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Concessioni spiagge azzerate, dal 2024 assegnate tramite gare pubbliche

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Dopo appena 15 anni, anche l’Italia adotta la normativa europea che prevede, tra le altre cose, la ridiscussione degli spazi demaniali. Azzerate le concessioni delle spiagge e stabilimenti balneari ridistribuiti tramite gare d’appalto pubbliche. Non subito però, ma a partire dal 2024. E i balneatori comunque protestano.

L’estate del 2023 sarà l’ultima con le spiagge così come le conosciamo. Forse. Il Consiglio di Stato infatti ha emanato una sentenza con la quale definisce illegittima la proroga della concessioni demaniali fino al 2033 attuata dal Governo Conte ed impone la riassegnazione degli stabilimenti balneari entro due anni tramite evidenza pubblica. Vengono dunque azzerate le attuali concessioni riguardanti le spiagge a partire dal 2024.

Anche l’Italia insomma adotta la Bolkestein, la normativa europea emanata nel 2006 che prevede un regime di concorrenza anche per quanto riguarda spiagge e ambulanti, garantito da procedure di appalto pubbliche. Eppure anno dopo anno, i governi che si sono succeduti hanno evitato di introdurla, procrastinando la decisione e guadagnando tempo per non prendere una decisione “scomoda”.

L’ultimo in ordine di tempo l’attuale premier Mario Draghi, che aveva escluso concessioni demaniali e ambulanti dal ddl Concorrenza. Niente ridiscussione e aste, ma mappatura delle concessioni in essere e dei relativi proventi. Una sorta di censimento in vista di un non meglio specificato riordino del settore, ma con un assetto che prevedeva di rimanere invariato fino al 2034.

Ma il Consiglio di Stato ha rimesso tutto in discussione e a partire dal 2024 azzerate tutte le concessioni balneari che: «dovranno considerarsi prive di effetto, indipendentemente da che vi sia – o meno – un soggetto subentrante nella concessione». La scelta di far terminare gli accordi in essere tra tre anni è stata presa per «evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni, nonché di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedure di gara richieste e nell’auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea» si legge nella pronuncia pubblicata lo scorso 9 novembre.

Insomma si vuole evitare una situazione di confusione immediata e si spera che in questo periodo Regioni e Parlamento riescano a stabilire norme e tempi delle gare per le nuove assegnazioni, ma anche di far calmare le acque. Come prevedibile infatti, i balenatori sono sul piede di guerra. Da anni si oppongono a questo scenario che metterebbe a rischio una concessione che in molti casi si tramanda da generazioni, a prezzi irrisori. L’accordo più o meno tacito fra Stato e balenatori ha preso forma a partire dagli anni 70: concessioni favorevoli, in cambio di investimenti in infrastrutture e ricettività.

In questi anni i lidi sono proliferati, occupando sempre maggiori porzioni di spiaggia libera. In molti hanno fatto bei affari, costruendo imperi basati su ombrelloni, spritz e pranzi in spiaggia, pagando affitti risibili ed avendo completa discrezione e autonomia per quanto riguarda i prezzi da proporre al pubblico. Molti titolare lamentano di aver sostenuto costi onerosi, che hanno portato indubbi benefici al territorio e che da soli ripagherebbero le agevolazioni ottenute. Eppure ora rischiano di perdere i frutti di questi investimenti, sebbene abbiano la possibilità di partecipare alle gare.

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Il film di Paola Cortellesi campione di incassi non ha ricevuto finanziamenti ministeriali: «opera non straordinaria»

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Per fortuna della regista, “C’è ancora domani” sta stupendo tutti al botteghino, dal momento che la commissione del Ministero della Cultura lo scorso anno le ha bocciato i finanziamenti.

Al bando “Contributi selettivi 2022 – II Sessione”, Categoria «Produzione di opere cinematografiche di lungometraggio di particolare qualità artistica e film difficili con risorse finanziarie modeste», il film “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi, che ha guadagnato i consensi della critica e sta sbancando al botteghino, è arrivato 51°, ultimo posto in classifica, non ricevendo dunque finanziamenti ministeriali: «Progetto di opera non giudicata di straordinaria qualità artistica in relazione a temi culturali, a fatti storici, eventi, luoghi o personaggi che caratterizzano l’identità nazionale».

In sostanza, il film di Paola Cortellesi, che sta trainando il cinema italiano in questi giorni e che ha sollevato un dibattito di stringente attualità sulla violenza domestica, secondo il Ministero era di «non straordinaria qualità» e dunque non meritava i finanziamenti statali. “C’è ancora domani” ha già guadagnato 20 milioni di euro, terzo nel 2023 dietro Oppenheimer e Barbie. Era dai tempi dell’ultimo film di Checco Zalone che una pellicola italiana non faceva strappare tanti biglietti.

Dal Ministero, con una nota, precisano però che il film può contare su un ritorno economico aggiuntivo di 3,5 milioni di euro grazie al tax credit, la legge sul credito di imposta, e che la decisione è stata presa quando il dicastero era retto dall’ex ministro Dario Francheschini.

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Respinto il ricorso di due congregazioni religiose: l’ayahuasca resta proibita

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Due congregazioni avevano presentato ricorso contro la decisione del Ministero della Sanità di inserire la sostanza ricavata da una liana nell’elenco di quelle vietate, per motivi religiosi. Il Consiglio di Stato ha dato loro torto.

L’ayahuasca è una sostanza allucinogena che si ricava da alcune liane sudamericane e che viene impiegata nei rituali degli sciamani dell’Amazzonia, ma non soltanto. Due congregazioni religiose operanti in Italia infatti hanno presentato ricorso contro la decisione del Ministero dell’Interno di inserirla nell’elenco delle sostanze vietate, nel 2022. Il Consiglio di Stato però ha respinto il ricorso.

La «Chiesa italiana del culto eclettico della fluente luce universale» con sede in provincia di Reggio Emilia, e il «Centro espírita beneficente união do vegetal in Italia», che invece è a Milano nei pressi di San Vittore, come riporta il Corriere della Sera si erano opposte a questa decisione perché l’ayahuasca è al centro delle liturgie delle due congregazioni. I fedeli la reputano una manifestazione del sangue di Gesù Cristo ed è al centro delle loro funzioni religiose.

Potrebbero però esserci nuovi risvolti ed un nuovo iter legale. I giudici infatti hanno sostenuto, bocciando il ricorso, che le chiese non avrebbero dovuto chiedere l’eliminazione dell’ayahuasca dall’elenco delle sostanze proibite, bensì una dispensa per uso controllato.

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Il caso Bobo TV: Vieri minaccia querele a Ventola, Adani e Cassano

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Lo scioglimento della formazione orignale della Bobo TV ha creato molto scalpore tra i fan ed ha provocato un reciproco scambio di accuse tra i protagonisti, culminati con le minacce di querele di Vieri a Cassano, Ventola e Adani.

Un quartetto si scioglie creando molto scalpore tra i fan, con i membri che iniziano a scambiarsi reciproche accuse. Non stiamo parlando dell’ultimo periodo dei Beatles, bensì del caso mediatico del momento: la separazione Tra Vieri, Adani, Ventola e Cassano nella Bobo TV. Dopo che l’ex numero 32 è apparso misteriosamente da solo in diretta, dai tre vecchi compagni di viaggio sono piovute tantissime accuse. Al punto che oggi Vieri, mediante il suo legale, ha ventilato minacce di querele per diffamazione a Ventola, Adani e Cassano.

I tre hanno affermato di essere stati gradualmente messi da parte, mentre la controtesi del padrone di casa è di essere stato scaricato dai suoi ex compagni di viaggio. Vieri ha fornito la propria versione dei fatti con un post su Instagram nel quale afferma che sarà l’unica occasione in cui tornerà sull’argomento: «Il 31 ottobre ho avuto un diverbio con Lele sulle strategie social future della Bobo Tv. Poi tutto è finito lì e non è stato scritto più niente da parte di nessuno. Tre giorni dopo, a poche ora dal live della puntata, Lele, Antonio e Nicola mi hanno comunicato con tre vocali che non si sarebbero presentati. Mi sono trovato in grandissima difficoltà e in un angolo. Da quel momento per me è finito tutto».

Poi l’ex bomber conclude: «Sento parlare di rispetto per la gente e di tanto altro, ma in quel momento i miei tre amici mi hanno lasciato solo. Ho pensato di non fare la diretta, per chi mi era vicino mi ha fatto capire che la Bobo Tv ha il mio nome, che c’erano persone in Plb world che avevano prenotato per godersi una serata in compagnia o che avevano fatto l’abbonamento al canale, quindi mi sono convinto, nonostante l’umore, ad andare in onda con il sorriso ripartendo da zero. Era giusto così, perché i professionisti si comportano in questo modo».

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