Politica
La vignetta de Il Fatto Quotidiano che fa infuriare destra, sinistra e centro

Oggi Il Fatto Quotidiano, diretto da Marco Travaglio, ha pubblicato in prima pagina una vignetta satirica che tira in ballo la moglie del ministro Lollobrigida e sorella di Giorgia Meloni, che ha raccolto critiche bipartisan perché considerata razzista, sessista ed offensiva.
Il ministro Lollobrigida avrà pur compiuto uno scivolone imperdonabile, ma la reazione satirica del giornale diretto da Marco Travaglio non è stata da meno. C’è chi la considera offensiva, chi maschilista, chi razzista, chi sessista. E chi, come chi scrive questo articolo, la considera semplicemente brutta. La vignetta di Natangelo pubblicata da Il Fatto Quotidiano che ironizza sulla sostituzione etnica, ha sollevato una grossa mole di critiche. In primis, ovviamente, da destra (tra gli altri La Russa, Crosetto e Giorgia Meloni, che si è definita «inorridita»). Via via però, parole di biasimo e sdegno sono piovute anche dal centro e da sinistra: Renzi e Calenda (che si sono ritrovati d’accordo su qualcosa), Cottarelli, Grimaldi, Lorenzin, giusto per citarne alcuni.

La vignetta ritrae Arianna Meloni, sorella della presidente del Consiglio e moglie del ministro Lollobrigida, a letto con un uomo di colore, che le chiede: «E tuo marito?». La risposta è «Tranquillo, sta tutto il giorno a combattere la sostituzione etnica».
Ribadendo che l’idea editoriale di questa testata è che non esistano battute offensive, ma che esistano solo battute belle e battute brutte [e questa è molto brutta, ndr], rimane comunque l’impressione che in casa Fatto Quotidiano stia scappando un po’ troppo il piede sull’acceleratore per quanto riguarda la satira. Recentemente infatti, la testata è stata travolta dalle polemiche per un’altra vignetta, dedicata alla [brava, ndr] giornalista Francesca Mannocchi, definita «cranio impoverito».
Politica
Salvini: «Il ponte sullo stretto di Messina collegherà Palermo e Berlino»

Ad un’intervista al quotidiano francese Le Figarò, il ministro dei Trasporti Matteo Salvini non ha parlato solo del ponte sullo stretto di Messina e del collegamento Palermo-Berlino, ma anche di Tav Torino-Lione: «Rifiuto di immaginare che la Francia possa avere cambiato parere».
Chissà che ponte ha in mente Salvini. Per il ministro dei Trasporti l’opera tra Sicilia e Calabria non è più un progetto: è un’ossessione. Oramai è sempre più al centro dei suoi pensieri e sembra che alla realizzazione del collegamento fra Reggio Calabria e Messina abbia deciso di ancorare il suo messaggio, e forse il suo futuro, politico. Anche con la stampa estera, l’argomento resta quello, Ne ha parlato con lo spagnolo El Pais e ne ha parlato col francese Le Figarò. Al quotidiano d’oltralpe, Salvini regala la vera chicca sul ponte sullo stretto di Messina: «permetterà di collegare Palermo e Berlino». Salvini intendeva dire che l’opera darà, a suo dire, grande impulso ai collegamenti dell’Unione Europea, ma la sua frase è diventata in fretta oggetto di ironia sul web.
Ma sui temi infrastrutture e rapporti tra Italia e Francia, non particolarmente distesi nell’ultimo periodo, Salvini ha un altro punto che gli preme affrontare: la Tav Torino Lione. «la Francia deve fare la sua parte». E in merito all’eventualità che Parigi possa decidere di non accogliere l’appello entro il 2032, come raccomandato dal Consiglio di orientamento delle infrastrutture (organo unicamente consultivo di Parigi) nel febbraio scorso, Salvini risponde: «Rifiuto di immaginare che la Francia possa avere cambiato parere o unicamente deciso di rallentare i lavori per finanziare treni regionali in casa sua. Sarebbe una tale mancanza di rispetto riguardo all’Italia, ma anche riguardo alla Commissione europea, che ha approvato centinaia di milioni di euro per questo corridoio mediterraneo».
Politica
Visita di Mattarella in Emilia-Romagna, Musumeci: «governo non è stato invitato»

Mentre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella visita le zone colpite dall’alluvione che si è abbattuta sull’Emilia-Romagna, Nello Musumeci, ministro per la Protezione civile, si lamenta del fatto che non è stato invitato nessun esponente del governo. La replica del Quirinale: «sempre gradita la presenza degli esponenti di governo, ma in occasioni del genere non si fanno inviti».
«Sono contento che anche il Presidente della Repubblica sia oggi sui luoghi alluvionati, come ha fatto tutto il governo e come ha fatto per due volte la presidente del Consiglio. Peccato che oggi non ci sia nessuno del governo a illustrare al Capo dello Stato le criticità, nessuno è stato invitato. Non fa niente, l’importante è arrivare ai risultati». Sono parole amare quelle con cui Nello Musumeci commenta la visita di Sergio Mattarella in Emilia-Romagna, a RaiNews24. Il ministro per la Protezione Civile, già Presidente di Regione Sicilia, non sa rispondere quando gli si chiede il motivo di questo mancato invito, ma si limita a rilevare che semplicemente non è stato recapitato.
Il Quirinale taglia corto: «Il presidente della Repubblica nelle visite nei territori italiani non impone la presenza di esponenti del governo. Essa, peraltro, è sempre gradita dal Presidente Mattarella. È così da sempre, dall’inizio del primo settennato – spiega il consigliere per la stampa Giovanni Grasso – Il Quirinale in occasioni del genere non ha mai fatto inviti. Ma se qualcuno vuol venire è benvenuto».
Nel frattempo il presidente delle Repubblica Sergio Mattarella è stato ben accolto dalla popolazione in tutte le tappe della sua visita nei luoghi alluvionati di Emilia-Romagna. E a loro Mattarella ha promesso: «Tutta l’Italia vi è vicino e non sarete soli in quest’opera importante, che deve essere veloce: questo territorio è un elemento importantissimo, fondamentale per la vita dell’Italia, lo è per la sua economia, lo è per la sua storia».
Politica
L’effetto Schlein alle Amministrative: ha vinto la destra

Se al primo turno le lezioni amministrative sono state tutto sommato equilibrate, con una vittoria di misura del centrodestra, i ballottaggi sono stati una Caporetto per quel che resta del campo largo: 10 comuni al centrodestra, 3 al centrosinistra, che perde anche lo storico fortino di Ancona. Solo a Vicenza il Pd è andato bene, ma qui il neo sindaco Possamai aveva chiesto esplicitamente ai big del partito di non palesarsi. Ed ha vinto. Coincidenze?
La riscossa rossa non si è vista. L’effetto Schlein, l’ondata di entusiasmo suscitata dalla vittoria della neosegretaria alle primarie, non si è tramutato in una spinta propulsiva alle Elezioni Amministrative, in particolare ai ballottaggi: 10 a 3 è un risultato che si commenta da solo. I calcoli, le supposizioni e le analisi fatte al precedente turno, quello di domenica e lunedì 14 e 15 maggio nel quale il divario emerso era meno netto (Latina, Sondrio, Treviso, Imperia al centrodestra, Teramo e Brescia al Centrosinistra), vengono meno. Il centrosinistra, il Pd in particolare, è stato sconfitto un po’ ovunque. Perfino ad Ancona, storica roccaforte rossa. Le elezioni nella città dorica sono state tirate e lo scarto piuttosto risicato, ma il risultato non prevede appelli: è Silvetti il nuovo sindaco. Emblematico il caso di Vicenza, dove il nuovo primo cittadino è espressione del centrosinistra: durante la campagna elettorale aveva chiesto ai big di partito di non organizzare comizi.

Al centrodestra vanno anche Massa, Pisa, Siena e Brindisi. Il Pd e il M5S in alcuni casi hanno riproposto il campo largo di lettiana memoria, in altre hanno corso separati: in entrambi i casi il risultato non è stato loro favorevole e sono stati penalizzati più dei competitor dalla scarsissima affluenza. Salvo alcuni casi eccezionali e legati a divisioni locali, il centrodestra si è presentato compatto e si è imposto con decisione alle urne.
Sulla mancata sferzata inferta dalla nuova segretaria il primo ad ironizzare è stato il ministro dei Trasporti Matteo Salvini: ««Non c’è che dire: un ottimo effetto Schlein». Cala i panni del bulletto da tastiera anche la ministra per la Famiglia Roccella: «anche l’armocromia, come tante altre cose in politica, c’è chi la predica e chi la fa: tutta l’Italia al ballottaggio ha scelto un colore solo, il nostro».
I retroscena di stampa vedono Elly Schlein preoccupata e assediata da malumori interni. Non che la sua elezione a segretaria avesse appianato le divergenze che animano le diverse anime del Partito Democratico. E chissà che le immagini che mostrano Stefano Bonaccini e Giorgia Meloni dialogare costruttivamente sui luoghi dell’alluvione non abbiano giocato un ruolo, oppure fatto sorgere qualche rimpianto agli elettori del Pd, sia tra i sostenitori di una mozione, che tra quelli dell’altra.
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