Politica
Gianfranco Fini condannato a 2 anni e 8 mesi per la casa di Montecarlo
L’ex leader di AN non rischia la galera. Condannata a 5 anni la compagna Elisabetta Tulliani. Fini dichiarò che fu lei, insieme alla sua famiglia, ad ingannarlo.
14 anni fa si consumò la più aspra crisi tra alleati del centrodestra. L’allora presidente della Camera ed ex leader di Alleanza Nazionale Fini, nella fase in cui i media ed avversari politici usavano la locuzione “compagno Gianfranco” per descriverlo, arrivò allo strappo(«che fai mi cacci?») con l’ancora indiscusso leader del centrodestra Silvio Berlusconi. Di lì a poco si sarebbe sciolto il Popolo delle Libertà e l’infelice risultato elettorale ottenuto poi da Futuro e Libertà avrebbe portato all’esclusione di Fini dal Parlamento. Ad affrettare la conclusione della carriera politica dell’ex missino, fu il caso della casa di Montecarlo, che si abbatté come un macigno sulla carriera politica di Fini, che oggi è stato condannato a 2 anni ed 8 mesi.
Il reato per il quale è stato condannato è quello di riciclaggio. «E’ stato scritto che ero imputato di associazione a delinquere e non è vero, se qualcuno ha una coscienza dovrebbe riflettere», ha dichiarato uscendo. La compagna Elisabetta Tulliani è stata condannata a 5 anni, il fratello Giancarlo a 6 anni e il padre dei due, Sergio a 5 anni. La pm di Roma, Barbara Sargenti, aveva chiesto pene più aspre: 8 anni per il politico, 9 anni per la compagna, 10 anni per il cognato e 5 anni per il padre dei due.
Elisabetta Tulliani lo scorso mese, durante alcune dichiarazioni rese in aula, aveva provato ad addossarsi le responsabilità della vicenda: «ho nascosto a Gianfranco Fini, padre delle mie figlie, le intenzioni di mio fratello di acquistare la casa di Montecarlo. Ero certa che il denaro per l’acquisto fosse di mio fratello. Non ho mai detto a Fini del denaro ricevuto da mio padre, di cui ignoravo la provenienza». Secondo Fini invece, ne era consapevole. In precedenza l’ex presidente della Camera aveva dichiarato: «Quella dell’appartamento di Montecarlo è stata la vicenda più dolorosa per me. Sono stato ingannato da Giancarlo Tulliani e dalla sorella Elisabetta. Loro insistettero perché mettessi in vendita l’immobile. Giancarlo mi disse che una società era interessata ad acquistarlo, ma non sapevo che della società facevano parte lui e la sorella: la sua slealtà e la volontà di ingannare e raggirare credo si sia dimostrata in tutta una serie di occasioni».
La vicenda della casa di Montecarlo per la quale Fini è stato condannato, riguarda l’immobile lasciato in eredità ad AN dalla contessa Annamaria Colleoni nel 1999. Nel 2008, la villa è stata acquistata dal Giancarlo Tulliani. Secondo l’accusa, con i soldi di dell’imprenditore Francesco Corallo, accusato a sua volta di associazione a delinquere finalizzata al peculato, riciclaggio ed evasione fiscale. Corallo non avrebbe erogato allo Stato italiano 85 milioni di euro di tributi erariali, parte dei quali è confluita in una società, la Printemps, attraverso cui il cognato dell’ex leader di AN ha portato a termine l’acquisto, per soli 300 mila euro. L’appartamento è poi confluito in un’altra società schermata, riconducibile a Elisabetta Tulliani.
Politica
Vannacci si scusa con Paola Egonu: «è italianissima»
Vannacci abiura il passaggio su Paola Egonu («non ha tratti somatici italiani») e la certifica «italianissima». La campionessa azzurra lo ha querelato.
Dietro front. Paola Egonu è «italianissima», parola di Generale Roberto Vannacci. Il candidato con la Lega alle prossime Europee, ha offerto le sue scuse all’azzurra con una lettera aperta, nella quale si può leggere: «Lei è italianissima, è una italiana di cui andiamo orgogliosi: una persona che, per quanto di origini diverse, ha scelto di rappresentare il nostro paese e di aderire senza alcuna riserva agli ideali fondanti della nostra Repubblica assurgendone a simbolo e a rappresentante nel mondo agonistico» Già in questo passaggio si intuisce qualche distinguo che comunque non saranno assenti nella lettera.
Vannacci, quando ancora seguiva una carriera militare all’insaputa della stragrande maggioranza degli italiani e delle italiane, nel suo libro “Il mondo al contrario” aveva dedicato contestatissimo passaggio ai «tratti somatici» di Paola Egonu.
Dopo le polemiche, e la querela, l’ex generale ora il leghista prova a far chiarezza: «Non ho mai avuto dubbi sulla sua cittadinanza italiana e sono personalmente e convintamente fiero che lei rappresenti il nostro tricolore con la sua eccellenza sportiva, ma questo non può celare visivamente la sua origine di cui, sono convinto, lei stessa vada fiera».
Dunque è italianissima, ma con le dovute precisazioni: «La sua diversità rispetto alle evidenti caratteristiche somatiche della maggioranza della popolazione italiana, è una ricchezza, una risorsa, una peculiarità che la distingue e le fa onore».
«Spero, signora Egonu, di avere compiutamente esplicato il senso delle mie espressioni e mi rallegrerei se in futuro, a sua discrezione, fosse possibile un amichevole incontro tra noi che mi permetta di esprimerle a voce i miei più sinceri sentimenti di viva cordialità e chiederle un autografo
Chissà se l’invito e le scuse verranno accettati. La campionessa aveva querelato il generale per le sue affermazioni La procura di Lucca aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo ma la difesa della campionessa si è opposta e il giudice ha fissato l’udienza per la discussione dell’opposizione il 14 giugno.
Politica
«Per fortuna la siccità ha colpito il Sud», l’ennesima gaffe di Lollobrigida
Il ministro dell’Agricoltura ieri al question time in Senato si è lasciato andare un po’ troppo durante la replica al senatore leghista Bergesio: «la siccità colpisce molto di più alcune regioni del Sud, in particolare la Sicilia e per fortuna molto meno le zone dalle quali lei proviene, ma che producono un valore del vino eccezionalmente rilevante».
Gli fosse scappato una volta, sorvolando sul fatto che è ministro e che non è nuovo ad uscite infelici, gliela si potrebbe pure far passare come una sciocchezza scappata di bocca. Ma ripetere quel «per fortuna» per ben due volte, non offre possibilità di appello. Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida torna al centro della scena politica e lo fa ancora una volta a causa di una sua dichiarazione sopra le righe. Durante il question time di ieri al Senato infatti, Lollobrigida è riuscito a dire: «Per fortuna quest’anno la siccità ha colpito alcune zone del Sud e la Sicilia in particolare. E per fortuna molto meno le zone dalle quali lei proviene, ma che producono un valore del vino eccezionalmente rilevante».
Lo ha fatto rispondendo all’interrogazione del senatore leghista Giorgio Maria Bergesio. Se in un primo momento è passata in sordina, il giorno dopo la frase incriminata di Lollobrigida sulla siccità è stata ripresa dal segretario del Partito Democratico siciliano Anthony Barbagallo, che l’ha definita «deplorevole e offensiva.
L’uscita secondo il dem evince un’«evidente inadeguatezza del governo a individuare soluzioni concrete, ma pure la beffa della compiacenza del governo perché non piove nel Mezzogiorno». Barbagallo ha aggiunto: «Non servono ulteriori riprove, Lollobrigida deve fare una cosa e una soltanto: dimettersi con effetto immediato. E provare vergogna per quanto affermato nel silenzio – tanto imbarazzato quanto complice – di tutti i rappresentanti del suo partito e dell’intero centrodestra».
Politica
Arrestato Giovanni Toti, l’accusa è di corruzione
Sono scattatati gli arresti domiciliari per il presidente di Regione Liguria. Inchiesta di GdF e Dda. Tra gli indagati Paolo Emilio Signorini, amministratore delegato di Iren ed ex presidente dell’Autorità Portuale, in carcere, ed Aldo Spinelli, imprenditore ed ex presidente di Genoa e Livorno, ai domiciliari.
Corruzione ambientale, corruzione per atti contrari a dovere d’ufficio e promesse elettorali. Sono le accuse per le quali è stato arrestato il presidente di Regione Liguria Giovanni Toti, finito nel mirino di Direzione distrettuale antimafia di Genova e della Guardia di Finanza, in un’inchiesta che vede ta gli indagati anche Paolo Emilio Signorini, amministratore delegato di Iren ed ex presidente dell’Autorità Portuale ed Aldo Spinelli, imprenditore ed ex presidente di Genoa e Livorno. Per il primo è stato disposta la custodia in carcere, mentre il secondo, al pari di Toti, si trova ai domiciliari.
Al centro dell’inchiesta, il rinnovo delle concessioni portuali, che Spinelli avrebbe ottenuto finanziando l’attività politica del presidente della Giunta Regionale ligure. 74.100 euro che Toti avrebbe ricevuto da Aldo Spinelli e dal figlio Roberto, in cambio di alcune agevolazioni burocratica, tra le quali, ««trovare una soluzione» per la spiaggia di Punta Dell’Olmo, che secondo gli inquirenti significa agevolare una pratica edilizia relativa alla costruzione di un complesso immobiliare, l’assegnazione degli spazi portuali dell’ex Carbonile e l’aiuto con la pratica del «tombamento» di Calata Concenter, approvata nel 2022.
Nelle carte dell’inchiesta per la quale è stato arrestato Giovanni Toti, spunta il nome di Esselunga e del consigliere di amministrazione Francesco Moncada, accusato di corruzione e raggiunto divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale e professionale. Gli investigatori indagano sull’apertura dei primi punti vendita della catena di supermercati, che proprio prima dell’elezione di Toti ha spezzato il dominio mantenuto fino a quel momento da Coop.
Ma sopra l’indagine si aggira anche lo spettro della mafia. Al centro dei pensieri della Dda, c’è quell’inaspettato 22% ottenuto da Cambiamo, il partito fondato da Toti, nel 2020. In questo filone tra gli indagati c’è anche Matteo Cozzani, ex sindaco di Porto Venere e attuale capo di gabinetto di Toti, accusato di corruzione e «promesse elettorali aggravate dal metodo mafioso». Le ipotesi riguardano presunti contatti con esponenti vicini ai clan mafioso. In particolare il clan Cammarata del Mandamento di Riesi (Caltanissetta), che potrebbe aver ottenuto agevolazioni ed aiuti, in cambio di sostegno elettorale.
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