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De Angelis e il post che nega la matrice fascista della strage di Bologna: «chiedo scusa, ho scritto di getto»

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girorgia meloni non indica la matrice della strage di bologna

Il responsabile della comunicazione di regione Lazio Marcello De Angelis, in passato militante tra le fila destra radicale e cognato dell’ex Nar Luigi Ciavardini, ha sollevato un polverone con un post in cui negava le responsabilità di Mambro, Fioravanti e del cognato della strage di Bologna ed oggi si scusa affermando che si trattava di un «testo non ponderato, ma scritto di getto sulla spinta di una sofferenza interiore». Non parla di dimissioni, ma rocca prende le distanze.

Un post sui social di Marcello De Angelis, responsabile della comunicazione di Regione Lazio, ha sollevato un vero putiferio politico a causa del suo contenuto: negava la matrice la fascista della strage di Bologna, le responsabilità di Mambro, Gioravanti e Ciavardini (del quale è cognato) e si scagliava perfino contro il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, reo di aver contribuito ai “depistaggi” sui veri autori della strage. Oggi, De Angelis è tornato sulla questione, con un altro, lungo, post nel quale si scusa ed afferma di essere stato frainteso «per l’enfasi di un testo non ponderato, ma scritto di getto sulla spinta di una sofferenza interiore». Assicura inoltre di nutrire il massimo rispetto per le Istituzioni, prima fra tutte la presidenza della Repubblica.

De Angelis comincia scusandosi «con quelli – e sono tanti, a partire dalle persone a me più vicine» a cui le sue «riflessioni personali» hanno «provocato disagi». Ha poi spiegato che le sue affermazioni «possono essere fraintese per l’enfasi di un testo non ponderato, ma scritto di getto sulla spinta di una sofferenza interiore che non passa ed è stata rinfocolata in questi mesi».

«Ho servito e rappresentato le istituzioni democratiche per anni e ne ho il massimo rispetto, così come per tutte le cariche dello Stato, che da parlamentare ho contributo ad eleggere e che oggi sostengo come cittadino elettore – prosegue De Angelis – Fra queste e prima di tutte, la Presidenza della nostra repubblica».

Una puntualizzazione: «I colleghi giornalisti che quotidianamente e pubblicamente mi definiscono un ex-terrorista – pur nella consapevolezza del fatto che non sono mai stato condannato per nessun atto criminale o gesto di violenza – infangano il mio onore e mi negano la dignità di una intera vita. Perché un terrorista è una persona schifosa e vile».

Ma sul tema principale, la matrice della strage di Bologna, ha affermato che «in merito alla più che quarantennale ricerca della verità sulla strage di Bologna, l’unica mia certezza è il dubbio».

«Purtroppo sono intervenuto su una vicenda che mi ha colpito personalmente, attraverso il tentativo, fallito, di indicare mio fratello, già morto, come esecutore della strage. Questo episodio mi ha certamente portato ad assumere un atteggiamento guardingo nei confronti del modo in cui sono state condotte le indagini.

Esprimo quindi dubbi, così come molti hanno espresso dubbi sulla sentenza definitiva contro Adriano Sofri senza per questo essere considerati dei depistatori o delle persone che volessero mancare di rispetto ai familiari del commissario Calabresi».

Questi sono alcuni stralci del lungo post di De Angelis nel quale, oltre a ribadire le scuse, afferma che bisogna ancora scavare per accertare la verità su quanto accaduto alla stazione di Bologna il 2 agosto del 1980. Altrettanto lungo fu quello che ha scosso il vespaio, del quale citiamo un solo stralcio: «So per certo che con la strage di Bologna non c’entrano nulla Fioravanti, Mambro e Ciavardini. Non è un’opinione: io lo so con assoluta certezza. E in realtà lo sanno tutti: giornalisti, magistrati e “cariche istituzionali” […] chi ogni anno e con toni da crociata, grida al sacrilegio se qualcuno chiede approfondimenti sulla questione ha SICURAMENTE qualcosa da nascondere».

Nessun accenno ad eventuali dimissioni, invocate a gran voce da opposizioni e familiari delle vittime, sebbene il presidente di Regione Lazio Francesco Rocca, potrebbe prendere provvediemnti anche drastici: «Vedrò Marcello De Angelis nel pomeriggio e sentirò cosa mi dirà. La mia posizione, anche sulle sentenze, l’ho espressa ieri con chiarezza. De Angelis ha commesso un errore importante parlando in termini di certezza anche se a titolo personale. Io farò le mie valutazioni ma lui non ha alcun ruolo politico nell’amministrazione regionale. Io mi sento spessissimo con la Meloni, abbiamo avuto modo di sentirci: mi ha chiesto di chiarire e certamente non era felice per quanto accaduto».

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Rete ferroviaria in tilt, ma Salvini pensa alla Festa dei Nonni: polemiche

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Il ministro dei Trasporti travolto dalle polemiche per la gestione dell’emergenza che ha paralizzato la circolazione su rotaia e per le relative comunicazioni: mentre i pendolari del Paese rimanevano fermi ai binari e Trenitalia consigliava di «riprogrammare i viaggi», Salvini dedicava un post alla Festa dei Nonni.

Le opposizioni hanno già chiesto le dimissioni del ministro dei Trasporti. Oggi, mercoledì 2 ottobre, la circolazione ferroviaria ha subito gravissimi disagi, con oltre un centinaio di treni cancellati e numerosi ritardi, a causa di un guasto elettrico nel nodo di Roma. Il problema ha paralizzato le stazioni Tiburtina e Termini, provocando ripercussioni sull’intera rete nazionale. I disagi hanno scatenato un’ondata di critiche verso Salvini, anche per il fatto che il ministro non ha affrontato immediatamente la questione, preferendo dedicare un pensiero alle celebrazioni della Festa dei No

Un guasto al quale non si è potuto rimediare in breve tempo. Trenitalia si è limitata a consigliare ai viaggiatori di «riprogrammare i viaggi». E da più parti è stato invocato un intervento del ministro dei Trasporti, che però a lungo è rimasto in silenzio.  Alla fine, durante un intervento in videocollegamento al 68° congresso degli ingegneri di Siena, il leghista ha pronunciato qualche parola sul disservizio: «Siamo al lavoro per risolverlo il prima possibile. C’è stato un problema elettronico in una centralina questa notte, a Roma. Evidentemente qualcuno non è riuscito a intervenire in tempo». Nello stesso intervento ha trovato il tempo di difendere l’ordine degli ingegneri, ma non quello dei giornalisti, che, anzi, vorrebbe sopprimere.

Tuttavia, non ci sono soltanto ingegneria, edilizia ed un piccolo accenno ai trasporti nei pensieri dell’eclettico Salvini, ma anche la Festa dei Nonni. Sui propri profili social infatti, mentre la crisi dei treni era in corso, il ministro ha pubblicato un lungo e sentito post sulla celebrazione. Riportiamo solo la chiusa: «Se potete, chiamateli e fate sentire il vostro affetto, perché i nonni sono la vita. Buona festa a tutti i nonni». Segue l’emoji del cuore. Al post invece è seguita un’ondata di critiche.

In mattinata Salvini avrebbe dovuto presenziare alla presentazione del brand dei treni regionali di Ferrovie dello Stato. Né lui né l’amministratore delegato Stefano Donnarumma si sono presentati. Il ministro però era presente nel pomeriggio al question time della Camera, dove è stato inevitabilmente incalzato sui disagi alla rete ferroviaria. «Ho chiesto che emergano le responsabilità e chi ha sulla coscienza i disagi creati oggi a migliaia di persone ne dovrà rispondere. A quanto mi risulta, i tecnici mi dicono esserci stato un errore stanotte di un’impresa privata che ha piantato un chiodo su un cavo e poi diciamo che il tempo di reazione di fronte a questo errore, e conto che il privato ne risponderà, non è stato all’altezza di quello che la seconda potenza industriale d’Europa deve avere» ha affermato Salvini. E ancora: «Ci stanno lavorando gli ingegneri perché non è possibile investire miliardi di euro per comprare nuove carrozze, i nuovi treni pendolari, gli Intercity, l’alta velocità, la Tav, il Brennero e tutto il resto, e se uno alle tre di notte a Roma pianta il chiodo nel posto sbagliato poi tu rovini la giornata di lavoro a a migliaia di persone».

Infine il ministro rassicura: «ho chiesto nomi, cognomi, indirizzi e codici fiscali di quelli che non hanno fatto il loro lavoro, quando ci sarà questa conclusione lo saprò e lo saprete. Ho chiesto una verifica delle centraline di alimentazione in tutta Italia, perché a questo punto non è possibile che un errore di un privato possa fermare mezza Italia».

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Indagini sulle curve, perquisizione anche per il rapper Emis Killa

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san siro arrestati capi ultras inter e milan

Negli atti dell’inchiesta spuntano anche i rapporti tra il musicista, non indagato, e Lucca Lucci, capo degli ultras milanisti. Sequestrati un tirapugni, uno sfollagente ed un coltello, oltre a dieci mila euro in contanti.

Ci sono anche i rapporti tra i rapper della scena milanese ed i leader delle curve, in particolare quella milanista, nelle carte dell’inchiesta che ha portato all’arresto dei vertici degli ultras di Milan ed Inter. I capi del tifo organizzato meneghino sono accusati di diversi reati collegati al controllo di attività non lecite che gravitano intorno alle partite. Tra coloro che hanno subito una perquisizione, seppur non indagato, anche il rapper Emis Killa.

Gli inquirenti hanno sequestrato un coltello, sfollagente, tirapugni e dieci mila euro in contanti. Il rapper sarebbe stato presente all’aggressione ai danni di uno steward avvenuta a San Sitro lo scorso 11 apile, in occasione della partita Milan- Roma. Due ultras hanno superato gli stornelli esibendo un solo biglietto. L’operatore ha provato a bloccarli e dui tutta risposta è stato picchiato di fronte ad una quindicina di tifosi, tra i quali appunto Emis Killa.

Oltre a lui sono diversi i rapper con cui  Luca Lucci, il capo della Curva Sud da ieri in carcere, intratteneva rapporti: Fedez, Lazza, Cancun, Guè Pequeno, Tony Effe. Secondo la Procura di Milano Lucci avrebbe tentato «relazioni di carattere lavorativo nel settore musicale». Addirittura, avrebbe avviato «preliminari accordi tesi a gestire i concerti di tali artisti, sia sul territorio nazionale (ed in particolare in Calabria), sia internazionale». Questo grazie al suo fedelissimo Hagag Islam, in arte Alex Cologno, ultrà milanista descritto come molto vicino a Fedez.

Emis Killa, che ha subito una perquisizione ma che non è allo stato attuale indagato, avrebbe anche accompagnato con un Suv e ospitato in uno skybox di San Siro Luca Lucci, in occasione del match Milan-Torino dello scorso 17 agosto. Lucci ha potuto presenziare «in virtù di un’autorizzazione rilasciata dal Tribunale di Sorveglianza di Brescia, perché “affidato in prova”». La curva ha salutato il ritorno a San Siro dello storico capo con uno striscione: «Il Joker ride sempre. Joker è il soprannome di Lucci.

 

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Arrestati i vertici delle curve di Milan ed Inter

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san siro arrestati capi ultras inter e milan

Tra gli arrestati il capo ultras rossonero immortalato in uno scatto ormai celebre che lo ritrae con il ministro Salvini ed il bodyguard del rapper Fedez. Anche l’allenatore dei nerazzurri Simone Inzaghi avrebbe ricevuto pressioni.

Questa mattina all’alba la Procura di Milano ha fatto scattare un blitz contro i vertici delle opposte curve di San Siro, ritenuti responsabili di diverse accuse. 19 in tutto gli ultras di Milan ed Inter che sono stati arrestati: 16 sono finiti in carcere, 3 ai domiciliari.

Arrestato per spaccio Luca Lucci capo ultrà del Milan che si fece foto con Matteo Salvini

Tra coloro che sono finiti in manette, Luca Lucci, milanista, celebre anche per una foto che lo ritrae in compagnia di Matteo Salvini. Incalzato dai cronisti, il ministro dei Trasporti non ha potuto evitare l’argomento: «Ho fotografie con 100mila persone, anche con i milanisti ho alcune migliaia di foto sperando che siano tutte persone per bene. Ma mi fido delle forze dell’ordine. Ringrazio la polizia – prosegue il ministro – vado allo stadio da quando ho 5 anni e se qualcuno usa lo stadio per interessi suoi con puzza di mafia, camorra e ‘ndrangheta, va isolato, beccato e allontanato. La violenza e la mafia devono stare fuori dagli stadi».

Un altro personaggio celebre risucchiato dall’inchiesta è Christian Rosiello, il bodyguard di Fedez (il cantante è estraneo ai fatti) protagonista del presunto pestaggio del personal trainer Cristian Iovino.

In base alle accuse nei loro confronti, i capi ultras di Milan ed Inter che sono sono arrestati sarebbero responsabili di estorsioni sulla vendita dei biglietti, preteso un “pizzo” mensile derivante dai parcheggi in zona stadio, oltre che di risse e lesioni. Per i vertici della curva interista spunta anche l’aggravante mafiosa e l’accusa di favoreggiamento ad una cosa ‘ndranghetista. L’indagine infatti ha preso avvio dall’omicidio di Antonio Bellocco, che secondo gli inquirenti sarebbe stato un esponente dell’omonima cosca, il quale si era infiltrato nella curva nerazzurra. Per il delitto è stato arrestato il capo ultras Andrea Beretta, ma anche il suo vice, Marco Ferdico, risulta indagato.

Tra coloro che avrebbero ricevuto pressioni c’è anche l’allenatore dei nerazzurri Simone Inzaghi. Nell’ordinanza di custodia cautelare si legge che Ferdico «ha esplicitamente chiesto a Inzaghi di intervenire con la Società, o meglio direttamente con Marotta al fine di ottenere ulteriori 200 biglietti» per la finale di Champion’s League dello scorso anno. In una telefonata all’allenatore, intercettata lo scorso 26 maggio, Ferdico afferma: «Te la faccio breve Mister…ci hanno dato 1.000 biglietti…noi ci siam fatti due conti…ne abbiam bisogno 200 in più per esser tranquilli…ma non per fare bagarinaggio mister (…) arriviamo a 1200 biglietti? Questa è la mia richiesta». Inzaghi l’avrebbe rassicurato: «Parlo con Ferri, con Zanetti, con Marotta, parlo con quelli (…) verrò su…poi ti faccio sapere qualcosa…gli dico…che ho parlato con te e che tanto avevi già parlato con Ferri e Zanetti (…) Marco io mi…mi attivo e ti dico cosa mi dicono». Ma Ferdico precisa: «È il direttore Marotta…bisogna parlare con lui…perché lui ha l’ultima parola…tutto qua».

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