Mondo
Testa rasata, botte e vernice addosso a Elena Milashina, giornalista russa

Elena Milashina, giornalista e scrittrice russa, considerata tra le depositarie dell’eredità di Anna Politkovskaya, è stata aggredita in Cecenia, dove voleva seguire un processo: «vattene, non scrivere nulla».
La Russia non è un Paese per giornalisti. almeno per quelli indipendenti. Dopo le accuse di imbavagliamento ai media non allineati, un nuovo deprecabile episodio getta ombre sulla libertà di stampa della Federazione. Elena Milashina, scrittrice e giornalista della testata indipendente Novaya Gazeta, è stata aggredita in Cecenia, dove si trovava per seguire un processo .
La corrispondente è stata avvicinata da un drappello di uomini incappucciati che l’hanno circondata e aggredita fisicamente. La giornalista ha dovuto ricorrere alle cure sanitarie: ha riportato u trauma cranico e la frattura di alcune dita. I suoi capelli sono stati rasati e addosso le hanno spruzzato vernice verde. Se ci fossero perplessità circa la natura dell’assalto, sono stai gli stesi aggressori a fugare ogni dubbio: «Vattene, non scrivere niente».
Incredibilmente però, tutto sommato ad Elena Milashina è andata bene: l’avvocato Alexander Nemov è stato pugnalato a una gamba. I fatti sono stati ben illustrati dalla reporter: «Mani legate, in ginocchio, pistola puntata alla testa… Un classico rapimento, come si faceva una volta. Non se ne vedevano da tempo. Hanno immobilizzato il tassista e l’hanno buttato fuori dall’auto, sono saliti in macchina, mi hanno legato le mani, mi hanno messo in ginocchio, mi hanno puntato la pistola alla testa. Hanno fatto tutto in modo nervoso e così non sono riusciti a legarmi le mani».
Milashina è considerata una delle maggiori giornaliste investigative della Russia. Cresciuta sotto l’ala prorettrice di Anna Politkovaskaya, la giornalista e saggista misteriosamente scomparsa nel nulla nel 2005, ha fatto il suo esordio sulle colonne di Novaya Gazeta, ad appena 19 anni. Il giornale è considerato uno degli ultimi baluardi della libertà di stampa russa e nel 2022 la redazione ha dovuto abbandonare il Paese, per sfuggire alle restrizioni imposte ai media.
La giornalista si è spesso si è occupata di Cecenia, specie per quanto riguarda la tutela delle minoranze e dei diritti umani. Fu lei a rivelare una sorta di sistema clandestino e sistematico di purghe agli omosessuali nel Paese. Non è la prima volta che la sua penna la mette nei guai: ha già subito altre due aggressioni, una in pieno centro a Mosca ed una ancora in Cecenia. Nonostante le intimidazioni però, Elena Milashina non ha smesso di scrivere.
Mondo
La Polonia non invierà altre armi all’Ucraina: l’annuncio shock di Morawiecki

Il grano ha spezzato l’asse tra Ucraina e Polonia, che dopo lo stop ai cereali ucraini ha annunciato che non invierà nuove armi a Kiev: «dobbiamo armare la Polonia».
All’indomani dell’invasione russa, la prima a rispondere alle richieste di soccorso provenienti dall’Ucraina, è stata la Polonia, che ha cominciato subito ad accogliere i profughi e a sostenere la resistenza. Oggi però l’intesa tra Polonia e Ucraina appare, se non del tutto svanita, quantomeno fragile, dopo che Varsavia ha comunicato che non invierà altri armamenti, munizioni ed armi, a Kiev.
Ieri sera in televisione il premier nazionalista Morawiecki ha annunciato: « «La Polonia smetterà di fornire aiuti militari all’Ucraina perché dovrà armare il suo esercito. L’Ucraina si sta difendendo da un brutale attacco da parte della Russia, e capisco questa situazione, ma, come ho detto, difenderemo il nostro Paese. Non trasferiamo più armi all’Ucraina, perché ora stiamo armando la Polonia».
Le prime fratture sono emerse già nei mesi scorsi. Pomo della discordia, il grano. L’arrivo nei mercati europei di cereali ucraini a basso costo ha infatti avuto pesanti ripercussioni sull’agricoltura non soltanto polacca. Alcuni giorni fa, Polonia, Slovacchia e Ungheria hanno annunciato il divieto unilaterale d’ingresso di cereali provenienti dall’Ucraina.
Se gli animi si sono fatti tesi, la relazione di Zelensky all’Assemblea Generale dell’Onu, non gli ha stemperati. Parlando della questione dei cereali, il presidente ucraino ha affermato: «alcuni alleati europei fa il gioco della Russia». Varsavia non l’ha presa bene ed ha convocato l’ambasciatore ucraino per avere spiegazioni. Spiegazioni che non devono aver del tutto convinto , considerando l’annuncio dello stop all’invio di armi successivo di qualche ora.
Mondo
Giornalista palpata in diretta tv in Spagna: arrestato un 25enne

L’uomo che durante un collegamento in diretta dell’emittente Mediaset Spagna ha rifilato una palpata sul sedere della giornalista Isa Balado, nega di aver appoggiato la mano, ma di aver soltanto mimato il gesto.
La vicenda ha ricordato molto quella accaduta in Italia un paio d’anni fa, anche se l’epilogo è differente: se l’uomo che ha affibbiato una palpata ad una giornalista di Toscana Tv è stato denunciato, l’uomo che ha fatto la stessa durante un collegamento in diretta tv in Spagna è stato direttamente arrestato.
Lui, un ragazzo di 25 anni di origine rumena, sostiene di non aver appoggiato la mano sul sedere di Isa Balado, la giornalista impegnata nel collegamento dal centro di Madrid per la trasmissione En boca de todos. L’inviata non è dello stesso avviso.
Durante il collegamento nella capitale di Spagna, si è avvicinata alle spalle della giornalista, che stava comunicando con lo studio, e, apparentemente l’ha palpata sul sedere in diretta tv. Lei rimane per un attimo interdetta, ma dallo studio incalzano: viene chiesto al cameraman di inquadrare il volto del ragazzo ed il conduttore chiede all’inviata se le avesse: ««toccato il cxxo». «Sì» la laconica risposta dalla giornalista, che poi affronta il giovane. Lui nega di averla toccata, ma lei risponde «Secondo me l’hai toccato».
La reazione dallo studio è veemente: «Stai facendo il tuo lavoro come hai sempre fatto e arriva uno scemo che ti tocca il sedere senza alcun diritto. Onestamente la cosa mi fa infuriare». Anche in questo caso, la differenza di reazioni con il caso italiano è sensibile («non reagire»). Il ragazzo dopo un breve scambio di battute si è allontanato con fare strafottente, “salutando” la giornalista con un buffetto che non sembra essere stato particolarmente apprezzato.
Poche ore dopo la Policia Nacional ha diffuso le immagini del suo arresto, mentre viene preso sotto custodia con le mani ammanettate.

Mondo
Catastrofe in Libia per il ciclone Daniel: almeno due mila morti nelle esondazioni

La furia delle acque ha provocato il crollo di due dighe: intere città sono sommerse. Già più di due mila i morti in Libia dopo il passaggio della tempesta Daniel, ma il numero potrebbe vertiginosamente salire: sono più di mille i dispersi.
Le foto ed i video che circolano sul web descrivono scenari catastrofici: ovunque fango e distruzione. Il ciclone Daniel che ieri sera ha attraversato il nord-est della Libia ha lasciato dietro di sé una scia di danni e morti. La situazione più critica nella città di Derna, dove sono crollate due dighe.
Milioni di metri cubi d’acqua si sono rovesciati al suolo, andando ad unirsi alle già copiose precipitazioni. Sembra quasi che il mare abbia inghiottito la città. Interi quartieri sono completamente allagati e sulla superfice delle acque galleggiano i copri senza vita di decine di persone. Secondo alcune testimonianze le acque avrebbero raggiunto i tre metri.
Oltre ai danni dell’acqua, quelli provocati dalle forti raffiche di vento, fino a 180 chilometri orari. Se Derna è in ginocchio, non va meglio a Misurata, Al Bayda e Marj. Il ciclone Daniel si è mosso, dopo aver attraversato Grecia, Bulgaria e Turchia, verso il nord Africa ed il Mediterraneo.
Al momento non risultano italiani coinvolti o dispersi, come affermato dal ministro Tajani: «seguiamo con attenzione le conseguenze delle alluvioni in Libia. Siamo in contatto con le autorità libiche per valutare il tipo di aiuti da inviare subito al popolo libico. Al momento non ci risultano italiani coinvolti».
Aiuto già richiesto da Hisham Abu Shkewat, ministro del trasporto Aereo e membro della commissione di crisi nel governo di Bengasi: ««Auspichiamo da tutti i Paesi amici, in particolare dall’Italia, un aiuto urgente nelle operazioni di ricerca e soccorso e tutto ciò che possa alleviare le sofferenze degli abitanti della città di Derna».

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