Attualità
“Trump gettava documenti ufficiali nei wc della Casa Bianca”

ROMA – Continuano a emergere dettagli imbarazzanti sulla gestione o l’eliminazione di documenti ufficiali da parte di Donald Trump, che sembrano evocare un possibile tentativo di insabbiamento come ai tempi del Watergate. Dopo gli scatoloni pieni di carte portati “per sbaglio” nella sua residenza di Mar-a-Lago invece di essere consegnati agli archivi di Stato, un libro rivela, come riporta l’Ansa, che l’ex presidente era solito gettare carte importanti in uno dei gabinetti della Casa Bianca.
Secondo il Washington post alcuni dei documenti erano chiaramente marcati come riservati, compresi alcune carte di livello ‘top secret’. Non e’ ancora chiaro se il dipartimento di giustizia avvierà un’indagine.
La tesi è sostenuta anche dalla giornalista del New York Times Maggie Haberman nel suo ‘Confidence Man’ che ricostruisce la parabola di Trump da imprenditore a presidente. Haberman ha parlato con alcuni membri dello staff che le hanno rivelato di aver trovato “spesso” uno dei bagni della Casa Bianca “otturato da fogli appallottolati”. L’ex presidente si è affrettato a smentire la notizia su Twitter bollandola come una bugia inventata per vendere copie ma se fosse vero l’immagine del commander in chief che si imbosca in bagno per sbarazzarsi di documenti ufficiali sarebbe al limite del ridicolo.
Come riporta l’Ansa, la commissione investigativa della Camera preposta al controllo di frodi e abusi ha aperto un’indagine su potenziali violazioni della legge sugli atti presidenziali da parte di Trump e ha chiesto agli archivi nazionali di consegnare le comunicazioni con l’ex presidente sui documenti spariti o distrutti, come pure la descrizione del materiale trovato nei 15 scatoloni recuperati nella sua villa in Florida. Per il New York Times tra quei documenti ci sono anche informazioni classificate, oltre alle famose lettere che l’ex presidente aveva ricevuto da Kim Jong-un e la nota che il predecessore Barack Obama gli aveva lasciato sulla scrivania dello Studio Ovale nel 2017. Nel libro di Haberman si sostiene tra l’altro che Trump sia ancora in contatto con il leader nordcoreano.
“Aveva una fissazione per il suo rapporto con Kim e ha raccontato in giro di aver mantenuto con lui una sorta di corrispondenza o dialogo”, ha detto la giornalista. Intanto la commissione della Camera che indaga sull’attacco del 6 gennaio ha scoperto delle lacune nei registri telefonici ufficiali della Casa Bianca. In pratica dai tabulati risultano poche chiamate di Trump negli orari in cui gli inquirenti sanno che l’allora presidente era al telefono. Al momento non ci sono prove che i registri siano stati manomessi ed è risaputo che in quelle ore drammatiche il presidente ha usato il suo cellulare personale oltre a quello dei suoi assistenti e dei suoi confidenti. Per questo la commissione ha chiesto alle compagnie telefoniche la consegna dei dati contenuti nei cellulari personali di alcuni membri dell’entourage del presidente, tra cui il figlio Eric e la fidanzata dell’altro figlio, Donald jr, Kimberly Guilfoyle. Usare i telefoni dei suoi più stretti collaboratori era un’abitudine che Trump ha avuto per tutto il suo mandato. Ma le lacune dei tabulati del 6 gennaio rappresentano un grande ostacolo per la commissione che sta cercando di ricostruire cosa stesse facendo il presidente in quei momenti cruciali.
Attualità
Crosetto querela Il Giornale: «titolo falso e diffamatorio»

Al ministro della Difesa non è piaciuto il titolo che il quotidiano diretto da Sallusti ha dedicato all’incontro con il Procuratore Capo di Roma. Il direttore replica: «quando uno è nervoso perde la lucidità. L’articolo che abbiamo pubblicato è perfetto; il titolo è una sintesi come tutti i titoli lo sono».
Aveva promesso che non avrebbe avuto remore a denunciare giornali e giornalisti ed ha mantenuto la promessa il ministro della Difesa Guido Crosetto, anche se la querela arriva alla testata che non ci aspettava e per motivi diversi dalle accuse di conflitto d’interesse: a finire nel mirino di Crosetto è stato Il Giornale per un articolo, o per meglio dire un titolo, che il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti ha dedicato all’incontro tra il ministro e il Procuratore Capo di Roma Francesco Lo Voi.
L’argomento è ancora quello delle polemiche innescate dal titolare del dicastero della Difesa, che una decina di giorni fa ha parlato di «opposizione giudiziaria» come unico «pericolo» per il Governo Meloni. Parole che hanno innescato una lunga sequela di commenti, critiche e puntualizzazioni. In tale contesto, ieri Crosetto e Lo Voi hanno avuto un incontro chiarificatore. Diversa l’analisi de Il Giornale, che ha titolato «Inchiesta su Crosetto», sebbene nell’articolo specifica: «al momento, il titolare della Difesa non sarebbe indagato».
Un titolo che però il diretto interessato ha giudicato fuorviante: «Oggi quasi tutti i quotidiani danno dell’incontro una rappresentazione corretta. Il Giornale invece inventa di sana pianta un titolo gravemente diffamatorio, totalmente falso costruito evidentemente con il solo intento di infangare» ha affermato Crosetto motivando la sua decisione di far partire la querela e dimostrandosi ancora una volta intransigente verso i giornali e le interpretazioni dei giornalisti.
Non si è fatta attendere la replica del direttore responsabile Sallusti: «Mi sembra che il ministro sia molto nervoso e quando uno è nervoso perde la lucidità. L’articolo che abbiamo pubblicato è perfetto; il titolo è una sintesi come tutti i titoli lo sono, l’inchiesta è sulle parole di Crosetto, non su Crosetto. L’inchiesta è sul tema sollevato da Crosetto e credo che questo lo capisca anche uno stupido». Il direttore continua: «Aspetto la sua querela, mi chiedo come mai non abbia querelato anche il ‘Corriere della Sera’ che lui sostiene aver fatto un titolo, una sintesi eccessiva del suo pensiero. Evidentemente ha qualche timore a querelare il ‘Corriere della Sera’ e pensa di avere gioco facile a querelare giornali che gli sono sempre stati vicini nella sua azione».
Attualità
Andrea Giambruno pronto a far causa a Mediaset per i fuori onda trasmessi da Striscia la Notizia

A rivelare le intenzioni dell’ex conduttore di Diario di Giorno La Stampa, che ha raccolto le dichiarazioni di alcuni amici di Giambruno, ai quali avrebbe confidato di voler fare causa a Mediaset: «mi hanno fatto fare una figura di mxxxa mondiale».
Andrea Giambruno dovrebbe imparare a valutare meglio quale è il momento più opportuno per parlare e in quale invece è meglio far silenzio e, soprattutto, a chi affidare le proprie confidenze. Dopo che alcune frasi dette mentre non era in onda, ma registrate dalle telecamere, gli hanno fatto perdere la fidanzata ed hanno ostacolato la sua carriera, le rivelazioni ad alcuni amici potrebbero complicare a sua rivincita professionale. Giambruno infatti sarebbe intenzionato a a fare causa a Mediaset e forse sarebbe stato meglio non rivelare queste intenzioni.
« L’avvocato mi ha detto che così vinciamo sicuro», avrebbe detto Andrea Giambruno ad alcuni amici al tavolo di un ristorante, secondo quanto riportato da La Stampa, che ha pubblicato la notizia secondo la quale l’ex conduttore di Diario di Giorno, tornato tra le fila degli autori dopo la bufera mediatica che l’ha travolto, sarebbe pronto a far causa a Mediaset.
Le accuse sarebbero violazione della privacy e diffamazione a mezzo stampa. Secondo tale tesi, i contenuti diffusi dalla popolare trasmissione erano colloqui privati, tra colleghi, intercettati sul luogo di lavoro, e che non potevano essere divulgati. Invece le battutacce, le assestate alle parti intime e le provocazioni alle colleghe sono state mandate in onda dalla stessa tv della quale è dipendente.
I fuori onda sono costati caro all’ex conduttore, retrocesso dietro le telecamere e silurato dall’ex compagna Giorgia Meloni con un comunicato a mezzo social. Da qui l’idea di Giambruno di far causa a Mediaset: «mi hanno fatto fare una figura di mxxxa mondiale».
Attualità
Il film di Paola Cortellesi campione di incassi non ha ricevuto finanziamenti ministeriali: «opera non straordinaria»

Per fortuna della regista, “C’è ancora domani” sta stupendo tutti al botteghino, dal momento che la commissione del Ministero della Cultura lo scorso anno le ha bocciato i finanziamenti.
Al bando “Contributi selettivi 2022 – II Sessione”, Categoria «Produzione di opere cinematografiche di lungometraggio di particolare qualità artistica e film difficili con risorse finanziarie modeste», il film “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi, che ha guadagnato i consensi della critica e sta sbancando al botteghino, è arrivato 51°, ultimo posto in classifica, non ricevendo dunque finanziamenti ministeriali: «Progetto di opera non giudicata di straordinaria qualità artistica in relazione a temi culturali, a fatti storici, eventi, luoghi o personaggi che caratterizzano l’identità nazionale».
In sostanza, il film di Paola Cortellesi, che sta trainando il cinema italiano in questi giorni e che ha sollevato un dibattito di stringente attualità sulla violenza domestica, secondo il Ministero era di «non straordinaria qualità» e dunque non meritava i finanziamenti statali. “C’è ancora domani” ha già guadagnato 20 milioni di euro, terzo nel 2023 dietro Oppenheimer e Barbie. Era dai tempi dell’ultimo film di Checco Zalone che una pellicola italiana non faceva strappare tanti biglietti.
Dal Ministero, con una nota, precisano però che il film può contare su un ritorno economico aggiuntivo di 3,5 milioni di euro grazie al tax credit, la legge sul credito di imposta, e che la decisione è stata presa quando il dicastero era retto dall’ex ministro Dario Francheschini.
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