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La celebrazione della nascita del MSI di La Russa che imbarazza Giorgia Meloni

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Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha pubblicato un post commemorativo per celebrare l’anniversario della nascita del MSI, scatenando molte polemiche. PD, Anpi, testimoni della shoah e comunità ebraiche chiedono le dimissioni. Imbarazzo di Giorgia Meloni che avrebbe avuto anche un colloquio telefonico con La Russa dai toni irritati.

Una nuova polemica investe il Presidente del Senato Ignazio La Russa, a causa di un post pubblicato lo scorso lunedì 26 dicembre sui suoi profili social: non si trattava di un messaggio di auguri per Santo Stefano, ma di una commemorazione della nascita del Movimento Sociale Italiano, MSI, costruito sulle ceneri della Repubblica di Salò.

Il post pubblicato da Ignazio La Russa su Facebook.

Il post è al tempo stesso una dedica al padre «che fu tra i fondatori del Movimento Sociale Italiano in Sicilia e che scelse con il MSI per tutta la vita, la via della partecipazone libera e democratica in difesa delle sue idee rispettose della Costituzione italiana». Il post ha suscitato acceso molte polemiche, ma non è stato cancellato e si trova ancora sui profili social del Presidente del Senato. Errore di battitura compreso.

Le polemiche hanno indirettamente investito anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, sempre impegnata a schivare accostamenti a sentimenti nostalgici, o a stemperare le pulsioni dei suoi, sia eletti che elettori. Nel suo discorso di insediamento avevo preso nettamente le distanze dai totalitarismi affermando: «Non ho mai provato alcuna simpatia per i regimi, fascismo compreso». Otto giorni fa ha partecipato alla cerimonia dell’accensione delle luci dell’Hanukkah, al museo ebraico. In quell’occasione si è dimostrata commossa ed è sgorgata anche qualche lacrima, non senza i mormorii di qualche scettico a proposito della spontaneità del gesto. Il post di Ignazio La Russa che da presidente del Senato e seconda carica della Repubblica celebra la nascita del MSI, erede della Repubblica di Salò, erede del fascismo, rema nella direzione opposta. Meloni avrebbe manifestato la propria irritazione allo stesso La Russa in un colloquio telefonico, secondo quanto riportato da Repubblica.

L’MSI è stata una forza parlamentare che ha avuto anche ruoli governativi. Eppure per molti la matrice radicale del Movimento Sociale è ineludibile e una commemorazione da parte del presidente del Senato è parsa fuori luogo. Il Partito Democratico, ma anche l’Anpi, l’Unione delle Comunità Ebraiche e alcuni testimoni della shoah ne chiedono dunque le dimissioni.

In passato La Russa è stato spesso attaccato per i suoi sentimenti nostalgici, mai negati abdicati, e non si tratta nemmeno della prima polemica che lo travolge da quando è stato eletto presidente del Senato. La sua elezione stessa fu un passaggio piuttosto intricato. Eppure non torna sui propri passi, anzi tira dritto e si dice «stupito» del clamore suscitato dalla vicenda, anche in virtù dei riferimenti alla «partecipazone libera e democratica» e alle «idee rispettose della Costituzione italiana». Proprio alla Costituzione ha dedicato il suo post successivo, il giorno seguente: «il 27 dicembre del 1947 veniva sottoscritta la nostra Costituzione e la stanza di Palazzo Giustiniani dove venne sottoscritta è conservata esattamente come allora. È una data che ha un grande significato di libertà e democrazia per tutti noi».

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Giovanni Toti ha rassegnato le dimissioni da presidente di Regione Liguria

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Dopo ottanta giorni, l’oramai ex governatore ligure ha mollato la presa. Con le dimissioni, Giovani Toti chiederà la revoca dei domiciliari, mentre sarebbe in arrivo la notifica di conclusione delle indagini e con essa il rinvio a giudizio. Già partita la campagna elettorale, si staglia all’orizzonte la sfida Orlando-Rixi. Al voto ad ottobre?

Giovanni Toti ha rassegnato le dimissioni da presidente di Regione Liguria, dopo ottanta giorni di arresti domiciliari. L’ex governatore è accusato di corruzione, falso, abuso di ufficio e finanziamento illecito. Toti potrebbe così far nuovamente richiesta di revoca degli arresti domiciliari.

Le indagini sarebbero alle battute conclusive. Mentre in Procura sfilano gli ultimi testimoni, sarebbero quasi concluse anche le analisi sui telefoni e sui dispositivi sequestrai nei mesi scorsi. Nei prossimi giorni dovrebbe arrivare la richiesta di rinvio a giudizio.

Sull’ex presidente ligure, grava il rischio di  processo immediato custodiale, senza passare dall’udienza preliminare. I pubblici ministeri Luca Monteverde e Federico Manotti potrebbero disporlo da martedì 30 luglio, quando scadranno i termini per presentare ricorso al tribunale del riesame contro i domiciliari. Tra i presupposti per richiedere un processo immediato però, vi è proprio quello di essere sottoposti a custodia cautelare. Con le dimissioni cade di fatto il pericolo di reiterazione del reato e dunque l’istanza di revoca dei domiciliari, già avanzata e respinta in due occasioni, non dovrebbe incontrare grossi ostacoli. Rimesso in libertà, Toti potrebbe disinnescare dunque il pericolo di giudizio immediato.

Nel frattempo, si è già aperta la partita per la sua successione. Il toto-nomi ha già indicato i probabili sfidanti: Andrea Orlando del Partito Democratico ed Edoardo Rixi della Lega, vice di Salvini ai Trasporti. La lista dell’ex governatore ha ratificato il nuovo nome : Cambiare – Con Giovanni Toti, senza la parola presidente. I consiglieri hanno spiegato che in questo modo, in caso di elezioni, non dovranno raccogliere di nuovo le firme. Toti non sarebbe intenzionato a candidarsi in prima persona, come suggerirebbe la rimozione della parola presidente dal nome della lista. La tornata elettorale sarà anticipata tra ottobre e novembre, forse accorpata con le urne in Emilia-Romagna e Umbria.

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L’Italia si riarma: spesa militare sale a 34 miliardi di euro

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Oggi è stato approvato in Commissione Difesa al Senato l’ultimo dei 27 programmi di acquisto presentati da inizio legislatura. Tra i nuovi armamenti in arrivo, 24 caccia Eurofighter, 272 carri armati tedeschi e 890 missili israeliani. La spesa militare in Italia sfiora i 35 miliardi di euro.

Caccia Eurofighter, carri armati, missile e bombe per gli F-35, manche fregate, sottomarini e ammodernamenti per il comparto navale. Questo il contenuto dell’ultimo programma di acquisto approvato in Commissione Difesa al Senato. Con questo, sale a 27 il numero di pacchetti approvati da inizio legislatura. La spesa militare in Italia sale dunque a 34,6 miliardi di euro, cifra che non raggiunge il famigerato 2% del Pil, ma che dimostra un evidente incremento dei fondi: in precedenza si aggirava sui 25 miliardi.

Il voto di oggi ha trovato il solo parere contrario del Movimento 5 Stelle. Sono proprio i capogruppo nelle commissioni di Montecitorio e Palazzo Madama Marco Pellegrini e Bruno Marton a riassumere gli impegni stipulati oggi: «La Difesa incassa così l’ok definitivo ad altri 24 caccia Eurofighter Typhoon (7,5 miliardi, 280 milioni di spesa per quest’anno e il prossimo) – un lotto che in passato era stato tagliato a favore del programma F-35 e che oggi viene invece riesumato in aggiunta a quelli, e a migliaia di missili e bombe della Lockheed Martin (700 milioni, 130 la spesa 2024-2025) per armare proprio i famigerati aerei americani. Semaforo verde anche per l’ammodernamento di due fregate classe Doria (240 milioni) – che arriva subito dopo l’ok all’acquisto di due nuove fregate Fremm che non erano previste dal programma originale di 10 navi – e per l’acquisto di una nave (70 milioni) per il monitoraggio delle infrastrutture sottomarine energetiche e informatiche e per la bonifica dei fondali da ordigni inesplosi, unico programma a cui non ci siamo opposti».

Nel 2010 infatti, quando il ministro della Difesa era l’attuale presidente del Senato Ignazio La Russa, l’Italia abbandonò il progetto Eurofighter per sposare quello che vedeva come protagonisti gli ormai celeberrimi F-35. Una mossa che provocò malumori anche nel suo fronte, dal momento che comportò un aumento delle spese belliche. Oggi invece si è deciso che gli aerei a decollo verticale resteranno alla Marina, mentre i caccia Eurofighter saranno assegnati all’aeronautica.

La lista della spesa bellica comprende anche 21 nuove batterie missilistiche semoventi a lunga gittata Himars, dell’americana Lockheed Martin, per 960 milioni e, per rimpiazzare le armi cedute a Kiev, 12 lanciatori Stinger e 890 missili Spike prodotti dalla israeliana Rafael. La Marina, tra le altre cose, acquista due nuove fregate Fremm, prodotte da Fincantieri per quasi due miliardi di euro e due sottomarini, per un miliardo e 3. Il totale di tutto l’impegno di spesa è 34,6 miliardi di euro, di cui mezzo miliardo già quest’anno.

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La soluzione di Delmastro per le carceri affollate: «stranieri a casa loro»

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Intervistato da Repubblica, il Sottosegretario alla Giustizia Delmastro offre la sua soluzione per allentare la pressione sulle carceri italiane: rimandare i detenuti stranieri nei Paesi di provenienza.

I penitenziari italiani vivono una situazione di emergenza cronica, tra celle sovraffollate, carenza di personale e strutture fatiscenti. Ma il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove ha avuto un’idea per aiutare le carceri: rimandare i detenuti stranieri nei rispettivi Paesi di provenienza. «Un terzo dei detenuti è straniera e costa tra i 137 e i 150 euro al giorno. Basta moltiplicare 19.213 detenuti stranieri per 365 giorni e abbiamo trovato i fondi per costruire carceri, assumere agenti e personale».

Secondo Delmastro bisogna «recuperare altri posti per umanizzare la pena. Tant’è che abbiamo sbloccato 166 milioni per l’edilizia penitenziaria incredibilmente bloccati, più 84 col Pnrr, recuperando 6.754 posti sui 10mila mancanti». Durante l’intervista il sottosegretario smentisce di aver detto di volere che i detenuti marciscano in galera: «No, voglio che la espiino perché guardo alle vittime e ai cittadini che non devono vivere nell’insicurezza».

A proposito del tema dei bambini detenuti insieme alle madri afferma: «abbiamo solo detto che il rinvio della pena non è più obbligatorio. Il giudice valuterà la pericolosità sociale. Nessun giudice dotato di senno la sbatte in galera col bimbo di un anno. Diverso è il caso di borseggiatrici seriali che non devono più confidare nell’impunità grazie alla maternità».

Infine, una battuta sul Gio, che in molti hanno definito la squadra di picchiatori anti-rivolte: «Non sono mai stato con le “guardie”, ma sempre al fianco degli agenti che con il Gio daranno un supporto importante per mantenere la sicurezza, tant’è che ci sarà anche il negoziatore».

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