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Politica

Si lancia da un ufficio del Senato: muore suicida Bruno Astorre, senatore dem

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Secondo alcune indiscrezioni, già qualche giorno fa avrebbe tentato l’estremo gesto. Questa mattina il senatore Bruno Astore si sarebbe suicidato lanciandosi da una finestra di Palazzo Cenci, non lontano dal Pantheon, che ospita alcuni uffici del Senato.

Sgomento in tutto il mondo piccolo per il gesto di Bruno Astorre, scomparso questa mattina. Il senatore e segretario dem nel Lazio, che tra poco avrebbe compiuto sessant0anni, si sarebbe suicidato lanciandosi da una finestra di Palazzo Cenci-Maccarani, nei pressi del Pantheon, nella tarda mattina di oggi, venerdì 3 marzo. Il palazzo ospita alcuni uffici del Senato.

Secondo quanto trapelato, il senatore dem nel recentissimo passato avrebbe già dato segnali in tal senso ed avrebbe addirittura già provato a compiere l’estremo gesto. Sarebbe anche stato ricoverato nell’ospedale Sant’Andrea, per alcuni problemi di salute.

Sul posto personale sanitario del 118, polizia e vigili del fuoco. Nono sono note al momento le cause del suicidio di Bruno Astorre. Sui social e a mezzo stampa, volti noti e protagonisti della politica hanno espresso parole di cordoglio bipartisan. Questo il commento della presidente del Consiglio Giorgia Meloni: «Sono profondamente turbata. Un avversario appassionato e leale, una persona perbene. A nome mio e del Governo, mi stringo al dolore della moglie, della famiglia e della sua comunità politica». Nei palazzi del Senato intanto, bandiere a mezz’asta in segno di lutto.

Attualità

Papa Francesco ricoverato al Gemelli per un’infezione respiratoria: notte serena

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La Santa Sede non ha ancora diffuso nuove comunicazioni sulle condizioni di papa Francesco, ricoverato al Gemelli, che avrebbe però trascorso una notte tranquilla. Annullati molti impegni per il Pontefice comprese le udienze di giovedì e venerdì. Molta apprensione da parte del Vaticano per il suo stato di salute e per una possibile Pasqua senza la sua presenza nei riti sacri.

È trascorsa la prima notte per il Pontefice al policlinico Gemelli di Roma. Papa Francesco si trova ricoverato per un’infezione respiratoria. Il direttore della sala stampa vaticana, Matteo Bruni nella serata di ieri ha comunicato che «nei giorni scorsi papa Francesco ha lamentato alcune difficoltà respiratorie e questo pomeriggio si è recato presso il Policlinico A. Gemelli per effettuare alcuni controlli medici. L’esito degli stessi ha evidenziato un’infezione respiratoria (escluso il Covid19) che richiederà alcuni giorni di opportuna terapia medica ospedaliera». «Papa Francesco è toccato dai tanti messaggi ricevuti ed esprime la propria gratitudine per la vicinanza e la preghiera».

Durante l’udienza generale il Santo Padre era molto sereno e non sembrava accusare gravi malesseri, tranne che per la sua solita difficoltà di deambulazione per il dolore al ginocchio. È apparso molto affaticato solo nel momento in cui è stato aiutato ad alzarsi dalla sua carrozzina per salire sulla papamobile per tornare nei suoi appartamenti a Santa Marta, dove dopo poco tempo ha avuto il malore.

Tale notizia ha immediatamente fatto il giro dei media internazionali attraverso un rimbalzo di ipotesi sulle cause del ricovero e sulle sue reali condizioni e pericoli nascosti. Infatti fin da subito ciò che era stato definito dalla Santa Sede nel suo bollettino come «controlli precedentemente programmati» sono risultati essere un tentativo di non creare eccessivi allarmismi, poiché di programmato c’era poco quanto niente.

A seguito di ciò sono state annullate tutte le udienze di oggi e venerdì, inoltre «si è fatto spazio nell’agenda perché i controlli possano proseguire per il tempo eventualmente necessario». Già nel tardo pomeriggio di ieri si è appreso dalle fonti mediche l’esito negativo della tac toracica, con grande sollievo dell’intero entourage), mentre sarebbe sotto stretto controllo la saturazione dell’ossigeno nel sangue. Sarebbero stati scongiurato problemi cardiaci. Al momento, secondo le dichiarazioni dei medici la situazione non desterebbe preoccupazione.

Avvicinandosi la Settimana Santa con tutti gli impegni pastorali molto faticosi, il Vaticano avrebbe già pensato a un progetto alternativo per le celebrazioni.

La Conferenza episcopale italiana ha reso noto un comunicato dove «nell’augurare al Santo Padre una rapida ripresa, la Presidenza affida al Signore, ai medici e al personale sanitario che, con professionalità e dedizione, si prendono cura di Lui».

Francesca Pia Lombardi

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Politica

Nordio: «Il governo non vuole abolire il reato di tortura, ma serve una modifica»

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Carlo Nordio, ministro di Giustizia, ha affermato in aula che il governo non ha nessuna intenzione di abolire il reato di tortura, anche se «un aspetto tecnico deve essere rimodulato». L’onorevole Zan: «preoccupante».

«Posso dire senza se e senza ma che il governo Meloni non ha alcuna intenzione di abrogare il reato di tortura: abbiamo tutte le intenzioni di mantenerlo. Il reato di tortura è un reato odioso e abbiamo tutte le intenzioni di mantenerlo». Il ministro di Giustizia Carlo Nordio sgombra il campo dai dubbi sulle intenzioni del governo in merito al reato di tortura. Poi rilascia un commento che richiama indietro i dubbi: «C’è solo un aspetto tecnico che deve essere rimodulato, perché al momento ci sono carenze tecniche di specificità e tipicità che devono connotare la struttura della norma penale». Tradotto dal politichese, potrebbe subire modifiche.

Una posizione che i dem definiscono «preoccupante» per bocca dell’onorevole Zan che ha affermato: «il ministro dice che il governo non vuole abrogare il reato di tortura, ma apre a modifiche: o sbugiarda la volontà politica del suo stesso partito, o è in malafede».

Il reato di tortura, il cui iter legislativo risale al 2014, prevede punizioni severe per chi causa sofferenze acute, priva o limita la libertà personale, agisce con crudeltà, attua comportamenti inumani o degradanti della dignità delle persone.

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Politica

Il Pd targato Schlein: fuori Malpezzi e Serracchiani, dentro Boccia e Braga

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boccia e braga nuovi capigruppo pd

Il Pd ha rinnovato i capigruppo alla Camera e al Senato: al posto della “bonaccianiana” Debora Serracchiani è stata nominata Chiara Braga, mentre al Senato Francesco Boccia prende il posto di Simona Malpezzi.

Il Pd cambia i capigruppo alla Camera e al Senato e qualcuno parla già di “purghe” da parte di Elly Schelin o di “Primavera di Braga” ironizzando sul chi guiderà i deputati dem: Chiara Braga, che sostituirà Debora Serrachiani, considerata bonacciniana. Al senato invece il capogruppo sarà Francesco Boccia, che prende il posto di Simona Malpezzi.

Non tardano ad arrivare le prime reazioni, anche interne. Al di là degli appelli all’unità del partito sbandierati all’indomani delle Primarie che hanno premiato Elly Schlein, tensioni e contrasti tra le mozioni, se non vogliamo chiamarle correnti, sono affiorate abbastanza in fretta.

Andrea Marcucci, che fu capogruppo al Senato prima di Malpezzi, e spinto ad “abdicare” per seguire la strategia lettiana di avere due donne come capigruppo, prima di rimanere escluso dal Parlamento nelle elezioni successive, ha pubblicato un tweet abbastanza esplicativo: «PEr i riformisti e ancor di più per i liberaldemocratici nel PD non c’è spazio, sono ai margini e forse danno anche fastidio. Peccato».

Molti osservatori ora scommettono su una serie di rese dei conti e fuoriuscite, anche eccellenti, dal partito. Le distanze che separano il Presidente di Regione Emilia-Romagna dalla sua ex vice, dividono più i rispettivi rappresentanti che gli elettori. Il fatto che Bonaccini si sia imposto al Congresso, ma che poi abbia perso e Primarie, nonostante alla viglia fosse data quasi per certa la sua vittoria, non aiuta.

Il passaggio del rinnovamento dei capigruppo del Pd è stato cruciale e sono venute al pettine i nodi tra le due mozioni, già affiorate al momento del “Gran Rifiuto” di Bonaccini di diventare Presidente del Partito Democratico. I bonacciniani avrebbero voluto almeno una rappresentanza, ma Schelin non ha ceduto e non ha fatto concessioni.

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