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Cronaca

Killer della ‘ndrangheta rompe il braccialetto ed evade dai domiciliari: è caccia all’uomo

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Massimiliano Sestito, condannato per gli omicidi di un appuntato e di un boss rivale, è evaso dagli arresti domiciliari dopo aver rotto il braccialetto elettronico: è caccia in tutto il Paese al killer della ‘ndrangheta in fuga.

Si trovava nella casa del padre a Pero, in provincia di Milano, dove era agli arresti domiciliari in attesa della sentenza della Cassazione sull’omicidio del boss Vincenzo Femia, esponente di spicco della criminalità capitolina. Era già stato condannato all’ergastolo, pena poi ridotta a trent’anni, per un altro omicidio, quello dell’appuntato dei carabinieri Renato Lio, freddato con tre colpi di pistola a Soverato il 20 agosto del 1991. Il militare aveva lo aveva fermato per un controllo. Dalla notte del 30 gennaio scorso però, Massimiliano Sestito, killer della ‘ndrangheta, è in fuga: dopo aver rotto il braccialetto elettronico, è evaso dai domiciliari.

Si è aperta la caccia in tutto il Paese. I carabinieri hanno effettuato un controllo presso l’abitazione in cui stava scontando i domiciliari nella notte di lunedì 30 gennaio, a cinque giorni dal verdetto della Cassazione sull’omicidio di Vincenzo Femia, ucciso con nove colpi da un commando il 24 gennaio in località Castel di Leva, all’estrema periferia di Roma, atteso per il prossimo 3 febbraio. Condannato in primo grado all’ergastolo, era stato assolto in appello. Scarcerato, è stato posto ai domiciliari lo scorso 12 gennaio.

Ora Sestito, considerato un killer della ‘ndrangheta affiliato alla cosca Iezzo Chiefari Procopio, evaso dai domiciliari. Già una volta ha fatto perdere le proprie tracce, durante un permesso premio. Venne ritrovato un mese dopo sulla spiaggia di Palinuro.

Intanto non tardano ad arrivare i primi commenti. «Darò uno squillo al ministro per capire chi è il giudice che aveva deciso che un killer che doveva essere in galera era ai domiciliari» ha dichiarato Matteo Salvini, che ha aggiunto: «Puntiamo su una profonda riforma della giustizia: separazione delle carriere, responsabilità civile del giudice che sbaglia perché il ministro può approvare le leggi migliori al mondo, ma se poi qualcuno lascia uscire un ergastolano…»

Cronaca

Giornalista trovata morta a Fasano, si indaga per isitigazione al suicidio

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Patrizia Nettis è stata istigata a compiere l’estremo gesto? E’ quanto si chiedono gli inquirenti che indagano per istigazione al suicidio relativamente alla morte della giornalista trovata morta nella sua casa di Fasano nel giugno scorso.

A illuminare il filone di indagine per istigazione al suicidio sulla morte di Patrizia Nettis, la giornalista trovata morta nella sua casa il 29 giugno, alcuni messaggini trovati sui cellulari degli uomini che la donna ha incontrato la sera precedente al ritrovamento del suo corpo. Si tratta di due persone con le quali ha avuto relazioni sentimentali, in momenti diversi. Prima un noto politico locale, poi un imprenditore. Quest’ultimo particolarmente risentito dal fatto che la vittima fosse ancora legata sentimentalmente all’altro.

Proprio alcuni messaggi che si sono scambiati i due dopo l’incontro chiarificatore, ha fatto ipotizzare agli investigatori che Patrizia Nettis possa essere stata spinta a porre fine alla sua vita. L’imprenditore promette che si impegnerà per distruggere la reputazione di Patrizia, che viene definita «cosa» dal momento che «non merita di essere definita donna». «Farò di tutto per infangarla, so già come muovermi, stavolta avrà una punizione esemplare. Questa è pericolosa, io farò in modo di farle attorno terra bruciata, tanto per iniziare».

Dopo l’incontro a tre, Patrizia ha telefonato ad entrambi nel corso della stessa notte. Molte chiamate non avrebbero ricevuto risposta. Un testimone ha parlato anche della voce di un uomo proveniente dalla casa della giornalista quella notte: «basta con queste sceneggiate» avrebbe urlato. Il testimone ha raccontato anche di aver udito il rumore del portone sbattere. Poi, nulla più fino a quando un amico, preoccupato, si è fatto aprire la porta di casa dalla colf.

Al momento nessuno è stato iscritto al registro degli indagati per la morte della giornalista, sul cui corpo non è ancora stata effettuata l’autopsia.

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Cronaca

I genitori di Filippo Turetta non hanno accettato l’incontro in carcere

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Il pubblico ministero aveva dato il proprio benestare, ma il legale della famiglia ha spiegato che l’incontro in carcere slitterà e che servirà supporto psicologico sia al ragazzo che ai genitori.

Slitta l’incontro tra Filippo Turetta ed i suoi genitori nel carcere di Verona, dove si trova rinchiuso per l’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin. Il pm aveva dato il via libera alla richiesta avanzata dal ragazzo, ma i genitori di Filippo Turetta hanno deciso di rinviare l’incontro in carcere. Il legale del giovane ha reso noto che per l’incontro sarà necessario un supporto psicologico sia per il ragazzo che per i suoi genitori.

Ieri, all’interrogatorio di garanzia, ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere, ma ha rilasciato alcune dichiarazioni spontanee con le quali ha sostanzialmente ribadito quello che aveva già confessato alle autorità tedesche. Avrebbe dunque ammesso l’omicidio e si sarebbe detto «affranto» per la tragedia: «non voglio sottrarmi alle mie responsabilità. Voglio pagare quello che sarà giusto per aver ucciso la mia ex fidanzata».

Al momento sembra improbabile che verrà richiesta una perizia psichiatrica nei suoi confronti, anche perché difficilmente verrebbe accettata in questa fase un’istanza della difesa per valutare se Turetta fosse capace o meno di intendere e volere al momento dei fatti. Non è escluso che possa però essere richiesta più avanti.

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Cronaca

La lettera dal carcere del trapper Shiva al figlio appena nato: «ho imparato la lezione»

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Il Tribunale del riesame ha respinto la richiesta di scarcerazione presentata dai legali del trapper arrestato lo scorso 26 ottobre per tentato omicidio, dopo una sparatoria.

«Non poterti ancora vedere è la peggior condanna e la peggiore lezione che potessi ricevere. Non mi perdonerò mai di questa assenza, ma sarà un motivo in più per rimediare con tutto l’amore che ho». Così conclude la lettera che il trapper Shiva, nome d’arte di Andrea Arrigoni, ha dedicato al figlio appena nato dal carcere di San Vittore dove si trova rinchiuso dal 26 ottobre per tentato omicidio.

La lettera è stata scritta nella «cella 12» del carcere di San Vittore e pubblicata dallo staff di Shiva sui suoi canali social. Una lettera scritta in stampatello, con qualche cancellatura e firmata semplicemente Andrea. «Oggi è il giorno più bello della mia vita, ma allo stesso tempo il più triste. È nato mio figlio, ma non mi è stato permesso essere presente al momento della sua nascita. Non pensavo mai di dover scrivere questa lettera, dovevi nascere due settimane fa e so che mi hai aspettato tutto questo tempo, fino all’ultimo ho sperato di esserci ma le cose non sono andate come previsto. Ho scoperto della tua nascita dei fuochi d’artificio che hanno fatto per te sapendo così che oggi, 25 novembre 2023, è diventato il giorno più importante della mia vita in mezzo a tutto questo caos e tu sei la mia benedizione».

Shiva si trova in carcere per aver sparato nel luglio scorso a due persone, due lottatori di Mma ritenuti membri della “crew rivale” capeggiata da Rondo da Sosa. Tra i due nei mesi precedenti si sono verificati diversi screzi, conditi da dissing (canzoni dai contenuti esplicitamente offensivi, ndr) scambio reciproco di insulti, ma anche aggressioni. Fino all’episodio del 12 luglio scorso, quando il trapper sparò due colpi di pistola, all’esterno della sua casa discografica.

Mentre era già rinchiuso nel carcere di San Vittore, Shiva è stato raggiunto da un’altra ordinanza di custodia cautelare in carcere, per una rissa avvenuta a San Benedetto del Tronto a settembre. In quell’occasione vennero arrestate altre 4 persone, poi finite ai domiciliari, vicine al trapper milanese. In base alle accuse, avrebbero partecipato ad una rissa con alcuni ragazzi del posto, armati di coltello. In tre rimasero feriti.

La crew di Shiva poi sarebbe coinvolta anche in un altro episodio di violenza, verificatosi a giugno, a Perugia, in concomitanza con il Nature Musci Festival, al quale ha preso parte anche il trapper milanese. In quella circostanza, le persone nella cerchia del cantante avrebbero aggredito e rapinato uno degli organizzatori del concerto, dopo averlo trascinato all’esterno dell’albergo nel quale si trovava. La vittima dell’aggressione oltre ad essere stata colpita, avrebbe dovuto consegnare loro i contanti che aveva con sé, 150 euro, ed il telefono cellulare. Non contenti, gli aggressori gli avrebbero tolto anche una scarpa, perché convinti che nascondesse altro denaro. Solo l’intervento del personale dell’albergo avrebbe posto fine all’aggressione e la vittima avrebbe riportato diverse lesioni, comprese alcuni tagli di striscio procurati da un coltello.

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