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Oggi la Corte Costituzionale valuta l’ammissibilità dei referendum su eutanasia, cannabis e giustizia

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Corte Costituzionale a Palazzo della Consulta si esprime sull'ammissibilità di 8 referendum su cannabis legale eutanasia e giustizia

Sono cominciati i lavori della consulta, chiamata ad esprimersi su otto referendum: eutanasia attiva, cannabis legale e sei in tema Giustizia, che vanno dalla separazione delle carriere dei magistrati, alla ridiscussione dei termini della custodia cautelare, passando per l’abolizione dell’incandidabilità dei condannati. Qualora venissero giudicati ammissibili, il Presidente della Repubblica fisserebbe la data delle consultazioni popolari.

Presso la Corte Costituzionale, ha preso avvio la camera di consiglio partecipata, ovvero aperta ai partiti, che valuterà l’ammissibilità di 8 referendum relativi a cannabis legale, eutanasia e giustizia. Formalmente la consulta deve giudicare se rispettano l’articolo 75 della Costituzione che recita: «non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali». In realtà, nella prassi giudicano se sono compatibili con i principi costituzionali. Qualora arrivasse il via libera dalla corte Costituzionale, il Presidente della Repubblica indicherebbe una data per le votazioni, in un periodo compreso tra il 15 aprile ed il 15 giugno.

I temi al centro del dibattito sono eutanasia attiva, cannabis legale e giustizia. Le ripercussioni politiche sono dietro l’angolo, non solo a causa delle diverse posizioni sui temi etici tra le forze in Parlamento. Se infatti i referendum su eutanasia e cannabis legale arrivano sulla spinta di una grande mobilitazione popolare e sono stati promossi da tantissime associazioni e movimenti, i quesiti sulla giustizia sono stati partoriti da un insolito comitato promotore: “Giustizia Giusta”, che mette insieme Lega e Radicali.

Due delle proposte avanzate riguardano la rivisitazione dei termini della custodia cautelare, che lascerebbe a piede libero in molti casi colletti bianchi e delinquenti comuni, e l’abolizione di parte della legge Severino, quella che stabilisce l’incandidabilità e la decadenza dalle cariche elettive per chi viene condannato ad una pena superiore ai due anni. In entrambi i casi le proposte non incontrano il favore di Fratelli d’Italia e rischiano di spaccare ancora una volta il centrodestra. In merito all’ipotesi riguardante l’abolizione dell’incandidabilità dei condannati, fortemente caldeggiata da Forza Italia, Giorgia Meloni ha affermato che sarebbe «un passo indietro nella lotta alla corruzione e rischierebbe di dare il potere ad alcuni magistrati di scegliere quali politici condannati far ricandidare e quali interdire dai pubblici uffici». Sul quesito riguardante la custodia cautelare invece ha affermato: «impedirebbe di arrestare spacciatori e delinquenti comuni che vivono dei proventi dei loro crimini. Noi vogliamo fermare la criminalità senza se e senza ma».

Per quanto riguarda i referendum sulla giustizia poi, esiste il rischio che possano verificarsi conflitti, problemi tecnici e sovrapposizioni con la riforma di cui si sta discutendo in questo periodo. Le proposte referendarie infatti arrivano mentre il Parlamento è al lavoro su una riforma strutturale della giustizia avanzata dalla ministra Marta Cartabia. La discussione è giunta all’ultimo atto, dopo che i capitoli su processo civile e processo penale sono già diventati legge, e riguarda riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario, due temi presi in esame anche dalle proposte ora al vaglio del la Corte Costituzionale.

Secondo alcuni analisti, diversi punti dei referendum sulla giustizia corrono il rischio di incontrare l’opposizione della consulta a causa di principi di incostituzionalità Tuttavia Giuliano Amato, recentemente eletto presidente della Corte Costituzionale, ha dichiarato: «davanti ai quesiti referendari ci si può porre in due modi: o cercare qualunque pelo nell’uovo per buttarli nel cestino oppure cercare di vedere se ci sono ragionevoli argomenti per dichiarare ammissibili referendum che pure hanno qualche difetto. Noi dobbiamo lavorare al massimo in questa seconda direzione, perché il nostro punto di partenza è consentire, il più possibile, il voto popolare».

Eutanasia

Arriva sulla spinta di un milione e duecento mila firma e vede l’associazione Luca Coscioni come capofila. Propone di abrogare l’articolo 579 del codice penale, che punisce l’omicidio di persona consenziente. Qualora la proposta passasse non sarebbe quindi più perseguibile per omicidio il medico che somministra il farmaco ad un paziente maggiorenne, cosciente, consapevole e consenziente e sarebbe permessa l’eutanasia attiva.

Cannabis Legale

Anche questo quesito referendario ha raccolto molti consensi, 630 mila firme in poche settimane. Propone di rivedere diverse norme, sia sul piano penale che su quello civile, collegate alle droghe leggere: dalla depenalizzazione della coltivazione delle piante di canapa, all’eliminazione del carcere per reati connessi alla cannabis, ad eccezione dell’associazione a delinquere per il traffico illecito, fino all’eliminazione della sospensione della patente per i consumatori.

Responsabilità civile dei magistrati

Con questo quesito inizia l’elenco delle proposte in tema giustizia avanzate dal comitato promotore “Giustizia Giusta”. Propone di dare la possibilità al cittadino di fare causa direttamente al magistrato, senza passare dal filtro dello Stato. Allo stato attuale, chi ritiene di essere vittima di un errore giudiziario può infatti fare causa allo Stato, che eventualmente si rivale sul magistrato. In base a questa proposta invece, il giudice sarebbe direttamente responsabile delle sue sentenze e ne dovrebbe rispondere in prima persona, pagando di tasca propria nel caso fosse condannato. Secondo molti osservatori si tratta di una proposta molto severa contro i giudici, con possibili conseguenze rilevanti per l’intero sistema giudiziario, dal momento che potrebbe rendere più complicato prendere decisioni “scomode” nei confronti di imputati eccellenti.

Separazione della Carriere

In realtà una netta separazione tra le due carriere potrebbe essere attuata solo con una riforma costituzionale. Il quesito riguarda più che altro la distinzione tra le funzioni del pubblico ministero e quelle del giudice. In base alla proposta, il magistrato ad inizio carriera dovrebbe scegliere quale strada seguire nella sua vita professionale e non potrebbe cambiare. Al momento invece può cambiare quattro volte, mentre la riforma Cartabia propone di rendere possibili solo due cambi.

Limiti alla custodia cautelare

Qualora il quesito passasse, verrebbe abolita l’ipotesi di reiterazione di reati “della stessa specie di quello per cui si procede» per disporre la custodia cautelare in carcere. In questo modo, non sarebbe più possibile mandare gli accusati in carcere, se non nei casi di pericolo di inquinamento prove o di fuga, molto difficili da dimostrare. Cadrebbe così la principale ipotesi con cui un magistrato può mandare in prigione un imputato. Un provvedimento che lascerebbe dunque a piede libero diversi colletti bianchi e delinquenti comuni, come ladri e spacciatori, per i quali è facile ipotizzare il rischio che ripetano gli stessi reati, mentre non è semplice dimostrare che possano scappare o inquinare le prove.

Abrogazione della Legge Severino

Non tutto, ma solo una parte del decreto legislativo del 2012 verrebbe rivisto qualora il referendum passasse: quella che prevede l’incandidabilità e la decadenza per i condannati in via definitiva ad una pena superiore ai due anni. Non c’è molto altro da dire.

Valutazione dei magistrati

Il quesito prevede di dare diritto di voto anche ai non togati, professori ed avvocati, nei consigli giudiziari, i riferimenti locali del Csm. Attualmente un terzo di questi organi sono composti anche da elementi provenienti dall’avvocatura e dall’Università, ma non hanno diritto di voto. Se il referendum passasse anche i non togati potrebbero decidere sulla carriera dei magistrati.

Abolizione delle firme per candidarsi al Csm

In base a questo quesito, un magistrato non dovrebbe più presentare una raccolta firme per avanzare la sua candidatura al consiglio Superiore della Magistratura.

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Sanzione da 200 mila euro alla Rai per la pubblicità occulta sulle scarpe di John Travolta

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Il purtroppo indimenticabile teatrino tra Fiorello, Amadeus e John Travolta a Sanremo, oltre che ad essere stato orribile, costa caro alla  Rai, che ha ricevuto una sanzione per pubblicità occulta. Agcom: «episodio gravissimo».

In quel inguardabile siparietto saltavano all’occhio tre cose: l’evidente imbarazzo di un attore che non si è fatto scrupoli a recitare nel pietoso “Battaglia per la Terra”, delle papere giganti e la marca delle scarpe indossate dall’attore. Il “ballo del qua qua” con John Travolta, Amadeus e Fiorello costa caro alla Rai: sanzione da oltre 200 mila euro per pubblicità occulta.

La Commissione per i servizi e i prodotti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazione ha approvato una sanzione di euro 206.580,00, pari a venti volte il minimo edittale, per ‘violazione delle disposizioni relative alla corretta segnalazione dei messaggi pubblicitari”, definendo «gravissimo» l’episodio.

«La violazione accertata – sottolinea oggi l’autorità – riguarda la pubblicità occulta di un noto marchio di scarpe nel corso dell’esibizione di John Travolta insieme ad Amadeus, conduttore del Festival. L’Autorità ha ritenuto di estrema gravità l’episodio, in quanto l’esposizione del prodotto è avvenuta nel corso del principale programma televisivo della Rai in termini di audience e durante l’esibizione di un ospite di chiara fama internazionale, con notevoli effetti pregiudizievoli a danno dei telespettatori. Nel determinare la sanzione l’Autorità ha tenuto conto della reiterazione della condotta da parte della Rai, già sanzionata per episodi di pubblicità occulta nel corso della passata edizione del Festival di Sanremo».

L’esibizione di Travolta con i pennuti è stata talmente brutta, che lo stesso attore ha rifiutato di firmare la liberatoria che ne autorizza la rimessa in onda. Ma in quel momento di fronte allo schermo c’erano circa 11 milioni di osservatori. Abbastanza per avere tonnellate di meme a ricordarci un imbarazzante momento di televisione.

Ed intanto arrivano anche le prime reazioni del mondo politico: «Amadeus ha sbagliato e Amadeus deve pagare» ha affermato Maurizio Gasparri, secondo il quale «dovrebbero pagare non i cittadini attraverso il canone, ma i responsabili di questo episodio, quindi Amadeus, che si è arricchito negli anni con i soldi della Rai, e chi non ha vigilato a dovere sulla trasmissione».

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Musk sulla figlia transgender: «è morto, ucciso dalla teoria woke. Non avrei dovuto accettare i trattamenti»

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Intervistato da Tmz il tycoon ha usato dure parole nei confronti della figlia transgender: «Mio figlio è morto, è stato ucciso dal virus della mentalità woke».

Tra i due non corre buon sangue. La ventenne Vivian Jenna Wilson, nato come Xavier Musk, dopo il cambio di sesso ha interrotto ogni rapporto con il padre, il fondatore di Tesla e Space X, ed ha assunto il cognome della madre. La transizione non è stata bene accolta da Elon Musk, che, intervistato da Tmz ha usato parole molto dure nei confronti della figlia transgender: «Mio figlio è morto, è stato ucciso dal virus della mentalità woke».

Il miliardario ha anche abiurato il suo consenso ai trattamenti ai quali il figlio si è sottoposto: «Sono stato ingannato nel firmare documenti medici per approvare qualsiasi trattamento lei ricevesse». Parlando con il suo intervistatore, Musk ha affermato di aver accettato perché gli avevano paventato il rischio di un gesto autolesionistico da parte del giovane.

Non è la prima volta che tra Musk e la figlia transgender due volano screzi a mezzo stampa. In passato si sono scambiati dichiarazioni al vetriolo non soltanto sulle diverse visioni sui diritti Lgbtq+, ma anche in tema di politica. Misk ha spesso definita la figlia come una «comunista» e «marxista» che odia i ricchi».

 

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Flavio Briatore: «tanta stima per chi campa con 4 mila euro al mese»

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polemiche flavio briatore 4 mila euro al mese

Il noto imprenditore voleva fare una sorta di elogio al ceto medio per essere in grado di destreggiarsi in tempi difficili, ma le sue parole a molti non sono piaciute. Ma non manca chi lo vorrebbe candidato.

Polemiche su Flavio Briatore che, ospite del podcast 2046 condotta da Fabio Rovazzi e Marco Mazzoli, ha affermato: «Come si fa a vivere con 4 mila euro al mese?». Una frase, rilanciata sui social dallo stesso imprenditore, che ha suscitato l’irritazione di molti utenti.

In realtà Briatore si era lanciato in una sorta di elogio delle famiglie italiane in tempi di inflazione: «Io penso che una famiglia di quattro persone, con il marito che guadagna 1 e 500 euro al mese o 2 mila, e la moglie magari ne guadagna 1 e 500 ma anche 2 e 500 o 4 mila, già sono cifre importanti, come fanno a vivere?». A molti è sembrato un discorso snob con numeri oltretutto lontani dalla realtà. Ma Briatore continua: «Cioè io mi chiedo: paghi l’affitto, se hai bisogno del dentista o di comprare qualcosa… cioè questi sono i veri miracoli. Cioè per sta gente qui tanto di rispetto perché è la cosa più difficile che puoi fare. Mantieni i tuoi figli, la tua famiglia, li vesti bene….»

Il problema, secondo Briatore, sta tutto nelle tasse: «Gli aumenti dei salari è giusto, ma non puoi pagare le tasse che ti appioppano. Dovrebbero diminuire le tasse, aumentare anche questo e i soldi spenderli bene».

Il suo discorso non ha ricevuto soltanto critiche. Qualcuno ha gradito, anzi, auspica perfino una sua discesa in campo: «Ci vorrebbe una persona così a governare» si legge tra i commenti. E’ non è l’unico.

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