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Politica

I candidati alle Europee tra big di partito e volti “acchiappavoti”

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bandiera europa elezioni europee 2

Meloni, Tajani, Schlein, Calenda e Renzi ci mettono la faccia. Conte e Salvini no. Tra le sorprese, la candidatura di Sgarbi con Fratelli d’Italia.

Le Elezioni Europee saranno un referendum su Giorgia Meloni “detta Giorgia”? Forse. In attesa di scoprirlo, ci si è arrovellati un pochino sulla questione nomi nel simbolo. Ad Elly Schlein è costato il primo inciampo, prima ancora dell’apertura ufficiale della campagna elettorale. Oggi i dibattiti si sono chiusi (quasi): sono scaduti i termini per depositare le liste con i nomi dei candidati alle Europee 2024 ed è ormai definito lo scacchiere elettorale (più o meno).

In realtà, qualche “sentenza” deve essere ancora emessa. Pensioni & Lavoro Risveglio europeo e Democrazia Sovrana e popolare di Marco Rizzo hanno depositato le liste anche senza le firme necessarie, annunciando al contempo ricorsi. Mentre alla Corte d’Appello di Roma è stata ricusata la lista Alternativa Popolare, capeggiata in tutte le circoscrizioni dal sindaco di Terni Stefano Bandecchi. A Roma sono in corso le verifiche sulle firme presentate dalla lista Pace, Terra, Dignità di Michele Santoro e Vauro. L’esito è atteso per domani.

Intanto, tra le liste depositate, spiccano i nomi dei big in gara. Giorgia Meloni “detta Giorgia” competerà in tutte le circoscrizioni. Da capolista. Elly Schlein invece lo farà solo al centro: al nord-est c’è Stefano Bonaccini, al nord-ovest Cecilia Strada ed al sud Lucia Annunziata. Forza Italia, che insieme a Noi Moderati punta al 10% ed al sorpasso sulla Lega, punta sull’usato sicuro e schiera Antonio Tajani capolista in tutte le circoscrizioni, ad esclusione delle isole. Nei manifesti elettorali per ora affissi lo si riconosce facilmente: è quello che spunta alle spalle delle gigantografie di Berlusconi, il “caro leader” scomparso quasi un anno fa. Matteo Salvini invece ha scelto di non presentarsi. Al suo posto, a trainare il carroccio, figure di partito (Silvia Sardone capolista al nord-ovest e Paolo Borchia al nord-est) ed il soldato scelto per la campagna d’Europa della Lega: il generale Vannacci, addirittura capolista al centro ed al sud. Stesso discorso per Giuseppe Conte. Il Movimento 5 Stelle presenta come capilista Danzì, Pignedoli, Morace, Tridico e Antoci. Calenda, “suo malgrado” si trova capolista di Azione in tutte le circoscrizioni, ad eccezione del nord-ovest, mentre l’ex alleato Renzi si presenta in tutte ed ha promesso che in caso di elezione ad europarlamentare rassegnerà le sue dimissioni da senatore.

E’ interessante poi, leggere i nomi degli altri candidati politici alle Europee 2024, ma anche quelli dei volti celebri presentati alla politica. Tra tutti spicca quello di Vittorio Sgarbi, candidato a sorpresa tra le fila di Fratelli d’Italia. Dopo l‘annuncio delle dimissioni da sottosegretario, il critico che nel 2022 ha fallito l’elezione al Senato punta ad un posto da indipendente. «Una ricompensa dopo le dimissioni? No, servono voti e io li porterò» ha affermato Sgarbi.

Altri nomi noti tra gli azzurri sono quelli di Caterina Chinnici, Letizia Moratti, Paolo Damilano, Roberto Cota, Flavio Tosi, Renata Polverini e Alessandra Mussolini, Fulvio Martusciello e Isabella Adinolfi. La Lega schiera tra gli altri Gianna Gancia, moglie di Calderoli, mentre il PD punta su Antonio Decaro, Pina Picerno, Nicola Zingaretti, Dario Nardella e Marco Tarquinio. Candidata tra le fila di Alleanza Verdi-Sinistra Italiana, Ilaria Salis, che sarà affiancata da Ignazio Marino, Mimmo Lucano e Leoluca Orlando. Con Calenda ci sono l’ex ministra Elena Bonetti, Marcello Pittella, Federico Pizzarotti ed il sostituto procuratore Cuno Tarfusser, mentre con Santoro ci saranno l’attore Paolo Rossi e lo scrittore moldavo Nicolai Lilin. Insieme a Cateno de Luca si candidano il Capitano Ultimo e l’ex ministro Roberto Castelli. Anche Emma Bonino farà parte della rosa dei candidati alle Europee 2024, come capolista al nord-ovest.

Politica

Vannacci si scusa con Paola Egonu: «è italianissima»

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Vannacci abiura il passaggio su Paola Egonu («non ha tratti somatici italiani») e la certifica «italianissima». La campionessa azzurra lo ha querelato.

Dietro front. Paola Egonu è «italianissima», parola di Generale Roberto Vannacci. Il candidato con la Lega alle prossime Europee, ha offerto le sue scuse all’azzurra con una lettera aperta, nella quale si può leggere: «Lei è italianissima, è una italiana di cui andiamo orgogliosi: una persona che, per quanto di origini diverse, ha scelto di rappresentare il nostro paese e di aderire senza alcuna riserva agli ideali fondanti della nostra Repubblica assurgendone a simbolo e a rappresentante nel mondo agonistico» Già in questo passaggio si intuisce qualche distinguo che comunque non saranno assenti nella lettera.

Vannacci, quando ancora seguiva una carriera militare all’insaputa della stragrande maggioranza degli italiani e delle italiane, nel suo libro “Il mondo al contrario” aveva dedicato contestatissimo passaggio ai «tratti somatici» di Paola Egonu.

Dopo le polemiche, e la querela, l’ex generale ora il leghista prova a far chiarezza: «Non ho mai avuto dubbi sulla sua cittadinanza italiana e sono personalmente e convintamente fiero che lei rappresenti il nostro tricolore con la sua eccellenza sportiva, ma questo non può celare visivamente la sua origine di cui, sono convinto, lei stessa vada fiera».

Dunque è italianissima, ma con le dovute precisazioni: «La sua diversità rispetto alle evidenti caratteristiche somatiche della maggioranza della popolazione italiana, è una ricchezza, una risorsa, una peculiarità che la distingue e le fa onore».

«Spero, signora Egonu, di avere compiutamente esplicato il senso delle mie espressioni e mi rallegrerei se in futuro, a sua discrezione, fosse possibile un amichevole incontro tra noi che mi permetta di esprimerle a voce i miei più sinceri sentimenti di viva cordialità e chiederle un autografo

Chissà se l’invito e le scuse verranno accettati. La campionessa aveva querelato il generale per le sue affermazioni La procura di Lucca aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo ma la difesa della campionessa si è opposta e il giudice ha fissato l’udienza per la discussione dell’opposizione il 14 giugno.

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«Per fortuna la siccità ha colpito il Sud», l’ennesima gaffe di Lollobrigida

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Il ministro dell’Agricoltura ieri al question time in Senato si è lasciato andare un po’ troppo durante la replica al senatore leghista Bergesio: «la siccità colpisce molto di più alcune regioni del Sud, in particolare la Sicilia e per fortuna molto meno le zone dalle quali lei proviene, ma che producono un valore del vino eccezionalmente rilevante».

Gli fosse scappato una volta, sorvolando sul fatto che è ministro e che non è nuovo ad uscite infelici, gliela si potrebbe pure far passare come una sciocchezza scappata di bocca. Ma ripetere quel «per fortuna» per ben due volte, non offre possibilità di appello. Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida torna al centro della scena politica e lo fa ancora una volta a causa di una sua dichiarazione sopra le righe. Durante il question time di ieri al Senato infatti, Lollobrigida è riuscito a dire: «Per fortuna quest’anno la siccità ha colpito alcune zone del Sud e la Sicilia in particolare. E per fortuna molto meno le zone dalle quali lei proviene, ma che producono un valore del vino eccezionalmente rilevante».

Lo ha fatto rispondendo all’interrogazione del senatore leghista Giorgio Maria Bergesio. Se in un primo momento è passata in sordina, il giorno dopo la frase incriminata di Lollobrigida sulla siccità è stata ripresa dal segretario del Partito Democratico siciliano Anthony Barbagallo, che l’ha definita «deplorevole e offensiva.

L’uscita secondo il dem evince un’«evidente inadeguatezza del governo a individuare soluzioni concrete, ma pure la beffa della compiacenza del governo perché non piove nel Mezzogiorno». Barbagallo ha aggiunto: «Non servono ulteriori riprove, Lollobrigida deve fare una cosa e una soltanto: dimettersi con effetto immediato. E provare vergogna per quanto affermato nel silenzio – tanto imbarazzato quanto complice – di tutti i rappresentanti del suo partito e dell’intero centrodestra».

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Arrestato Giovanni Toti, l’accusa è di corruzione

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Sono scattatati gli arresti domiciliari per il presidente di Regione Liguria. Inchiesta di GdF e Dda. Tra gli indagati Paolo Emilio Signorini, amministratore delegato di Iren ed ex presidente dell’Autorità Portuale, in carcere, ed Aldo Spinelli, imprenditore ed ex presidente di Genoa e Livorno, ai domiciliari.

Corruzione ambientale, corruzione per atti contrari a dovere d’ufficio e promesse elettorali. Sono le accuse per le quali è stato arrestato il presidente di Regione Liguria Giovanni Toti, finito nel mirino di Direzione distrettuale antimafia di Genova e della Guardia di Finanza, in un’inchiesta che vede ta gli indagati anche Paolo Emilio Signorini, amministratore delegato di Iren ed ex presidente dell’Autorità Portuale ed Aldo Spinelli, imprenditore ed ex presidente di Genoa e Livorno. Per il primo è stato disposta la custodia in carcere, mentre il secondo, al pari di Toti, si trova ai domiciliari.

Al centro dell’inchiesta, il rinnovo delle concessioni portuali, che Spinelli avrebbe ottenuto finanziando l’attività politica del presidente della Giunta Regionale ligure. 74.100 euro che Toti avrebbe ricevuto da Aldo Spinelli e dal figlio Roberto, in cambio di alcune agevolazioni burocratica, tra le quali, ««trovare una soluzione» per la spiaggia di Punta Dell’Olmo, che secondo gli inquirenti significa agevolare una pratica edilizia relativa alla costruzione di un complesso immobiliare, l’assegnazione degli spazi portuali dell’ex Carbonile e l’aiuto con la pratica del «tombamento» di Calata Concenter, approvata nel 2022.

Nelle carte dell’inchiesta per la quale è stato arrestato Giovanni Toti, spunta il nome di Esselunga e del consigliere di amministrazione Francesco Moncada, accusato di corruzione e raggiunto divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale e professionale. Gli investigatori indagano sull’apertura dei primi punti vendita della catena di supermercati, che proprio prima dell’elezione di Toti ha spezzato il dominio mantenuto fino a quel momento da Coop.

Ma sopra l’indagine si aggira anche lo spettro della mafia. Al centro dei pensieri della Dda, c’è quell’inaspettato 22% ottenuto da Cambiamo, il partito fondato da Toti, nel 2020. In questo filone tra gli indagati c’è anche Matteo Cozzani, ex sindaco di Porto Venere e attuale capo di gabinetto di Toti, accusato di corruzione e «promesse elettorali aggravate dal metodo mafioso». Le ipotesi riguardano presunti contatti con esponenti vicini ai clan mafioso. In particolare il clan Cammarata del Mandamento di Riesi (Caltanissetta), che potrebbe aver ottenuto agevolazioni ed aiuti, in cambio di sostegno elettorale. 

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