di Villa Gajah Mas, dove le sono state prestate le prime cure. Successivamente, è stata portata d’urgenza al Baturiti Health Center di Tabanan. Per il fidanzato invece, nnon c’è stato nulla da fare, a causa delle gravi ferite riportate. «La famiglia della vittima ha rifiutato l’autopsia e ha accettato la tragedia come un incidente», ha dichiarato ancora il capo delle pubbliche relazioni della polizia di Tabanan.

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