Politica
Il Cdm approva all’unanimità il premierato, Meloni: «entriamo nella terza Repubblica»

La riforma costituzionale sognata dal centrodestra compie un ulteriore passo in avanti. Il Consiglio dei Ministri ha approvato la norma che introduce l’elezione diretta del presidente del Consiglio.
La fine della seconda Repubblica in passato è già stata annunciata: l’ultimo governo Berlusconi, l’avvento dei pentastellati, l’adozione del Porcellum. Oggi però è stato indicato un nuovo limes, ovvero l’introduzione del premierato, l’elezione diretta del presidente del Consiglio, approvato all’unanimità dal CdM.
Giorgia Meloni nel presentarlo molla ogni freno: «la madre di tutte le riforme», «la fine dei governi tecnici» (tipo quelli a cui i suoi alleati hanno partecipato, ndr), «fine dei giochi di palazzo», «garantisce la stabilità», «rivoluzione che ci porta nella Terza Repubblica». E’ mancato tanto così che dicesse che il premierato può combattere la tosse.
Ha anche aggiunto che il governo non ha intenzione «di non toccare le prerogative del presidente della Repubblica». Come si sposi questo concetto con una riforma che prevede di togliere una delle principali incombenze al Capo dello Stato non è chiaro, né come si muova in questo senso la decisione di abolire i senatori a vita. Spiegando questa norma Melloni ha affermato: «Era necessario, in particolare dopo il taglio dei parlamentari, perché l’incidenza dei senatori a vita è molto aumentata». 5 senatori per meriti sociali, culturali, scientifici o artistici che non partecipano al gioco delle elezioni su 200 totali rappresentano dunque un’incidenza troppo alta e risultano troppo poco governabili. Giusto così, per dire quanto può essere stabile la classe politica italiana.
Comunque sia il premierato ha ricevuto il varo del CdM ed ora deve superare la prova alle Camere. Prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio tramite una nuova scheda elettorale nel quale gli elettori dovranno indicare chi vorrebbero a Palazzo Chigi. Secondo il testo approvato dal CdM, in caso di caduta del governo, il presidente della Repubblica potrà conferire l’incarico di formare un nuovo governo una sola volta, a lui o ad un altro esponente di coalizione. Qualora non ottenesse la fiducia, le Camere verrebbero sciolte.
Il premierato non va confuso con il presidenzialismo, sebbene presentino similitudini. Il presidenzialismo è un sistema che si applica negli ordinamenti in cui il potere viene esercitato n particolare dal Capo dello Stato (ad esempio gli Stati Uniti: Joe Biden è sia presidente che primo ministro). Il semipresidenzialismo invece prevede che il Capo dello Stato nomini il primo ministro, ma che sia eletto direttamente dai cittadini, come Macron in Francia. Il premierato puro invece, che in passato è stato sperimentato solo da Israele, prevede che i cittadini indichino il primo ministro e che questi abbia maggior poteri.
Qualora venisse approvato anche dalle Camere, si aprire tutto un nuovo capitolo giuridico e legislativo per far combaciare la «rivoluzione» di Giorgia Meloni con l’ordinamento italiano.
Attualità
Crosetto querela Il Giornale: «titolo falso e diffamatorio»

Al ministro della Difesa non è piaciuto il titolo che il quotidiano diretto da Sallusti ha dedicato all’incontro con il Procuratore Capo di Roma. Il direttore replica: «quando uno è nervoso perde la lucidità. L’articolo che abbiamo pubblicato è perfetto; il titolo è una sintesi come tutti i titoli lo sono».
Aveva promesso che non avrebbe avuto remore a denunciare giornali e giornalisti ed ha mantenuto la promessa il ministro della Difesa Guido Crosetto, anche se la querela arriva alla testata che non ci aspettava e per motivi diversi dalle accuse di conflitto d’interesse: a finire nel mirino di Crosetto è stato Il Giornale per un articolo, o per meglio dire un titolo, che il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti ha dedicato all’incontro tra il ministro e il Procuratore Capo di Roma Francesco Lo Voi.
L’argomento è ancora quello delle polemiche innescate dal titolare del dicastero della Difesa, che una decina di giorni fa ha parlato di «opposizione giudiziaria» come unico «pericolo» per il Governo Meloni. Parole che hanno innescato una lunga sequela di commenti, critiche e puntualizzazioni. In tale contesto, ieri Crosetto e Lo Voi hanno avuto un incontro chiarificatore. Diversa l’analisi de Il Giornale, che ha titolato «Inchiesta su Crosetto», sebbene nell’articolo specifica: «al momento, il titolare della Difesa non sarebbe indagato».
Un titolo che però il diretto interessato ha giudicato fuorviante: «Oggi quasi tutti i quotidiani danno dell’incontro una rappresentazione corretta. Il Giornale invece inventa di sana pianta un titolo gravemente diffamatorio, totalmente falso costruito evidentemente con il solo intento di infangare» ha affermato Crosetto motivando la sua decisione di far partire la querela e dimostrandosi ancora una volta intransigente verso i giornali e le interpretazioni dei giornalisti.
Non si è fatta attendere la replica del direttore responsabile Sallusti: «Mi sembra che il ministro sia molto nervoso e quando uno è nervoso perde la lucidità. L’articolo che abbiamo pubblicato è perfetto; il titolo è una sintesi come tutti i titoli lo sono, l’inchiesta è sulle parole di Crosetto, non su Crosetto. L’inchiesta è sul tema sollevato da Crosetto e credo che questo lo capisca anche uno stupido». Il direttore continua: «Aspetto la sua querela, mi chiedo come mai non abbia querelato anche il ‘Corriere della Sera’ che lui sostiene aver fatto un titolo, una sintesi eccessiva del suo pensiero. Evidentemente ha qualche timore a querelare il ‘Corriere della Sera’ e pensa di avere gioco facile a querelare giornali che gli sono sempre stati vicini nella sua azione».
Mondo
L’Italia è uscita ufficialmente dalla Via della Seta, l’accordo per gli scambi commerciali con Pechino

L’Italia non rinnoverà il memorandum sulla Belt & Road Initiative alla sua scadenza, nel 2024. Era stato il primo Paese G7 ad aderire.
Sebbene fosse nell’aria già da un po’, l’uscita ufficiale è avvenuta in sordina: l’Italia è uscita dalla Belt & Road Initiative, la nuova Via della Seta, l’accordo siglato nel 2019 dall’allora presidente del Consiglio Conte e il premier cinese Xi Jinping per agevolare gli scambi commerciali tra Europa ed Asia. Alla scadenza naturale, il prossimo 22 marzo 2024, il memorandum non verrà rinnovato.
Da Palazzo Chigi è giunto un semplice «no comment», mentre la Farnesina nel messaggio con cui informava della decisione Pechino, ha specificata che rimane l’ «amicizia strategica» tra i due Paesi.
L’Italia era stato il primo Paese del G7 ad aderire alla Via della Seta. Ed è anche la prima a fare un passo indietro. La mossa è stata preceduta da una missione in Cina del segretario generale della Farnesina Riccardo Guariglia in estate e a seguire dalla visita del ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Né Italia, né Cina hanno diramato un comunicato: Pechino non vuole dare troppa enfasi alla notizia per evitare che altri Paesi seguano l’esempio italiano, mentre Roma preferisce non indispettire il potente amico strategico orientale.
Politica
La maggioranza affossa il salario minimo, alla Camera scoppia il caos

Quando il maxiemendamento che affossa la proposta di istituire un salario minimo di 9 euro l’ora è stato approvato, dai banchi dell’opposizioni si sono levati cartelli e grida di protesta. Un deputato si è perfino avvicinato ai banchi della maggioranza con fare minaccioso, ma è stato fermato dai commessi.
153 favorevoli, 118 contrari, 3 astenuti e il salario minimo va in soffitta: il maxiemendamento della maggioranza che affossa la proposta è stato approvato. E le opposizioni, tranne Italia Viva, hanno fatto scattare una protesta plateale.
Al momento del voto in Aula, le tensioni dei mesi scorsi sono definitivamente esplose. Dai banchi delle opposizioni sono spuntati cartelli con le scritte «salario minimo negato» e «non in mio nome», mentre alcuni deputati si sono avvicinati agli scranni della maggioranza gridando «vergogna». Seduta sospesa e commessi costretti a strappare dalle mani dei deputati i cartelli. Un onorevole particolarmente focoso è stato perfino trattenuto prima che potesse raggiungere i banchi dei deputati dei partiti di governo.
«Noi andremo avanti insieme alle altre opposizioni come portarla avanti già raccolto 500mila firme. Anche oggi abbiamo agito in maniera compatta e continueremo a farlo» ha affermato Elly Schlein, che ha aggiunto: «’Meloni volta spalle alle condizioni materiali di lavoro. Hanno deciso da che parte stare stanno con chi sfrutta lavoro e spalancano le porte ai contratti pirata». Dello stesso avviso Giuseppe Conte che, al pari della segretaria dem, ha ritirato la firma dal provvedimento: «Con la stessa arroganza con cui fate fermare un treno per far scendere un ministro, voi avete fermato la speranza di 3,6 milioni di lavoratrici e lavoratori che sono sottopagati. Questo gesto proditorio non lo compirete in mio nome e nel nome del M5S: state facendo carta straccia del salario minimo legale» ha detto ieri alla Camera, strappando platealmente il testo del provvedimento.
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