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Marta Fascina: «Berlusconi ha posto fine alla Guerra Fredda»

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La moglie di Silvio Berlusconi, Marta Fascina, candidata in Sicilia al collegio uninominale di Marsala, rompe il silenzio per la prima volta in questa campagna elettorale e spende parole al miele per il marito, che per tutto il tempo chiamo affettuosamente “presidente”.

Dove non sono arrivati Kruscev, Kennedy, Gorbaciov e Bush senior, è arrivato Silvio Berlusconi. Parola della moglie, Marta Fascina, che parla per la prima volta in questa campagna elettorale, tessendo parole d’elogio per il marito, che, tra le altre cose, ha risolto una volta per tutte una questione spinosa come la Guerra Fredda. Per tutto il tempo lo chiama “presidente”. Deve essere un nomignolo tra innamorati, di quelli che si danni gli sposini. Non solo un endorsement alle ambizioni del marito comunque, ma una campagna elettorale che la vede coinvolta in prima persona, dal momento che la signora Berlusconi è candidata in Sicilia, al collegio uninominale di Marsala: ««una decisione del partito condivisa con il nostro instancabile coordinatore regionale, Gianfranco Miccichè, una decisione che ho accettato con entusiasmo e orgoglio. La Sicilia è una regione meravigliosa, che conosco sin dai tempi in cui, da piccola, mio padre mi ci portava in vacanza».

Marta Fascina, mentre si trova negli studi di Dritto e Rovescio su Rete4, concede un’intervista a Libero Quotidiano. Gioca in casa, parla fra amici, si lascia andare. Ma senza mai uscire dal seminato e dimostrando di avere appreso appieno le lezioni della scuola politica di Arcore. «Mi risulta davvero difficile individuare un ordine di importanza tra gli innumerevoli successi ottenuti dal presidente Berlusconi nella sua veste di politico». Oppure: «Il nostro presidente ha raggiunto risultati, in tutti i campi nei quali si è cimentato, che nessun altro premier ha mai conseguito». E ancora: «Forza Italia, avrà numeri tali da essere determinante e incisiva nella maggioranza di centrodestra che emergerà dalle urne. Il nostro movimento continuerà, con coerenza e determinazione, a portare avanti le sue storiche battaglie contro l’oppressione fiscale, l’oppressione giudiziaria, l’oppressione burocratica, mali atavici che affliggono la nostra società».

Ma se proprio dovessimo indicare uno solo dei risultati raggiunti da Berlusconi, Marta Fascina punta in alto e cita il giorno in cui suo marito entrò a gamba tesa nella storia e risolse con un colpo di genio e una fotografia, un processo storico che stava andando avanti da decenni, la Guerra Fredda. «Il nostro presidente ha avuto il merito di porre fine alla Guerra Fredda con gli accordi di Pratica di Mare, vero e ineguagliabile miracolo di politica estera targato Berlusconi». Un vero miracolo, anche perché è avvenuto undici anni dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica e tredici anni dopo la caduta del Muro di Berlino.

Ma Marta Fascina non si candida certo solamente per appoggiare Berlusconi, vuole metterci del suo in questa campagna ed anche nel prossimo Parlamento: «Nella legislatura che volge al termine, in qualità di segretario della Commissione Difesa, mi sono occupata principalmente del settore della sicurezza e della difesa. Mi piacerebbe, quindi, continuare a occuparmi di coloro che quotidianamente difendono la nostra libertà, la nostra incolumità, la nostra sicurezza e che portano alta la bandiera dell’Italia anche all’estero in missioni difficili e rischiose».

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La sfilata estiva della politica italiana da Bruno Vespa: Giorgia Meloni apre il forum di Manduria

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La passerella politica estiva a Manduria, nella Masseria di Bruno Vespa, è stata inaugurata dall’intervista alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Fedeli al salotto, anche quando il salotto non c’è. Sembra essere questo il motto della politica italiana che si prepara a sfilare nella masseria di Bruno Vespa a Manduria per la stagione primavera-estate 2023. Al Forum L’Italia che Verrà, giunto alla sua quarta edizione, ci sarà una sola grande assente: Elly Schlein ha declinato l’invito. Non mancherà invece Giuseppe Conte. Stamane, la prima intervista di Bruno Vespa a Manduria è stata alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

La masseria che possiede a Manduria, un podere del ‘600, è già diventata una tappa imprescindibile dell’estate politica italiana. Quest’anno gli sponsor che hanno voluto partecipare sono aumentati. La premier avrebbe dovuto parlare ieri sera. Aveva chiesto di anticipare l’intervista, dando il là ad un grosso sforzo organizzativo per farsi trovare pronti. Tutti i piani però sono saltati: era attesa alle 19, è arrivata alle 21. Tutto rimandato a stamattina alle 11. Il maestro del dialogo coi membri del governo, che sperava addirittura di inserirla nella sua striscia serale, ha saputo trattenere l’evidente disappunto. Si è perfino fatto immortalare mentre si asciuga dopo un tuffo in piscina.

Tanti gli argomenti affrontati da Giorgia Meloni, dall’Ucraina, ai migranti, ai rapporti con i partner europei. Prendendo spunto dalle contestazioni al ministro Roccella al Salone del Libro di Torino, in apertura ha rigettato ancora una volta accostamenti a sentimenti nostalgici ed ha riservato una stoccata a Schlein: «Se la segretaria del Pd non distingue il dissenso dalla censura abbiamo un problema di autoritarismo. Il centrodestra da sempre difende la libertà dei cittadini e delle imprese e il nuovo corso del Pd è andare dritti sulla strada della strategia che li ha portati alla sconfitta elettorale, io non sono nessuno per dire: cambiate strategia».

Un passaggio significativo è stato quello dedicato alla lotta alla violenza sulle donne, nel quale ha rivelato di aver chiamato la madre di Giulia Tramontano: «È una vicenda che m’ha lasciato senza fiato, come la gran parte degli italiani. Da madre ho chiamato la madre di Giulia: la prima cosa alla quale penso è la mamma. Mi ha scioccato non solo la freddezza, m’ha scioccato vedere il video di Giulia e la morte di un bimbo che a sette mesi sarebbe stato in grado di vivere, sono due le persone che muoiono, anche se il grembo della madre dovrebbe essere il posto più sicuro. Accadono molte cose che sembrano impensabili, il fatto di Giulia, il fatto in Francia, in nome di Gesù».

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Renzi chiede le chat della professoressa che lo ha ripreso in Autogrill col 007 Mancini

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E’ opportuno che un ex presidente del Consiglio si accanisca contro una cittadina? E può un direttore di giornale, sebbene non responsabile, voler limitare la libertà di stampa al punto da chiedere che vengano indagate le conversazioni tra giornalisti e loro fonti? A quanto pare sì, se l’ex presidente e il direttore in questione sono Matteo Renzi, che non è ancora domo per quanto riguarda le immagini che lo immortalano durante un colloquio in autogrill con Marco Mancini, dei servizi segreti italiani. Renzi ha chiesto avere copia delle chat della professoressa che lo filmato.

La donna che assistette alla scena, filmò tutto e inviò il materiale a Report, che risalì all’identità dell’interlocutore dell’ex presidente del Consiglio. Una notizia che suscitò interesse e scalpore, ma che provocò al contempo il disappunto di Renzi, il quale si convinse di essere finito al centro di un’operazione di spionaggio clandestino.

Chiese ed ottenne dalla Procura di indagare sulla donna. Ne emerse che si trattava di una semplice professoressa e non di una 007 sotto copertura. Ciò non è bastato a placare l’ex boy scout. Alessio De Giorgi, capo della comunicazione renziana ed ora direttore del sito de Il Riformista, ha assistito alla perizia sul telefono della professoressa. Durante questo esame, il consulente incaricato da Renzi ha chiesto che venissero estratte, copiate e consegnate tutte le chat della professoressa che contenessero anche uno solo dei seguenti termini: “Renzi”, “Mancini”, “Fiano”, “Autogrill”, “Settebagni”. Tutte, nessuna esclusa. Anche quelle personali e vecchie di anni.

Il legale della professoressa si è opposto ed ha chiesto alla Procura di Roma di stoppare le richieste dell’ex presidente del Consiglio, sia per tutelare la privacy della propria assistita, sia per tutelare la libertà di stampa, dal momento che sono presenti interlocuzioni tra giornalisti ed una fonte (che i giornalisti sono tenuti a tutelare). Sul punto, decideranno i pm.

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Caso Metropol, Salvini al contrattacco: «Spero che giornalisti e politici complici di questa messinscena paghino»

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Ad aprile la Procura ha archiviato l’inchiesta sul caso Metropol e sui presunti fondi russi alla Lega. Nei giorni scorsi La Verità ha pubblicato una serie di articoli nei quali smonta lo «scoop bufala» del 2019 dell’Espresso. Ma gli autori difendono il pezzo: «trattativa accertata».

Il ministro dei Trasporti Matteo Salvini gongola e i giornali di centrodestra gli danno man forte sullo scontro politico-editoriale relativo al caso Metropol, la presunta trattiva tra faccendieri russi e uomini del carroccio per far arrivare fondi in rubli nelle casse della Lega. Ad aprile la Procura ha accolto la richiesta di archiviazione, mentre nei giorni scorsi La Verità ha dedicato una serie di “contro scoop” all’articolo de L’Espresso.

La notizia è stata pubblicata nel febbraio del 2019, quando Salvini e la Lega erano al governo e all’apice degli indici di gradimento dell’elettorato. Secondo l’articolo, all’hotel Metropol di Mosca avvenne un incontro tra il collaboratore di Salvini Gianluca Savoini e alcuni emissari russi. Al centro dell’incontro, un presunto scambio di favori: fondi russi in cambio di posizioni favorevoli alle politiche russe. Secondo La Verità, si sarebbe trattato di uno scoop montato ad arte, con testimoni imbeccati dai giornalisti che hanno firmato il pezzo.

Giovanni Tizian e Stefano Vergine però, oggi in forza a Domani, non ci stanno e bollano questa ricostruzione come una «balla sesquipedale». Secondo i giornalisti la trattiva non andò in porto, ma ci fu ed è perfino documentata.

Sulla vicenda è stato chiamato ad esprimersi anche il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, su richiesta del Carroccio. Nel frattempo il leader della Lega promette ripercussioni: «Era tutta una montatura, per screditare me e la Lega, alimentata con strategie che, secondo le ultime rivelazioni, appaiono inquietanti. Spero che giornalisti e politici che pare – secondo gli ultimi dettagli emersi – siano stati complici di questa enorme e vergognosa messinscena paghino per l’errore commesso. Noi, come sempre, andiamo avanti a testa alta e con la coscienza a posto».

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