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Bersani: «non mi ricandido, a 70 anni consiglio a tutti di avere disponibilità e non aspirazioni»

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Pier Luigi Bersani non si candida alle Elezioni

Pier Luigi Bersani, fondatore di Articolo Uno ed ex segretario del Partito Democratico, non si ricandiderà alle prossime elezioni e in un’intervista spiega il perché: «ho fatto il parlamentare per vent’anni, peno che basti. Non abbandono né la politica né la compagnia darò una mano in altre forme».

Il fondatore di Articolo Uno, Pier Luigi Bersani, ha annunciato che non si candiderà alle prossime Elezioni Politiche in programma il prossimo 25 settembre. Il grande saggio della sinistra, apprezzato anche da elettori ed esponenti di destra per i suoi modi di fare, ma anche per aver elaborato una delle leggi più liberali del nostro ordinamento, ha spiegato al Corriere della Sera che termina qui la sua corsa alle urne. Ma non si disperino coloro che temono di non sentire più le sue irresistibili metafore: «Non abbandono la politica, né la compagnia, darò una mano in altre forme».

L’ex segretario del Partito Democratico ha spiegato cosa l’ha spinto a prendere questa decisione: «È una cosa normale, come il tempo che passa. Ho fatto 20 anni il parlamentare da ministro, da segretario e da deputato semplice. Penso che basti». E in un contesto in cui invece altri anche più vecchi di lui (ad esempio un ex Cavaliere di 86 anni) sono pronti a fare il diavolo a quattro pur di ritagliarsi un ruolo nel Parlamento che verrà, afferma: «A settant’anni consiglio a tutti di avere disponibilità e non aspirazioni».

Diavolo di un Bersani. A 70 anni, nonostante un delicato intervento chirurgico alla testa e diverse coltellate alle spalle, sembra ancora un ragazzino. Eppure, la sua sete di potere non è abbastanza potente dal convincerlo ad affrontare una nuova campagna elettorale e il rischio di rimanere per altri 5 anni tra i pochi lucidi in una Camera di pazzi. E la sua uscita di scena, che lascia orfana di contenuti un centrosinistra sempre più abbarbicato in ragionamenti di palazzo e conti elettorali, la affronta con la consueta serenità.

Durante l’intervista c’è anche spazio per un excursus storico e qualche rimpianto, anzi uno solo, le Elezioni del 2013, in cui arrivò primo, ma non vinse, non smacchiò il giaguaro e non fu eletto Presidente del Consiglio: «Certo che ci penso. Io potevo farlo il governo con Berlusconi, ma non avevo quella idea lì». E sul prossimo risultato elettorale, il rischio di deriva a destra del prossimo Governo e lo spauracchio del fascismo in caso di vittoria della Meloni agitato da qualcuno, Pier Luigi Bersani glissa: «prima deve vincere le elezioni, cosa non scontata. Questo Paese ha dei meccanismi di autotutela che spero scatteranno quando arriverà il giorno della riflessione su un salto così violento verso destra».

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In tre in sella senza casco: polemiche sul cantante Ultimo

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ultimo senza casco

Il video che mostra tre persone in motorino senza casco, tra le quali il cantante Ultimo, sfrecciare per le vie di Napoli ha suscitato diverse critiche e in molti chiedo al cantante di chiedere scusa pubblicamente per l’esempio sbagliato che ha fornito.

Le immagini che mostrano tre persone, tra le quali il cantante Ultimo, in sella ad un motorino mentre sfrecciano senza casco per le vie di Napoli, hanno suscitato critiche e polemiche. Non si tratta di un video rubato da qualche paparazzo, ma di un filmato pubblicato su TikTok.Il cantante, guardando in macchina sorridente, fa perfino un gesto di saluto.

Il video è subito diventato virale e contemporaneamente sono montate le critiche di chi crede che si tratti di un pessimo messaggio fornito ai più giovani da parte di un volto noto. L’episodio è diventato perfino un caso politico in seguito al post del deputato napoletano Francesco Emlio Borrelli, Alleanza Verdi-Sinistra: «Ci hanno segnalato un video pubblicato su TikTok che immortala il cantante Ultimo in giro per i Quartieri Spagnoli di Napoli su uno scooter con altre due persone. Nessuno, compreso l’artista, indossa il casco. Una cosa inaccettabile da un personaggio pubblico seguito da tanti giovani. A meno che non ci dica che si tratta di un suo ‘sosia’, chieda scusa pubblicamente al più presto».

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Che cos’è la chiazza verde fosforescente nelle acque di Venezia?

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venezia acqua verde

Si tratterebbe di un liquido tracciante usato in idraulica per verificare eventuali perdite nei tubi e negli scarichi, innocuo per la salute umana. Nessuna sigla ambientalista ha rivendicato il gesto, pertanto si pensa ad uno scherzo o ad un errore umano durante una riparazione.

Suggestive ed inquietanti al contempo, le foto dell’acqua del Canal Grande di Venezia tinta di verde fosforescente hanno fatto il giro del mondo ed hanno alimentato diverse teorie, alcune anche strampalate. Ora invece si sarebbe capito che cosa ha colorato le acque dei canali veneziani: la fluoresceina, un colorante usato come tracciante durante i lavori idraulici, per rilevare perdite nei tubi e negli scarichi. La fluoresceina è innocua per l’uomo, si può reperire tranquillamente e bastano pochi millilitri per colorare diversi litri d’acqua.

Si è pensato che potesse essere una protesta ambientalista sull’esempio di quelle avvenute nei mesi scorsi, nelle quali sono stati imbrattati fontane e palazzi, ma nessuno ha rivendicato il gesto. La mancata rivendicazione porta ed escludere dunque la pista ambientalista e a concentrarsi maggiormente verso la goliardia di qualche bontempone, oppure verso un erroneo sversamento del colorante durante qualche lavoro.

Tra coloro che pensano che l’acqua di Venezia si diventata verde fosforescente in seguito ad una qualche protesta ambientalista, Luca Zaia, presidente di Regione Veneto, che commentando la chiazza allargatasi fino a San Marco aveva paventato il rischio emulazione da «personaggi in cerca di clamore».

Secondo gli esperti, bastano un paio di grammi di fluoresceina per colorare 200 litri d’acqua. In genere il suo effetto dura un paio d’ore, ma per sciogliersi completamente nelle acque dei canali veneziani servirà qualche giorno.

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Il questionario di una scuola di Roma: «Di che razza è il vostro bambino?»

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Un questionario sottoposto ai genitori degli alunni di una scuola elementare di Roma finisce nel mirino delle critiche per via di una domanda contente un riferimento alla razza del bambino.

Il questionario fatto girare tra i genitori degli alunni dell’Ics Borsi-Saffi del quartiere capitolino di San Lorenzo è uno strumento utilizzato per individuare eventuali disturbi dell’apprendimento dei bambini. Tra le informazioni richieste ai genitori, oltre ai dati anagrafici e quelle sul nucleo famigliare, una domanda del questionario però ha fatto scalpore: quella che chiedeva di indicare «gruppo etnico o razza del bambino» ai genitori degli alunni della scuola di Roma.

Giuseppe Romano, psicoterapeuta del Centro clinico Marco Aurelio, che ha offerto a titolo gratuito il servizio di individuazione dei Dsa all’istituto, ha spiegato che si tratta di un vecchio modello standard ancora in uso, privo di alcun intento discriminatorio. In merito alla mancata correzione al riferimento alla «razza», lo psicologo ha ammesso che semplicemente nessuno ci ha pensato e che si è trattato di un’ingenuità.

Ma il caso è andato montando, anche a livello politico. Sette deputati del Pd eletti nel Lazio, tra cui Orfini e Zingaretti, hanno annunciato che sulla questione presenteranno un’interrogazione parlamentare al ministro Valditara. I dem, che hanno definito «inaccettabile» l’episodio, vogliono evitare che in futuro possano ripetersi certi malintesi e non hanno ritenuto sufficientemente esaurienti le spiegazioni fornite dal centro clinico.

Nel frattempo, dopo le obiezioni di alcuni genitori e nonni che hanno sollevato la questione, il modulo è stato moficato e non vi è più un riferimento alla razza, bensì alla nazionalità del bambino.

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