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Politica

La Russa: «io come Jessica Rabbit, mi dipingono così, ma a destra sono il più aperto»

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In un’intervista al Corriere della Sera il presidente del Senato Ignazio La Russa ha affrontato diverse polemiche che l’hanno coinvolto tra cui quelle sulla commissione annullata con Concia: «La difendo come ho difeso Vladimir Luxuria».

I busti del Duce sono roba vecchia e comunque non li tiene più in casa, con Liliana Segre ha un ottimo rapporto, le dichiarazioni su via Rasella furono un errore, mentre in tema di diritti Lgbtqi+ ha un atteggiamento progressista. Operazione simpatia per il presidente del Senato Ignazio La Russa, che con un’intervista al Corriere della Sera cerca di placare le polemiche che l’hanno coinvolto nei mesi scorsi e di illustrare un identikit differente da quello diramato dai media: «Io sono come Jessica Rabbit: “È che mi disegnano così”».

A partire dalla nomina revocata a suor Monia Alfieri, Anna Paola Concia e Paola Zerman come garanti della commissione “Educare alle relazioni”, il progetto di prevenzione contro la violenza sulle donne da attivare nelle scuole d’Italia. Dopo le polemiche provenienti da Fratelli d’Italia e Lega, in particolare nei confronti dell’ex deputata Concia, il ministro Valditara ha ritirato la proposta. Passi che è una omosessuale dichiarata, ma che sia anche iscritta al Partito Democratico sembrava troppo a diversi esponenti di destra. Molti ma non tutti: Alessandra Mussolini a La Stampa ha commentato: ««È tutto sbagliato. L’educazione sentimentale è rispetto, amore, umanità. È lontana anni luce dalla politica. E infatti [la politica ndr] ha creato un comitato etico con le categorie, Anna Paola Concia, la suora. Definire dei modelli e dire che Concia non va bene perché non rientra nei canoni decisi non si sa bene da chi, è il contrario di quello che si dovrebbe fare, perché si fa capire ai ragazzi che ancora devono decidere la loro identità che ne sono esclusi. […]  Paola è una persona competente, una donna con cui ho avuto rapporti, è sempre stata aperta al dialogo. Il problema non è lei, ma l’idea del comitato, è questo l’errore. Peggio di così non si poteva fare. Per fortuna i ragazzi sono molto più avanti rispetto a questi stereotipi di una società che non corrisponde alla realtà».

Ma non è la nipote del Duce ad essere la più progressista a destra, è La Russa: «la sorpresa è di chi non mi conosce. Conosco da anni Paola e nei suoi confronti ho sempre avuto rispetto e amicizia. Poi su questi temi io sono sempre stato il più aperto a destra. A volte mi accusavano per questo. Sulla questione dei figli però ho le mie posizioni del tutto granitiche. Ma in questa vicenda, trovo che l’onorevole Concia abbia subito attacchi del tutto ingiustificati».

A dimostrare i suoi buoni propositi, ci sarebbero anche gli ottimi rapporti con un’altra ex deputata proveniente da sinistra e rappresentante del mondo arcobaleno, Vladimir Luxuria: «Ricordo che quando venne eletta era intimidita, non sapeva come sarebbe stata accolta. Io, che ero capogruppo di An, regalai una rosa a tutte le elette come benvenuto. Un commesso mi chiese: “Ma anche a Luxuria?”. E io: “E perché no, scusi?”. Lei la gradì molto, soprattutto perché si ruppe il ghiaccio e ne nacque un bel rapporto».

Nel suo dialogo con Paola De Caro La Russa affronta anche le polemiche sulle frasi su via Rasella («Fu un errore, seppur involontario»), quelle sul busto di Mussolini («roba vecchia, ora sta a casa di mia sorella. A casa mia avevo anche cimeli russi, della Cina di Mao… e quella ripresa televisiva era vecchia di anni e mai utilizzata prima») e quelle relative al suo ruolo istituzionale («nel mio discorso di insediamento parlai della necessità di un superamento delle divisioni, di una pacificazione nazionale che metta veramente fine a un interminabile dopoguerra»).

Il presidente del Senato affronta anche la questione dell’urlo «viva l’Italia antifascista» alla prima alla Scala: «È vero che non l’ho sentito. Io avrei detto viva l’Italia e basta, ma non ho problema alcuno se aggiungono antifascista». Dunque, una posizione super partes da presidente del Senato in difesa della Costituzione. Più o meno: «È altro che un po’ mi fa pensare e pure ridere. E’ bastata una frase gridata da un appassionato di ippica perché costui si tramutasse per la sinistra in una specie di eroe nazionale, alla Scurati, che sul fascismo vive grazie ai suoi libri. Ci riflettano, qualcosa non funziona». E in tema prima alla Scala, La Russa ha tenuto a precisare che un altro ottimo rapporto che coltiva è quello con Liliana Segre.

Politica

Consiglio d’Europa: in Italia forze dell’ordine razziste e magistratura sotto attacco»

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giorgia meloni ecri denuncia razzismo tra le forze dell'ordine

L’Ecri denuncia una situazione preoccupante, con una proliferazione degli episodi di razzismo tra le forze dell’ordine, alimentati da una politica lassista nei confronti della xenofobia. Anche l’indipendenza della magistratura è sotto attacco, secondo gli osservatori europei. Meloni: «basta ingiurie».

Probabilmente il signor presidente del Consiglio dei Ministri avrebbe preferito festeggiare in maniera diversa i due anni di governo. Ed invece prima si è vista costretta a dribblare la conferenza stampa sulla manovra e poi a rispondere all’organo anti-razzismo ed intolleranza del Consiglio d’Europa, Ecri, che in un rapporto solleva preoccupazione sul razzismo delle forze dell’ordine in Italia e sugli attacchi alla magistratura.

Ufficialmente Giorgia Meloni ha annullato la conferenza stampa di questa mattina per imprevisti impegni del ministro Tajani (il G7 a Pescara, in programma da mesi, ndr), ma secondo molti la premier non ha voluto rispondere alle domande su una manovra che di fatto ancora non c’è, né a quelle sui centri migranti in Albania.

Poi nel pomeriggio, nuovo grattacapo: il rapporto dell’Eicr, secondo il quale le forze dell’ordine in Italia farebbero profilazione razziale durante le attività di controllo, in particolare nei confronti «della comunità Rom e delle persone di origine africana». Secondo l’organo del Consiglio d’Europa, l’aumento dei casi di xenofobia nel nostro Paese non avrebbe ricevuto la giusta attenzione da parte delle autorità preposte: «non sembrano essere consapevoli della portata del problema e non hanno considerato l’esistenza della profilazione razziale come una forma di potenziale razzismo istituzionale». La raccomandazione è che il nostro Paese possa impegnarsi ad affrontare la questione e che tra due anni, quando sarà effettuata una nuova rivelazione, le cose possano esserre migliorate.

L’organo evidenzia anche dirette reponsabilità politiche: «L’Ecri rileva con seria preoccupazione che il discorso pubblico italiano è diventato sempre più xenofobo negli ultimi anni e che i discorsi politici hanno assunto toni altamente divisivi e antagonisti, in particolare nei confronti di rifugiati, richiedenti asilo e migranti, nonché di cittadini italiani con background migratorio, rom e persone Lgbti». «Purtroppo – si spiega nel documento -, un certo numero di dichiarazioni e commenti considerati dispregiativi e carichi di odio provengono da politici e funzionari pubblici di alto profilo, soprattutto durante i periodi elettorali».

Non mancano «critiche indebite che mirano a minare l’autorità dei singoli giudici che decidono sui casi di migrazione» e che in generale «minano l’indipendenza della magistratura che tratta di questi casi».

Non è mancata la replica stizzita di Giorgia Meloni, che sui social ha scritto: «L’Ecri, organo del Consiglio d’Europa, accusa le forze di polizia italiane di razzismo? Le nostre Forze dell’Ordine sono composte da uomini e donne che, ogni giorno, lavorano con dedizione e abnegazione per garantire la sicurezza di tutti i cittadini, senza distinzioni. Meritano rispetto, non simili ingiurie».

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Politica

L’audizione di Alessandro Giuli alla Camera: parlamentari confusi e frastornati

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Alessandro Giuli, ministro della Cultura subentrato in seguito alle dimissioni di Gennaro Sangiuliano, ha esposto le linee guida del suo dicastero in audizione alla Camera, lasciando confusi senatori e deputati per via della complessità del suo intervento. E non manca una citazione errata.

Gennaro Sangiuliano ha lasciato un grande vuoto al Ministero della Cultura e nei taccuini dei giornalisti, ma il suo successore, Alessandro Giuli, promette bene. Oggi, convocato in audizione alla Camera, ha lasciato sbigottiti i parlamentari presenti, con un discorso quantomeno astruso. I cronisti presenti parlano di senatori e deputati che la sciano l’Aula con l’aria perplessa e frastornata.

Lo stesso Giuli, in avvio, aveva avvisato che si sarebbe trattato di una lectio «un po’ teoretica». Ma a molti è parsa prematurata, un po’ come se fosse antani. «La conoscenza è il proprio tempo appreso con il pensiero» inizia Giulidando sfoggio della laurea in filosofia conseguita la settimana scorsa. La frase è infatti una parafrasi, secondo i maligni una citazione sbagliata, di Hegel: «La filosofia è il proprio tempo appreso con il pensiero».

Ma è dopo che arriva il bello: «Chi si appresta a immaginare un orientamento per l’azione culturale e nazionale non può che muovere dal prendere le misure di un mondo entrato nella dimensione compiuta della tecnica e delle sue accelerazioni. Il movimento delle cose è così vorticoso e improvviso, così radicale nelle sue implicazioni e applicazioni che persino il sistema dei processi cognitivi delle persone, non solo delle ultime generazioni, ha cominciato a mutare con esso».

Giuli prosegue senza sosta e senza pietà: «Di fronte a questo cambiamento di paradigma, la quarta rivoluzione epocale della storia delineante un’ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale, il rischio che si corre è duplice e speculare. L’entusiasmo passivo, che rimuove i pericoli della ipertecnologizzazione, e per converso l’apocalittismo difensivo che rimpiange un’immagine del mondo trascorsa, impugnando un’ideologia della crisi che si percepisce come processo alla tecnica e al futuro intese come una minaccia».

E poi il dilemma: «Siamo dunque precipitati nell’epoca delle passioni tristi?». Deputati e senatori restano in silenzio, attoniti. Forse avevano portato Manzoni. «No» tuona Giuli, mentre qualcuno, frastornato, annuisce. «Fare cultura è pensare sempre da capo e riaffermare continuamente la dignità, la centralità dell’uomo, ricordare la lezione di umanismo integrale che la civiltà del rinascimento ha reso universale. Non l’algoritmo, ma l’umano, la sua coscienza, la sua intelligenza e cultura immagina, plasma e informa il mondo. In questa prospettiva è un’illusione ottica pensare a una distinzione di categoria o, peggio, a una contrapposizione tra le culture scientifiche e umanistiche. Come in una disputa tra un fronte culturale progressista e uno conservatore. Dialettica errata. Si tratta di pensare: Pitagora, Dante, Petrarca, Botticelli, Verdi, insieme con Leonardo da Vinci e Galilei, Torricelli, Volta, Fermi, Meucci e Marconi, e al di là della declamazione dei grandi nomi della cultura umanistica e scientifica italiana, è necessario rifarsi a questa concezione circolare e integrale del pensiero e della vita che costruisce lo specifico della cultura».

 

 

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Rete ferroviaria in tilt, ma Salvini pensa alla Festa dei Nonni: polemiche

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Il ministro dei Trasporti travolto dalle polemiche per la gestione dell’emergenza che ha paralizzato la circolazione su rotaia e per le relative comunicazioni: mentre i pendolari del Paese rimanevano fermi ai binari e Trenitalia consigliava di «riprogrammare i viaggi», Salvini dedicava un post alla Festa dei Nonni.

Le opposizioni hanno già chiesto le dimissioni del ministro dei Trasporti. Oggi, mercoledì 2 ottobre, la circolazione ferroviaria ha subito gravissimi disagi, con oltre un centinaio di treni cancellati e numerosi ritardi, a causa di un guasto elettrico nel nodo di Roma. Il problema ha paralizzato le stazioni Tiburtina e Termini, provocando ripercussioni sull’intera rete nazionale. I disagi hanno scatenato un’ondata di critiche verso Salvini, anche per il fatto che il ministro non ha affrontato immediatamente la questione, preferendo dedicare un pensiero alle celebrazioni della Festa dei No

Un guasto al quale non si è potuto rimediare in breve tempo. Trenitalia si è limitata a consigliare ai viaggiatori di «riprogrammare i viaggi». E da più parti è stato invocato un intervento del ministro dei Trasporti, che però a lungo è rimasto in silenzio.  Alla fine, durante un intervento in videocollegamento al 68° congresso degli ingegneri di Siena, il leghista ha pronunciato qualche parola sul disservizio: «Siamo al lavoro per risolverlo il prima possibile. C’è stato un problema elettronico in una centralina questa notte, a Roma. Evidentemente qualcuno non è riuscito a intervenire in tempo». Nello stesso intervento ha trovato il tempo di difendere l’ordine degli ingegneri, ma non quello dei giornalisti, che, anzi, vorrebbe sopprimere.

Tuttavia, non ci sono soltanto ingegneria, edilizia ed un piccolo accenno ai trasporti nei pensieri dell’eclettico Salvini, ma anche la Festa dei Nonni. Sui propri profili social infatti, mentre la crisi dei treni era in corso, il ministro ha pubblicato un lungo e sentito post sulla celebrazione. Riportiamo solo la chiusa: «Se potete, chiamateli e fate sentire il vostro affetto, perché i nonni sono la vita. Buona festa a tutti i nonni». Segue l’emoji del cuore. Al post invece è seguita un’ondata di critiche.

In mattinata Salvini avrebbe dovuto presenziare alla presentazione del brand dei treni regionali di Ferrovie dello Stato. Né lui né l’amministratore delegato Stefano Donnarumma si sono presentati. Il ministro però era presente nel pomeriggio al question time della Camera, dove è stato inevitabilmente incalzato sui disagi alla rete ferroviaria. «Ho chiesto che emergano le responsabilità e chi ha sulla coscienza i disagi creati oggi a migliaia di persone ne dovrà rispondere. A quanto mi risulta, i tecnici mi dicono esserci stato un errore stanotte di un’impresa privata che ha piantato un chiodo su un cavo e poi diciamo che il tempo di reazione di fronte a questo errore, e conto che il privato ne risponderà, non è stato all’altezza di quello che la seconda potenza industriale d’Europa deve avere» ha affermato Salvini. E ancora: «Ci stanno lavorando gli ingegneri perché non è possibile investire miliardi di euro per comprare nuove carrozze, i nuovi treni pendolari, gli Intercity, l’alta velocità, la Tav, il Brennero e tutto il resto, e se uno alle tre di notte a Roma pianta il chiodo nel posto sbagliato poi tu rovini la giornata di lavoro a a migliaia di persone».

Infine il ministro rassicura: «ho chiesto nomi, cognomi, indirizzi e codici fiscali di quelli che non hanno fatto il loro lavoro, quando ci sarà questa conclusione lo saprò e lo saprete. Ho chiesto una verifica delle centraline di alimentazione in tutta Italia, perché a questo punto non è possibile che un errore di un privato possa fermare mezza Italia».

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