Politica
Pozzolo sospeso da FdI, Meloni: «lui irrespobnsabile, ma non abbiamo problema di classe dirigente»
Su precisa domanda, oggi in conferenza stampa la leader di FdI e presidente del consiglio Giorgia Meloni ha reso noto che il deputato Emanuele Pozzolo è stato sospeso dal partito.
Se le gesta di Emanuele Pozzolo non sono state particolarmente apprezzate dalla presidente del Consiglio Meloni, le sue giustificazioni hanno definitivamente fatto saltare il banco. In un primo momento la premier ha glissato, evitando di intervenire sul tema, ma oggi, durante l’annuale conferenza stampa organizzata dall’Ordine dei giornalisti, pungolata da un cronista ha risposto: Pozzolo è stato sospeso da FdI
Meloni è stata abbastanza asciutta: «Il parlamentare ha il porto d’armi e deteneva legalmente quindi l’arma di cui si parla ed è anche comprensibile che l’avesse con se. Quello che non è normale è che l’arma non fosse correttamente custodita, chi ha un’arma ha la responsabilità di tenerla correttamente e questo non è accaduto. Per questo motivo, nell’attesa che la vicenda si chiarisca, ho chiesto a Fratelli d’Italia di attivare il collegio dei probi viri e che, nel frattempo, il deputato sia sospeso dal partito».
Meloni ha poi aggiutno: «Non credo ci sia un problema di classe dirigente di Fratelli d’Italia. Sulla classe dirigente del mio partito, c’è sempre qualcuno che non ti aspettavi e fa errori o cose sbagliate. Però non son disposta a fare questa vita se persone intorno a me non sentono la responsabilità. Non sempre accade ma per la responsabilità che abbiamo, e io vivo quella responsabilità, su questo intendo essere rigida».
Politica
Scontro in maggioranza sul canone Rai: occhiataccia di Meloni a Tajani
Dopo che Forza Italia ha votato contro la proposta leghista di abbassare il canone Rai, il carroccio si è vendicato affossando un emendamento azzurro in materia fiscale. Dalle opposizioni si sgolano ad annunciare un’imminente crisi di maggioranza, ma la premier, pur non risparmiando un’occhiataccia a favor di telecamera a Tajani, è al lavoro per ricompattare le fila: «Siamo riusciti a fare il cessate il fuoco in Libano, possiamo farlo anche sul canone Rai».
Antonio Tajani ha provato a far finta di nulla e a simulare una coesione che nella maggioranza, dopo lo scontro sul canone Rai, di fatto non c’è. La premier invece non ha voluto celare un evidente disappunto. Alla chiusura dei Med Dialogues, la conferenza annuale organizzata dalla Farnesina con l’Ispi per dare slancio all’azione dell’Italia nel mondo, è emersa tutta la tensione che si respira nella maggioranza. Anche perché dopo il botta e risposta di ieri tra Tajani e Salvini ed il voto contrario di oggi degli azzurri al taglio del canone Rai, è arrivata quella che ha tutti i contorni della vendetta leghista: in commissione Bilancio al Senato, un emendamento al decreto fiscale sulla sanità in Calabria proposto dal senatore forzista Claudio Lotito, non è passato a causa dell’astensione della Lega.
Dalle opposizioni già si affrettano ad annunciare una crisi di governo. Meloni sa che in realtà la situazione non è così critica: «Siamo riusciti a fare il cessate il fuoco in Libano, possiamo farlo anche sul canone Rai» ha detto ai cronisti, prima di svicolare da un’uscita secondaria in seguito al suo rapido intervento. Sul palco è stata invitata con tutte le carinerie del caso, sia istituzionali che politiche, proprio da Tajani, che molto si è speso in ringraziamenti alla presidente. Certamente più fredda la reazione della premier: occhiataccia, rapida stretta di mano e ringraziamento di circostanza.
Non sarà una crisi di governo, ma qualche grattacapo Meloni lo ha. Al di là dello scontro sul canone Rai, Tajani è infastidito per l’appoggio che la premier sembra aver concesso a Noi Moderati, come se ne volesse fare una stampella centrista nella maggioranza nel caso di frizioni con gli azzurri, ma anche per le ingerenze di Salvini in temi di politica estera. L’ultima è stata quella relativa al mandato d’arresto a Netanyahu: Salvini ha detto che il presidente israeliano sarebbe benvenuto in Italia, smentendo di fatto la linea della Farnesina.
C’è poi un altro punto da tenere in considerazione: chi prenderà le deleghe di Fitto? Tajani le vorrebbe per i suoi, anche alla luce dell’impegno profuso in Europa per far accettare la figura di Fitto come vicepresidente e per portare FdI nella maggioranza Ursula. Il nome che circola in queste ore però, andrebbe in tutt’altra direzione: Elisabetta Belloni, ora a capo del Dis, già segretario generale della Farnesina e con una una consolidata carriera da funzionaria alle spalle. Qualora fosse nominata ministro, è il timore di Tajani, potrebbe offuscare il ministro degli Esteri nei rapporti con le cancellerie europee e spostare gli equilibri della coalizione nei rapporti con l’estero.
Politica
Valditara non si scusa: «mie parole strumentalizzate»
Il ministro non ritratta la figura barbina rimediata in occasione della visita di Giulio Cecchettin alle Camere: «Non ho mai detto che il femminicidio è colpa degli immigrati».
«Sono state strumentalizzate alcune mie affermazioni». Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara non ritira le sue parole sul legame tra violenza sulle donne e immigrazione illegale, ma precisa che sono state «strumentalizzate». «Non ho mai detto che il femminicidio è colpa degli immigrati» ha affermato al Salone dello Studente di Campus a Roma.
Un paio di giorni fa, avevano suscitato polemiche ed indignazione le sue parole a proposito dell’ «incremento dei fenomeni di violenza sessuale», che sarebbe riconducibile anche «a forme di marginalità e devianza, in qualche modo discendenti da immigrazione illegale». Non potevano non mancare proteste vibranti, ma Valditara sostiene che le sue parole «sono state strumentalizzate». Le polemiche hanno portato i membri della famiglia Cecchettin, che stavano presentando proprio in quel momento la Fonazione dedicata a Giulia, a prendere, seppur con garbo, le distanze.
Ed oggi il ministro prova a riavvicinarsi: «Raccolgo molto volentieri l’invito ad un confronto con Gino Cecchettin, che ha sempre usato parole molto equilibrate. Credo che il comune scopo che condividiamo, cioè combattere contro ogni forma di violenza sulle donne, ci debba vedere tutti dalla stessa parte».
Ed in merito alle polemiche: «E che cosa ho detto? Ho detto che a queste violenze sessuali contribuisce anche, è importante l’anche, la marginalità e la devianza conseguenti a una immigrazione irregolare. Allora non ho detto che è l’immigrato che è causa di questo, ho detto la marginalità e la devianza».
Politica
Il governo costretto alla “ritirata” in Albania: ridotto il contingente nei Cpr
Il Viminale ha disposto la riduzione del contingente di forze dell’ordine nei centri di permanenza e rimpatrio allestiti in Albania. Si teme che la Corte dei Conti possa contestare un danno erariale e intanto si attende la decisione della corte Europea, che potrebbe definitivamente sotterrare l’operazione.
E’ stata definita «rimodulazione», ma ha tutti i contorni di uno smobilitazione generale. Nonostante le dichiarazioni agguerrite («i giudici non ci fermeranno») ed ingerenze non richieste da parte di futuri consiglieri esteri, il governo difficilmente potrà proseguire la campagna d’Albania: il Viminale ha disposto la riduzione delle forze dell’ordine nei Centri di permanenza e rimpatrio di Shengjin e Gjader.
Una cinquantina gli agenti che dovrebbero fare ritorno in Italia. Dalle inziali 259 unità pensate, nei due centri rimarrà solo il personale strettamente necessario per coprire i turni di vigilanza da sei ore, 170 agenti, anche quando i Cpr sono vuoti, come in questo momento.
E dopo che due navi con a bordo 16 migranti prima ed 8 dopo sono state fatte tornare indietro, ci si chiede se altre ne partiranno mai verso l’atra sponda dell’Adriatico e se la Corte dei Conti avanzerà un’accusa di danno erariale. Mentre continua il braccio di ferro con la magistratura italiana, in seguito alle pronunciazioni dei Tribunali di Roma e Bologna, al Ministero e a Palazzo Chigi rimangono in attesa della sentenza della Corte di Giustizia Europea sulla designazione di “Paesi Sicuri”. Un sentenza che non è assolutamente scontato possa dare ragione al governo e che potrebbe soppiantare definitivamente il progetto di trasferire in Albania i migranti soccorsi in mare.
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