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Cronaca

Tifosi costretti a lasciare lo stadio per “cordoglio” verso la morte del capo ultras dell’Inter

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tifosi dell'Inter costretti a lasciare lo stadio dagli ultras

Durante Inter-Sampdoria in curva si è sparsa la notizia che qualcuno aveva sparato allo storico capo ultrà nerazzurro Vittorio Boiocchi. Le frange organizzate hanno deciso di sgomberare il secondo anello in segno di “solidarietà”. Tifosi, famiglie, donne e bambini costretti a lasciare il settore dello stadio dagli ultras dell’Inter anche con insulti, minacce e botte.

I racconti di quanto accaduto ieri sono agghiaccianti. Qualcuno dice di aver visto un padre picchiato sotto gli occhi della propria figlia, qualcun altro racconta le minacce subite, altri ancora parlano di spintoni e insulti. Le testimonianze si riferiscono a quanto accaduto allo stadio San Siro durante il match tra i neroazzurri e i blucerchiati, quando i tifosi sono stati costretti a lasciare lo stadio dagli ultras dell’Inter. A partita già iniziata si è sparsa la voce in curva: qualcuno ha sparato a Vittorio Boiocchi, sessantanovenne storico capo ultras dell’Inter. Un vero e proprio agguato con due killer che hanno atteso che rincasasse per freddarlo sotto casa, prima di dileguarsi in moto. Immediatamente le frange del tifo organizzato interista, hanno messo in moto la loro iniziativa di “cordoglio” e “solidarietà”. Via gli striscioni e abbandono del secondo anello della curva.

In quel settore dello stadio però non prendono posto soltanto appartenenti al mondo ultras, ma anche tanti semplici tifosi. Famiglie, ragazzi, bambini. Tutti costretti ad aderire alla manifestazione di cordoglio. Chi ha cercato di rimanere al proprio posto fino al termine della partita, è stato spintonato, insultato e minacciato. Qualcuno sarebbe stato anche colpito violentemente.

«Quello che è successo è inaccettabile, non è tollerabile. Sono certo che saranno presi immediati provvedimenti. Non solo parole!» sono le parole del neo nominato ministro dello Sport Andrea Abodi. Nessun commento ufficiale invece per il momento da parte della dirigenza interista.

Vittorio Boiocchi non era allo stadio quella sera, perché non ci poteva stare. Il capo ultras dell’Inter, reinsediatosi nel 2018 dopo 26 anni di carcere, era sottoposto a sorveglianza speciale. Un paio d’ore prima del fischio di inizio si p recato nel bar punto di ritrovo della tifoseria organizzata nerazzurra. Intorno alle 19:30 un ultras lo ha riaccompagnato a casa in scooter. Qui lo attendevano i suoi assassini.

Due uomini, col volto coperto dal casco integrale. Quando Boiocchi si è diretto verso il cancello di casa sua sono entrati in azione. Uno di loro ha sparato cinque colpi, due dei quali hanno colpito il loro bersaglio. L’altro ha fatto manovra con una moto di grossa cilindrata ed ha recuperato l’esecutore dell’omicidio prima di dileguarsi.

Gli inquirenti stanno passando al vaglio il passato criminale del capo ultras ucciso sotto casa per ricostruire il contesto in cui è maturato l’omicidio. Collegamenti con la criminalità organizzata, traffico di droga, estorsioni. Qui starebbe il movente che ha portato all’esecuzione di Boiocchi. Meno battuta la pista del regolamento interno alla curva, in una sorta di lotta di potere per la supremazia del tifo organizzato interista. In base ad un recente intercettazione, Boiocchi sarebbe stato anche al centro del business dei biglietti venduti fuori San Siro e in quello della gestione dei parcheggiatori abusivi, che avrebbe garantito profitti per ««80 mila euro al mese tra parcheggi e altre cose. Finalmente eravamo riusciti a fare una bella cosa con 700-800 biglietti in mano, due paninari, a cui abbiamo fatto avere il posto. In sostanza parliamo di 10 mila euro a partita».

Cronaca

Finto padre e finta cieca organizzano finto matrimonio per intascare il bonus bebè

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gdf 117 volante guardia di finanza fiamme gialle
Foto d'archivio.

Lui si spacciava per padre di tre figli, lei per una persona ipovedente al 100%: hanno allestito un finto matrimonio per finta per intascare, oltre a reddito di cittadinanza e pensione di invalidità, il bonus bebé.

Chissà, forse alla base del loro rapporto c’era amore vero. Tutto il resto invece era fasullo. MA forse una condizione di disagio cronico l’avevano davvero: l’ingordigia. Non bastavano il Reddito di Cittadinanza e la pensione di invalidità ottenuti illecitamente, volevano anche il bonus bebè, così hanno organizzato un finto matrimonio che ha permesso loro di ottenere sussidi e soldi veri, così come sono veri i guai in cui si sono cacciati.

Un uomo ed una donna sono stati denunciati per falso in atto pubblico e truffa dopo che i finanzieri hanno riscontrato la mendacia delle loro dichiarazioni. La vicenda è stata resa nota dall’edizione romana de Il Messaggero.

Lei si era spacciata come ipovedente al 100%. Lui, già sette anni fa, dichiarò padre di un bimbo appena nato, al quale seguiranno poi altri due “figli immaginari”, ma regolarmente registrati di fronte a un ufficiale del Campidoglio. Queste “condizioni” sono valse alla coppia di truffatori seriali una serie di sussidi.

Che però, forse, non erano sufficienti, pertanto hanno osato una nuova impresa: un finto matrimonio che avrebbe garantito loro anche gli assegni previsti dal bonus bebè e destinati ai neo-coniugi.

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Attualità

Amministrazione giudiziaria per BRT e Geodis per sfruttamento dei lavoratori

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Turni massacranti, pagamenti a cottimo e nemmeno sicuri, scarsa attenzione delle condizioni di sicurezza dei lavoratori. I giganti della logistica e delle spedizioni, BRT e Geodis, sono finiti in amministrazione giudiziaria, disposta dal Tribunale di Milano, per lo sfruttamento dei lavoratori.

Il colosso delle spedizioni BRT, che prima di essere acquisito dalle Poste francesi si chiamava Bartolini, è finito in amministrazione giudiziaria per sfruttamento dei propri lavoratori. stessa sorte per un altro gigante della logistica, Geodis. Lo ha stabilito il Tribunale di Milano che ha rilevato turni massacranti ai quali erano sottoposto i corrieri, alcuni dei quali oltretutto venivano pagati a cottimo, in base al numero di consegne effettuate, e in determinati casi senza nemmeno la certezza di essere retribuiti.

Secondo la corte meneghina, l’azienda attraverso migliaia di cooperative, definite «meri serbatoi di manodopera» nel provvedimento con cui è stata disposta l’amministrazione giudiziaria per sfruttamento dei lavoratori a BRT, impiegava nelle proprie filiali corrieri costretti a turni infernali e in condizioni di precariato, anche nel caso di persone impiegate da oltre vent’anni .

Sia Geodis che BRT avevano già subito una sequestri per 126 milioni di euro per frode fiscale e caporalato, come ricordato da La Stampa. Riccardo Bonivento è stato nominato amministratore giudiziario e per una anno affiancherà il CdA.

Quella che viene definita una «prassi radicata e collaudata» si sarebbe andata consolidando una decina di anni fa. Il meccanismo avrebbe permesso a BRT di risparmiare fino a 100 milioni di euro all’anno. Oggetto particolare delle indagini, i «controlli di transumanza», ovvero quelli relativi alla passaggio dei lavoratori da una compagnia all’altra.

La corte si è spinta a dire che l’ad Costantino Dalmazio Manti fosse «a conoscenza di tutto il sistema». La multinazionale invece ha reso noto che l’amministratore delegato starebbe collaborando con la Procura.

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Cronaca

Neonato morto dopo la circoncisione fatta in casa

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Due donne nigeriane sono indagate per esercizio abusivo della professione medica e omicidio preterintenzionale aggravato, dopo la morte di un neonato al quale hanno fatto la circoncisione in casa. Anche la madre della piccola vittima risulta indagata.

Un neonato è morto in seguito ad una circoncisione effettuatagli in casa da persone non qualificate e in assenza di strumentazioni e condizioni di sicurezza. L’incredibile e tragica vicenda giunge dalla periferia capitolina, dove sono state fermate due donne, entrambe di origine nigeriana. Sono indagate per omicidio preterintenzionale aggravato ed esercizio abusivo della professione medica. Anche la madre del piccolo risulta indagata per concorso in omicidio preterintenzionale, ma a differenza delle altre due, non risultano misure cautelari a suo carico.

Il neonato morto a causa delle complicazioni dovute ad una circoncisione eseguita in casa, aveva appena 20 giorni. In seguito alla pratica alla quale è stato sottoposto, ha subito un copioso dissanguamento. La corsa disperata al policlinico di Tor Vergata si è rivelata inutile.

La circoncisione alla quale il neonato è stato sottoposto è stato eseguito in casa, a Colonna, nei dintorni di Roma, dove risiede una nutrita comunità nigeriana.

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