Attualità
Il caso Richetti: senatore molestatore o articolo di giornale non verificato?
Il caso Richetti fa discutere più i giornali che i politici e non si è trasformato in un caso politico in grado di influenzare la campagna elettorale. “Domani” ha messo in discussione l’articolo di FanPage ed ha sollevato dubbi sulla sua fonte, della quale fa nome e cognome e rivela alcuni precedenti per stalking e calunnia. Il senatore, che nel frattempo ha querelato FanPage, sostiene che i messaggi pubblicati sono stati «falsamente attribuiti» a lui.
Da una parte c’è l’articolo di FanPage che parla di molestie sessuali attribuite ad un senatore, dall’altra quello di Domani che mette in discussione l’attendibilità della fonte e ne rivela le generalità e i precedenti. In mezzo c’è Matteo Richetti, il senatore di Azione al centro dell’inchiesta. Quello che doveva essere lo scoop che avrebbe dovuto tenere banco durante l’ultima settimana di campagna elettorale, non ha provocato in realtà forti reazioni da parte delle forze politiche e si è trasformato più che altro in una sfida giornalistica. Ma andiamo con ordine.
FanPage ha pubblicato un’intervista ad una donna, in forma anonima, ed un articolo nei quali si parla di un «senatore molestatore». Il suo nome, come quello della fonte, non viene mai rivelato, ma il pezzo lascia intuire di chi possa trattarsi e in rete comincia a circolare il nome di Richetti. Secondo l’articolo, avrebbe riservato attenzioni inopportune e compiuto vere e proprie molestie sessuali ad un’aspirante collaboratrice del suo partito, che avrebbe toccato anche nelle parti intime. Non si tratterebbe nemmeno dell’unica donna che il senatore avrebbe molestato. Il giornale pubblica anche stralci dei messaggi tra i due, prima e dopo l’episodio contestato. Gli screenshot descrivono un uomo sicuro di sé che fa leva sulla propria posizione di prestigio e autorità. Il racconto della protagonista prosegue parlando di una perquisizione che avrebbe subito su pressione del senatore. Una volta che ha richiesto spiegazioni anche l’ispettore che ha seguito il caso avrebbe mantenuto nei suoi confronti atteggiamenti inappropriati. La donna allora avrebbe denunciato il fatto ai suoi superiori. Fatto questo al quale non sarebbe seguita nessuna conseguenza.
L’articolo fa scalpore, ma non deflagra sulla campagna elettorale. Salvini, Meloni, Letta, Conte, Berlusconi non si fiondano sull’argomento, ma anzi se ne tengono alla larga. Giusto Calenda interviene in merito, per difendere un uomo del suo partito dagli attacchi che provengono da fuori, rendendo noto che Richetti nella vicenda è parte lesa.
Il senatore infatti ha reagito querelando per diffamazione FanPage e il suo direttore, Francesco Cancellato. Secondo il senatore, che constata il fatto che il giornale non abbia in nessun modo fatto cenno ai precedenti della sua fonte, il materiale pubblicato non è stato controllato a dovere ed è composto da: «messaggi falsamente attribuiti a me». In seguito, è emerso che Richetti aveva già denunciato la donna ritenuta colei che ha passato l’informazione a FanPage per stalking, dopo aver ricevuto minacce ed insulti, rivolti anche ai suoi famigliari.
La questione viene ripresa da Domani che mette in qualche modo in discussione l’attendibilità della fonte, della quale fa nome e cognome: Ludovica Mairè Rogati, modella, con ambizioni politiche ed un padre che in passato si è candidato con Forza Italia. Il giornale sostiene che secondo Richetti e i suoi legali sarebbe lei l’accusatrice. La Rogati avrebbe precedenti per stalking e calunnie e sarebbe stata denunciata da Richetti. Da qui, si sarebbe arrivati alla perquisizione nella sua abitazione. L’indagine comunque non avrebbe avuto ulteriori sviluppi. L’articolo prosegue affermando che la protagonista della vicenda, che avrebbe preferito rivolgersi direttamente ad autori e trasmissioni piuttosto che alla Procura, presentandosi come «amica di Confalonieri» avrebbe sottoposto il suo caso anche alle trasmissioni d’inchiesta di punta di Rai e Mediaset, ovvero Report e Le Iene. Le redazioni delle trasmissioni però non hanno ritenuto sufficientemente attendibili le rivelazioni. Successivamente anche il Fatto Quotidiano ha reso noto di essere stato contattato dalla Rogati, ma di non aver dato seguito alla vicenda.
La diretta interessata il giorno successivo rilascia una nota stampa nella quale afferma di essere del tutto estranea alla vicenda, pur non smentendo di aver parlato con il quotidiano, e di non aver mai denunciato o querelato un senatore, cosa che però Domani non aveva affermato.
La vicenda rimane intricata, ma rimane una vicenda giudiziaria. Il caso Richetti non si è trasformato in un caso politico e non ha influenzato particolarmente la campagna elettorale. La prova regina di tutta l’inchiesta resta la conversazione tra i due. Una perizia tecnica sul telefono della donna stabilirà se quei messaggi sono stati davvero inviati da Richetti, oppure se si tratta di una montatura.
Attualità
Marina Berlusconi nominata Cavaliere del lavoro: «lo dedico a mio padre»
Oggi a Palazzo del Quirinale si è tenuta la cerimonia di consegne delle onorificenze dell’Ordine al Merito del Lavoro ai 25 Cavalieri del Lavoro nominati dal Capo dello Stato Sergio Mattarella il 2 giugno, tra cui Marina Berlusconi.
La famiglia Berlusconi può vantare un altro cavaliere del lavoro: Marina, figlia primogenita di Silvio, ha ricevuto la prestigiosa onorificenza oggi, a Palazzo del Quirinale. Tecnicamente però, si tratta della prima della famiglia, dal momento che il padre si autosospese dalla Federazione dei cavalieri del lavoro nel 2014, in seguito alla condanna per frode fiscale. Lei però dedica il premio proprio al genitore: «Dedico questo riconoscimento a mio padre, che nel 1977 ricevette lo stesso titolo. Sono passati più di quarant’anni, ma ricordo come fosse ieri quella giornata a Roma in cui mia madre, io e mio fratello Pier Silvio lo accompagnammo alla cerimonia per questa onorificenza: ero una bambina, e quel momento resterà per sempre nel mio cuore».
«È un onore grandissimo, per il quale desidero davvero esprimere tutta la mia gratitudine al Presidente Mattarella e al Consiglio dell’Ordine al Merito del Lavoro» ha affermato la presidente del Gruppo Mondadori, Mediaset e Fininvest e neo Cavaliere Marina Berlusconi.
Attualità
Ranucci anticipa nuove inchieste sul Ministero della Cultura: il governo suda freddo
Sigfrido Ranucci domenica torna in onda con una nuova stagione di Report, ma le sue inchieste già fanno tremare il governo ed in particolare il Ministero della Cultura. Le anticipazioni del conduttore fanno pensare ad almeno due inchieste esplosive.
Prima ospite di Lilli Gruber a “Otto e Mezzo” sul La7, poi da Giorgio Lauro e Geppi Cucciari ad Un Giorno da Pecora su Rai Radio1, Sigfirdo Ranucci ha rilasciato alcune anticipazioni sulle inchieste della nuova stagione di Report, in onda da domenica sera, che già mettono apprensione a Palazzo Chigi e che dovrebbero avere come focus ancora una volta il Ministero della Cultura. Il conduttore non ha rivelato quali sono i suoi scoop, che dovrebbero essere almeno due, ma ha fornito una serie di indizi.
Hanno a che vedere con il Ministero, ma non con l’ex ministro che proprio a causa di una serie di inchieste giornalistiche ha dovuto lasciare il dicastero: «Sangiuliano non c’entra, anzi a Gennaro mando un saluto. È uno dei pochi che sa cosa è la dignità e si è dimesso anche ingiustamente. È una persona che in Rai può dare ancora molto». Ma allora cosa riguarda? «È un nuovo caso Boccia che potrebbe essere al maschile, non riguarda Boccia, ma come modalità di operazione è un caso simile. Ci sono documenti e chat che farebbero ipotizzare responsabilità legate ad alte cariche di Fratelli d’Italia». Quando i conduttori gli chiedono se questa inchiesta possa portare alle dimissioni dell’appena nominato ministro Giuli, il giornalista risponde sornione: «Gli consiglio di guardare Inter-Juve».
Insomma, Ranucci non si sbilancia, ma c’è già abbastanza materiale per mandare in fibrillazione il governo. Il responsabile comunicazione del governo, Giovanbattista Fazzolari, è impegnato a cercare indizi nelle chat di gruppo. Si tratta forse di informazioni provenienti da Francesco Gilioli, ex capo di gabinetto di Sangiuliano, sostituito da Francesco Spano? O sono legate prorpio al suo successore, nominato da Giuli nonostante le controversie con Pro-Vita e i media di destra? Al momento non è chiaro, ma a quanto pare i vertici Rai hanno già ricevuto richieste di chiarimenti e la pretesa di visionare il servizio prima della messa in onda. Resta da vedere se emergeranno ulteriori sviluppi prima della trasmissione di domenica.
Attualità
L’ombra dei licenziamenti su Stellantis, Tavares: «non scarto nulla»
Durante un’intervista al Salone dell’Auto di Parigi, l’amministratore delegato del colosso automobilistico italo-francese non ha escluso la possibilità di licenziamenti negli stabilimenti Stellantis.
«Non scarto nulla». Un non detto ai microfoni di Radio Rtl che rischia di valere più di mille parole. L’ammissione, o meglio la mancata smentita, da parte di Carlos Tavares, il portoghese amministratore delegato del gruppo italo-francese Stellantis, getta in angoscia centinaia di lavoratori, che temono sempre più per il proprio posto di lavoro. «La salute finanziaria di Stellanti non passa unicamente dalla soppressione di posti di lavoro, ma anche da tante altre cose: immaginazione, intelligenza, innovazione. Che è quello che stiamo facendo» ha aggiunto Tavares, che ha affermato che i licenziamenti in Stellantis non sono «al centro della nostra riflessione strategica».
Parole che arrivano dopo l’audizione in Parlamento di fronte alle commissioni Attività produttive della Camera e Industria del Senato della settimana scorsa. In quell’occasione venne chiesto all’ad di illustrare i piani per il futuro del gruppo in Italia e di motivare per quale motivo i livelli di produzione fossero minori rispetto a quelli di altri Paesi nei quali il gruppo è attivo. Stellantis controlla 14 marchi automobilistici ed ha siti produttivi in 29 Paesi.
Le ipotesi di chiusure e licenziamenti hanno cominciato a ventilare con maggiore intensità nei giorni scorsi, in seguito ad un’altra intervista rilasciata dal portoghese, questa volta a Les Echos: «Se i cinesi prendono il 10% delle quote di mercato in Europa al termine della loro offensiva, questo vuol dire che peseranno per 1,5 milioni di auto. Questo rappresenta sette fabbriche di assemblaggio. I costruttori europei dovranno allora sia chiudere, sia trasferirle ai cinesi». E aveva aggiunto: «Chiudere le frontiere ai prodotti cinesi è una trappola: aggireranno le barriere investendo in stabilimenti in Europa. Stabilimenti che verranno in parte finanziati da sovvenzioni statali, nei Paesi a basso costo».
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